Comunità di S.Egidio


 

12/12/2001

Un progetto con l'Istituto superiore di sanit�. Mentre il governo locale usa le scarse risorse per propagandare il preservativo
Mozambico, una terra soffocata dall'Aids
Tre milioni di infetti. Sant'Egidio: almeno 40 miliardi di lire per cure e prevenzione Qui la speranza di vita alla nascita non supera i 39 anni

 

Roma. Raccogliere almeno diciotto milioni di dollari, circa 40 miliardi di lire (ma ne serviranno fino a 25), per sostenere, almeno per il primo quinquennio, un programma di lotta all'Aids in Mozambico. � questo l'obiettivo della Comunit� di Sant'Egidio che ha presentato ieri mattina un progetto di controllo ed eradicazione della malattia, studiato e messo in piedi in collaborazione con il governo mozambicano negli ultimi tre anni (attraverso progetti pilota e interventi). E per il quale cerca, appunto, finanziamenti. Programma che prevede la prevenzione e la cura delle persone colpite dall'Hiv, e in particolare le donne in gravidanza e i bambini.

�Il Mozambico - ricorda don Matteo Zuppi, coordinatore del programma - dispone di soli quattrocento medici per una popolazione di diciotto milioni di persone e una spesa sanitaria annua pro capite che non supera i due dollari. Le stime ci dicono che quasi il quattordici per cento della popolazione sopra ai quattordici anni � sieropositivo e che l'Aids diverr� la prima causa di morte nei bambini sotto i cinque anni. Gi� oggi ruba dieci anni di vita ad ogni mozambicano e ci sono centosettantamila orfani da Aids�.

�L'Aids si � globalizzato e colpisce societ� diverse - continua don Zuppi - proprio per questo � necessaria una risposta globale che nasca dalla sinergia fra istituzioni pubbliche, private e societ� civile�. Per il presidente dell'Istituto superiore di Sanit� (Iss), Enrico Garaci, la possibilit� di collaborare al progetto, insieme al ministero degli Esteri italiano, rappresenta �una prospettiva interessante anche per iniziative future e, nel caso dell'Aids, consente di affrontare una tragedia enorme con le metodologie giuste�. E oltre all'Iss, il progetto si avvale della collaborazione dell'Istituto per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e della Sue Ryder Care, associazione specializzata in assistenza domiciliare ai malati terminali.

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MAPUTO. Al valico di frontiera di Ressano Garcia l'Aids entra senza visto in Mozambico percorrendo la strada nazionale numero 4, modestissima highway che collega Maputo al Sud Africa. A Ressano Garcia decrepiti pick-up ingombri di masserizie riportano a casa gli stagionali dell'ex colonia portoghese che sputano sangue nelle miniere di quello che fu il Transvaal e che adesso si chiama Gauteng, mentre clandestini dell'una e dell'altra parte aggirano i controlli con relativa facilit�, segno che nessun confine al mondo � impenetrabile, e prostitute quindicenni abbrutite da una vita inumana fanno le pendolari tra Rsa, Mozambico e Swaziland. I clienti mai mancano.

Da qui - cento chilometri ad ovest di Maputo - e dai posti di transito con lo Zimbabwe (dove un adulto su quattro � sieropositivo) e con il Malawi (dove la situazione non � migliore) l'Hiv dilaga da un capo all'altro di un Paese diventato l'emblema del dramma dell'Africa imprigionata nella spirale di un virus che non perdona. L'Hiv si muove sfruttando vari mezzi. Il circolo sanguigno dei pendolari, ad esempio. Oppure i precari contatti umani dei clandestini, o i contatti a pagamento di ragazze che si vendono ignorando o non volendo riconoscere di essere infette. O magari le imprudenze pregresse degli ultimi profughi rientrati dopo una guerra civile che aveva fatto un milione di morti. Infine - capita spesso - la lama non sterilizzata degli strumenti usati per i riti tribali di iniziazione. Un mozambicano su sei sarebbe contaminato, tre milioni di bambini, uomini, ma soprattutto donne su 18 milioni di abitanti.

Il condizionale � d'obbligo per tutte le cifre relative alla dimensione africana dell'epidemia, stime e niente altro. Come si pu� sostenere che il 70-80 per cento dei 36 milioni di contagiati di tutto il mondo sta nell'Africa sub-sahariana quando nessun Paese ha i mezzi, le capacit�, le strutture per uno screening attendibile? Quando la gente chiude gli occhi davanti al rischio e giunge a negare l'esistenza stessa dell'Aids? Quando - infine - la risposta dei governi � una sola, ripetitiva ed autoassolutoria: il preservativo. �Il preservativo, a camisinha, � uno scudo�, proclama il presidente del Mozambico Joaquim Chissano. �Non � una licenza per praticare il sesso libero. Ai giovani dico sempre: tieni in tasca la tua camisinha, ma � bene che la riporti a casa senza averla usata�. Intanto per� il messaggio arriva a destinazione rafforzato dai mille inviti allusivi, dagli infiniti moniti lanciati dalla televisione, dalla radio, dai giornali, dai manifesti, dagli striscioni appesi da un lato all'altro delle strade. �Sida mata�, la Sida (sindrome di immunodeficienza acquisita) uccide. Anche nei Paesi lusofoni non vale l'acronimo inglese Aids. Se la Sida uccide, fermiamola con il preservativo.

A Pemba, nel desolato nord, nella sede del nucleo provinciale di Capo Delgado del consiglio nazionale per la lotta all'Hiv, preservativi made in Usa sono in bella mostra nella sala d'ingresso, gratis. �Serviti�, suggerisce una scritta a pennarello. Ai muri, tra i tanti manifesti, uno sembra contro corrente: due ragazzi si tengono per mano, �Sono fedele�, dice la prima riga della grande didascalia. Sta a vedere che... �Al preservativo�, chiarisce la seconda. Niente da fare. �Questa � l'informazione e la prevenzione che fanno le autorit� di governo�, lamenta Lu�s Fernando Lisboa, padre passionista brasiliano di San Paolo che collabora con il vescovo di Pemba Francisco Chimoio. �Mancano i reagenti, manca il materiale per le analisi, mancano le medicine essenziali, la popolazione � alla fame. I pochi soldi vanno per questa pubblicit�. L'ospedale di Pemba, il principale della provincia di Capo Delgado (1.200.000 abitanti) ha 224 letti, cinque medici (dei quali tre cubani, un georgiano e un ucraino) e un budget annuale pari a 170 milioni di lire italiane. �Il 13 per cento dei ricoverati ha la tubercolosi, ma per loro avremmo solo sedici letti�, allarga la braccia il vicedirettore Porfirio Faustino. La tubercolosi � la principale malattia opportunistica che insorge in un organismo minato dall'Hiv.

Capo Delgado � l'area pi� svantaggiata del Mozambico, il suo sud collocato per� a settentrione. Era la roccaforte della Renamo, la resistenza antigovernativa durante la guerra civile. Da Maputo i soldi arrivano con il contagocce, i funzionari mandati lass� non sono i pi� brillanti, una destinazione a Pemba deve equivalere a quella che una volta in Italia era l'invio in Sardegna.

Ma a Maputo, effervescente capitale in trasformazione, come vanno le cose? All'ospedale-sanatorio di Machava si tocca con mano come di fronte all'Aids tutto il Mozambico sia paese. Il direttore Antonio Palange, m�dico generalista principal, camice di un bianco abbagliante e tanta voglia di fare, si scontra con ostacoli pi� grandi della sua determinazione. �Ho 300 letti, ho il tetto del secondo piano crollato per una perdita di acqua. Tutti hanno la tubercolosi, in pratica hanno l'Hiv anche se non lo sanno. Famiglie e societ� respingono i malati di Sida�. Palange trova il modo di giocare con i termini: �Questo non � un sanatorium, � un sidatorium�. Poi torna ad argomenti drammaticamente seri. �I giovani sieropositivi sono sempre pi� numerosi. Il rischio maggiore � nell'et� tra i 15 e i 40 anni, indipendentemente dal sesso. La speranza di vita alla nascita � scesa in un decennio dai 50 ai 39 anni�.

Palange sa qual � uno dei principali tramiti di diffusione di una epidemia che in Europa e negli Usa � un problema di gruppi, in Africa � un problema di tutta la popolazione. Il tramite � soprattutto il contatto sessuale: �I minatori che lavorano in Sud Africa frequentano prostitute malate, spesso mozambicane. Tornano per le ferie e contagiano le mogli. Le mogli contagiano i nascituri, cos� la spirale non si arresta�.

A pochi chilometri di distanza, nel cuore della citt�, l'ospedale centrale di Maputo � il principale presidio sanitario del Mozambico. Nel reparto di pediatria (che dispone perfino di una sala giochi) la dottoressa Gloria Denga combatte una battaglia quotidiana per far sopravvivere bambini affetti da Hiv che soffrono di diarrea, candidosi, tbc. �Con la triterapia a base di farmaci antiretrovirali possono farcela�, dice. �La prevenzione non basta. Ci vuole un trattamento specifico�. La triterapia costa sui 1500 dollari all'anno per malato, ma l'obiettivo - confidando nella collaborazione di una industria indiana che produce farmaci fuori brevetto - � di scendere a 300, meno un dollaro al giorno per tenere a freno l'Aids.

� un traguardo per il quale lavora la Comunit� di Sant'Egidio, che tanta parte ebbe nel 1992 per il raggiungimento dell'intesa che ha posto fine alla guerra civile. La Comunit� si batte anche perch� possa essere bloccato durante la fase espulsiva del parto la trasmissione del virus dalla madre al figlio (almeno il 20 per cento delle gravide sarebbe sieropositivo) impiegando una dose unica di un nuovo farmaco chiamato nevirapina. �Poi gli antiretrovirali ci vorranno comunque. La trasmissione pu� verificarsi in sede di allettamento�, spiega il dottor Leonardo Palombi. Sant'Egidio lancia a Maputo, Beira e Nampula iniziative di assistenza e trattamento domiciliare per i malati di Aids. Costruir� laboratori di biologia molecolare d'avanguardia per analizzare il sangue di almeno 10 mila donne all'anno. Distribuir� la terapia ad almeno 1500 malate. Ci vorranno una quarantina di miliardi per cinque anni, ci vorr� l'aiuto di chiunque voglia dare una mano. �Spezzare la catena della trasmissione da madre a figlio - confida Palombi - sar� il primo passo per vincere una battaglia che � di tutta l'umanit�.

Antonio Giorgi