Comunità di S.Egidio


 

15/06/2003


Africa, una terapia gratis per l�Aids In Mozambico ci prova Sant�Egidio

 

MAPUTO - La cura � scandita dal sole e dalla luna. Due pastiglie, una alla mattina e una alla sera, da non dimenticare mai, da prendere per tutta la vita, per quel tanto di vita che riusciranno a strappare al virus dell'Aids.

I malati di Aids che escono dal Servicio de assistencia domiciliaria de Santo Egidio a Machava, periferia di Maputo, in Mozambico, si portano via una scatolina di farmaci e un cartellino giallo, con i simboli del giorno e della notte a indicare l'ora della terapia. Perch� non se ne dimentichino e soprattutto perch� la maggior parte di loro non sa leggere: sei adulti su dieci (e quasi tre donne su dieci) sono analfabeti. Una volta una malata era ritornata dai medici con una pillola avanzata: non l'aveva presa perch� quel giorno il sole era coperto dalle nuvole.

Il Mozambico ha appena cominciato una nuova guerra contro l'infezione da Hiv, dopo aver vissuto fino al 1975 uno dei regimi coloniali pi� oppressivi, quello portoghese, e un conflitto civile durato sedici anni e finito soltanto all'inizio degli anni Novanta. In questa nuova guerra del XXI secolo il Paese africano ha, fra i suoi alleati, la Comunit� di Sant'Egidio che gi� aveva svolto un ruolo di mediatore negli accordi di Roma per la pacificazione del Paese fra il 1990 e il 1992.

�Il Mozambico stava morendo di Aids - spiega Mario Marazziti, esponente della Comunit� - e tre anni fa abbiamo cominciato a studiare una strada percorribile per curare la malattia, fra mille difficolt�, perch� il sistema sanitario del Paese ha pochissime strutture e la spesa annuale pro capite per la salute � di soli otto dollari�.

L'infezione da Hiv colpisce il 16 per cento della popolazione mozambicana e oggi le aspettative di vita alla nascita, che erano di 49 anni alla fine della guerra civile, si sono ridotte a 41 per colpa dell'Aids. Cos� si cerca di sensibilizzare la gente alla prevenzione e sui muri della citt� di Maputo compaiono manifesti con la scritta desapare-sida , dove Sida sta per Aids in portoghese. Ma la prevenzione da sola non basta e conoscere l'esistenza della malattia non incoraggia le persone a sottoporsi ai test. Quello che serve � una speranza concreta di sopravvivenza, cio� la possibilit� di accedere alle cure.

Per questo la Comunit� di Sant'Egidio ha dato vita, in collaborazione con il governo mozambicano, al progetto Dream, un programma di prevenzione e di cura dell'infezione con gli antiretrovirali, interamente gratuito, che vuole costituire un modello globale di lotta alla malattia in Africa. Cominciano con l'assistenza domiciliare, poi organizzano il centro di Machava e un laboratorio di biologia molecolare all'interno dell'ospedale di Maputo e, a Matola, un centro per l'assistenza alla gravidanza e al parto delle donne sieropositive.

Dal marzo del 2002, almeno duemila persone hanno avuto la possibilit� di accedere alle cure e fino ad ora, grazie ai farmaci, sono nati cento bambini da madri sieropositive: un passo avanti importante se si considera che, su cinque nuove infezioni, una riguarda i neonati.

�Per molte persone i farmaci significano un ritorno alla vita�, dice la dottoressa Noorjehan, di origini pachistane, che lavora con un altro medico e due infermieri al centro di Machava, a fianco dei volontari di Sant'Egidio.

Per ora le cure funzionano: si vedr� se in futuro compariranno problemi di resistenza ai farmaci, come � successo nel mondo occidentale. E si vedr� come allargare il progetto e come affrontare il problema dei finanziamenti. �Ogni malato - dice Marazziti - costa cinquecento dollari all'anno per i farmaci e per i test. Per ora abbiamo avuto finanziamenti pari a 5 milioni di euro all'anno per cinque anni da fondazioni, aziende farmaceutiche e, soprattutto dal gruppo bancario Unicredito�.

L'ambizione, per la comunit� di Sant'Egidio, � quella di esportare il modello anche in altri paesi africani, come il Malawi e la Guinea Bissau. La speranza, per il Mozambico, � quello di rinascere dalle ceneri dell'Aids.

Adriana Bazzi