Ministero degli Affari Esteri di Grecia
|
Mare, sole, sabbia, case bianche, pescatori sorridenti su una spiaggia ombreggiata da pini; pochi clichés sono così onnipresenti, come quello evocato dalle parole “cultura Mediterranea”. E’ quasi un opuscolo del Club Med, e proprio come l’opuscolo, non mente, ma nemmeno racconta interamente la storia.
Il sole e la luce ci sono, è abbastanza certo, ma ci sono anche le ombre grevi dell’ipostilo di Luxor, la luce e le tenebre si mescolano nel chiaroscuro dei dipinti di Caravaggio, le basiliche gotiche dell’Italia o di Cipro rispecchiano le forme delle grandi Cattedrali del Nord, le austere figure stilizzate dell’iconografia bizantina trovano un’eco negli intricati arabeschi di un mondo oltre le sabbie del deserto.
Al tempo stesso, colonnati dorici ornano i monumenti pubblici a Nord come in Norvegia, in effetti, al di là degli oceani, i Santi assorti in meditazione delle chiese delle isole Egee hanno trovato un’altra casa tra le nevi russe, le forme del minareto, simili a lance, trafiggono molti cieli stranieri, i geni del Rinascimento Mediterraneo costituiscono ancora il canone dell’Arte di oggi.
Ovunque uno guardi, vede l’impronta della cultura mediterranea nel mondo intero; ma cos’è allora il Mediterraneo stesso, se non il mondo in poche parole?
In apparenza, non dovrebbe essere così. Guardando la cartina, il Mediterraneo sembra strettamente racchiuso da barriere fisiche che dovrebbero impedire la comunicazione tra le terre costiere e l’interno dei continenti che le cingono. I Pirenei isolano completamente la Penisola Iberica, e le Alpi abbottonano lo stivale italiano; il monte ed il fiume cospirano, nell’isolare i Balcani dalle grandi pianure nel cuore dell’Europa, e una sottile striscia di terra fertile è racchiusa da vasti deserti e steppe, lungo le coste dell’Asia Minore, del Medio Oriente e del Nord Africa.
L’uomo ha conquistato tutti questi ostacoli; io assaporo particolarmente un vecchio racconto sloveno, che narra come Giasone e i suoi Argonauti abbiano lasciato la Colchide, sulle coste orientali del Mar Nero, e abbiano quindi veleggiato – o piuttosto vogato – risalendo il Danubio dal suo estuario, per scontrarsi infine con le acque dell’Adriatico nei dintorni di Pola, dando contemporaneamente origine alla nazione Slovena. Mentre la concretezza della cosa è un po’ sconcertante per questo vecchio marinaio, la leggenda mostra quanto l’idea di rompere le barriere intorno al mare sia impressa nelle menti delle popolazioni che abitano le sue coste.
Le barriere si sono dimostrate porose, alla fine. Gli indoeuropei penetrarono attraverso le strette valli dei Pirenei, delle Alpi sia francesi che dinariche, e del Caucaso, per riapparire dall’altra parte come Iberici, Italici, Elleni e Ittiti, per mescolarsi con le popolazioni neolitiche autoctone, e cominciare il processo che avrebbe condotto alla formazione delle nazioni moderne che popolano le coste settentrionali del Mediterraneo oggi.
I Semiti si trasferirono lungo il complesso del grande fiume della “Mezzaluna fertile”, fino a stabilirsi sulla costa Cananea. I Nilotici seguirono il corso del fiume popolando Khem, la Terra Nera, che presto fu punteggiata dalle loro Piramidi. Tre millenni più tardi, il mare di sabbia sarebbe stato ancora penetrato dai guerrieri di Allah – gli Arabi dal Sud, i Turchi dall’Est, che avrebbero fatto della costa mediterranea la loro casa.
Il Mediterraneo come melting pot? E’ possibile, fino a un certo punto, ma certamente in modo eclettico. La geografia, malgrado tutto ciò, è sempre stata un fattore di limitazione dei viaggi umani, specialmente dei movimenti di massa. I Greci possono aver colonizzato massicciamente l’Asia Minore e parte dell’Italia, ma la loro presenza nel bacino del Mediterraneo occidentale fu sempre piuttosto esigua, dal momento che la parte occidentale della costa italiana non fu mai totalmente dominata dagli Antichi. I Romani ebbero maggiore successo, soprattutto nell’estendere verso l’Occidente la civiltà Greco-romana, ma nel Mediterraneo orientale la presenza europea principale rimase quella greca, che infine diede inizio alla cultura Bizantina.
Gli Arabi marciarono troppo lontano dalle loro terre d’origine, e non riuscirono a sfondare, sia a Costantinopoli che a Poitiers, e mentre gli Slavi attraversavano il possente Danubio, essi si arrestarono prima delle barriere di gneiss delle catene montuose di Rodopo e Pirino. I Turchi risalirono per due volte il Danubio verso Vienna, ma, come per la prima marcia degli Arabi a Nord, essi furono stremati dalla distanza e dall’estenuazione, prima di essere messi in fuga dalle armi degli Austriaci e dei Polacchi.
Tranne eccezioni occasionali, l’effetto “melting pot”, se mai ci fu, nell’area mediterranea, fu forzato dalla geografia verso la formazione di aree culturali distinte, le quali tuttavia condividono tutte quante molti tratti comuni. Alcuni di questi sono dovuti all’ambiente geografico e climatico comune, ma altri derivano da un passato comune.
Così, se dovessimo limitare la nostra ricerca di una cultura mediterranea all’eredità tangibile di costruzioni e monumenti, o a quella dei tipi etnici e delle lingue, ci dovremmo fermare qui. Tuttavia, le maggiori conquiste delle popolazioni del Mediterraneo si trovano nel campo delle idee.
Il concetto di Stato, di potere centralizzato che organizza una società, fu un contributo degli Egizi. La Grecia inizialmente contribuì al pensiero filosofico e metodico, razionale, sull’Universo, quindi sull’Uomo. Spostandolo di lì, e applicando la filosofia alla politica di Stato, i greci inventarono la Democrazia. Allora questa nuova idea superò con successo la prova del fuoco, a Maratona, alle Termopili e a Salamina, un successo riconfermato secoli dopo, a Lexington, Valmy e sulle coste della Normandia.
I Fenici non inventarono forse il Capitalismo – quest’ultimo doveva aspettare che arrivassero i Fiamminghi (chi dice che non ci sono Belgi famosi?) – ma essi inventarono il libero mercato, che non è molto distante dal precedente.
Gli austeri e pratici Romani forgiarono le nozioni di Giustizia delle civiltà precedenti in Legge, nella forma che noi conosciamo e pratichiamo ampiamente oggi. Il loro sistema legale universale, non meno delle loro legioni vittoriose, introdussero la Roma Imperiale nella prima vera entità “globalizzata” della Storia. La globalizzazione, rafforzata dai Romani, contribuì a diffondere un’idea peculiare che per lungo tempo appartenne unicamente a una piccola nazione sulla sponda orientale del Mediterraneo.
Erano gli Israeliti, e la loro idea era la fede in un unico Dio. Con la Rivelazione, per alcuni, o con l’evoluzione storica, per altri, questo credo era destinato a diventare la Cristianità, la prima religione veramente globale. Il Monotesimo avrebbe generato una terza ondata, 600 anni dopo, con l’Islam, che avrebbe infine riempito la costa del Mediterraneo dei suoi monumenti e del fervore dei suoi fedeli, dalle colonne d’Ercole, diventate il Djebel al-Tariq, attraverso la Terra Santa delle tre religioni monoteiste, fino a gran parte della Penisola Balcanica.
Il mondo di oggi è lontano dalla perfezione. Non tutti i paesi sono delle democrazie, non tutte le nazioni vivono sotto il governo della Legge, non tutti i rapporti umani sono impregnati dell’Etica portata dal Giudaismo, dal Cristianesimo e sì, dall’Islam, per la costernazione dei fanatici di tutte e tre le religioni; e i Fenici avrebbero certamente da dire due o tre cosette, su quello che i Golden Boys di Wall Street hanno fatto del loro libero mercato.
Ma non c’è angolo di questa Terra in cui la gente non apprezzi la Libertà sopra ogni altra cosa, la libertà di vivere, la libertà di scegliere, la libertà di esporre il proprio pensiero. La libertà assicurata dalla Democrazia, difesa dalla Legge e consacrata dall’Etica.
Ognuno di questi concetti preso singolarmente fu forgiato da qualche parte sulle coste di questo mare. Se c’è una cultura mediterranea, allora lo stile di vita fondato su questi tre concetti è il suo prodotto migliore. E se l’anelito per la libertà è universale come crediamo, allora la triade mediterranea, Democrazia, Legge ed Etica, è davvero la manifestazione, in questo mondo, della fraternità dell’Umanità e – se posso dire così – una manifestazione della grazia di Dio.
|