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11 Septiembre 2017 09:30 | Rathaus Muenster - Rathausfestsaal

Intervento di Jean-Dominique Durand



Jean-Dominique Durand


Universidad Lyon 3, Francia

Evocare il futuro dell’Europa a Munster-Osnabrück assume un significato particolarmente forte quando si guarda da dove si viene. Città martiri delle guerre di religione del sedicesimo secolo, della seconda guerra mondiale con i terribili bombardamenti del 1945, sono anche le città die Friedensstadt dove sono stati negoziati e firmati i trattati di Westfalia il 30 gennaio e il 24 ottobre 1648, che hanno messo fine a un terribile periodo di trenta anni di guerre.

Queste città che oggi ci accolgono sono anche le città natali del grande scrittore pacifista Erich Maria Remarque che ha denunciato la guerra nel suo straordinario “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, del pittore Felix Nussbaum grande accusatore del nazismo attraverso la pittura, morto ad Auschwitz. È qui che si è reso celebre il vescovo Clemens August von Galen, soprannominato il Leone di Munster per la sua opposizione all’ideologia neo pagana del nazismo, alla persecuzione degli ebrei, all’eutanasia dei disabili, che papa Benedetto XVI ha beatificato nel 2005. Helmut Kohl, che fu un artigiano della riconciliazione franco-tedesca e del consolidamento della costruzione europea, ha detto:

“è solo confrontandoci con la nostra storia che saremo capaci di comprendere il presente e di dare forma all’avvenire”.

Sessant’anni fa, il 25 marzo 1957, la costruzione dell’Europa unita faceva un passo avanti considerevole con la firma da parte di sei paesi – Germania, Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi – del trattato di Roma. Venne costituita la Comunità Economica Europea, detta anche mercato comune. Il passo avanti verso l’integrazione economica era considerevole, si avanzava con determinazione sulla via della creazione di legami inestricabili e di fatto indistruttibili tra i sei, per lo meno sul piano economico. In compenso la costruzione politica venne lasciata da parte con la conseguenza di dare la priorità a una costruzione sempre più tecnocratica. Sono stati realizzati grandi avanzamenti. Per citarne solo uno, la creazione della moneta comune, l’Euro, è l’esempio tipico dell’avanzamento tecnocratico, che fa appello agli esperti migliori, ma che esclude le implicazioni politiche che avrebbero dovuto accompagnare una tale realizzazione. La conseguenza è una fragilità intrinseca della moneta, poiché non si appoggia sulla volontà politica di unificazione dell’economia.

Conosciamo anche la debolezza delle istituzioni, piene di contraddizioni, incapaci di porre in opera un vero spirito europeo, che hanno scavato un fosso tra le intuizioni dei Padri dell’Europa, Robert Schuman, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi, e la realtà di un mondo tecnocratico diviso dalla realtà quotidiana degli europei. Lo vediamo oggi con la politica sulla questione migratoria condotta dalla Polonia, quella dei lavoratori extracomunitari, come nel campo dei diritti fondamentali.

Due personalità hanno recentemente rinnovato l’approccio possibile all’unità europea e ridato ottimismo al suo avvenire.

La prima è papa Francesco con la sua idea di una “Europa più umana”. Nel maggio 2016, ricevendo il prestigioso premio Carlo Magno, ha richiamato la vecchia Europa a un soprassalto per restare fedele alle sue istituzioni. Ci ricordiamo la sua esortazione:

“Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Europa terra di profeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?”.

Il papa ha sottolineato il fossato che si è scavato con le intuizioni dei Padri dell’Europa, in particolare Robert Schuman, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi. Ha citato lungamente la famosa dichiarazione del 9 maggio 1950, che aveva lanciato il processo di costruzione di una vera comunità europea sulla doppia base della solidarietà e della generosità concrete. Chiamava questi Padri fondatori dell’Europa “Araldi della pace e profeti dell’avvenire” e contrapponeva le loro intuizioni alla realtà di oggi.

“Quell’atmosfera di novità, quell’ardente desiderio di costruire l’unità paiono sempre più spenti”.

Tuttavia, il loro messaggio e la sua realizzazione concreta sono per il papa più che mai d’attualità e dovrebbero permettere di “aggiornare l’idea di Europa”, cioè

“Un’Europa capace di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare.”

Per lui si tratta di rispondere alla sfida di rinnovare le tradizioni umaniste dell’Europa. Solidarietà, generosità, dialogo tra le culture, sono le parole chiave per rilanciare l’Europa.

La seconda personalità è il nuovo giovane presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron. Bisogna innanzitutto ricordare che durante la campagna presidenziale, tra gennaio e maggio 2017, è stato l’unico candidato a sostenere l’ambizione europea. La sua vittoria il 7 maggio 2017 fu una vittoria tripla, della Francia, dell’Europa e della democrazia.

Una vittoria della Francia su sé stessa, contro il pessimismo, l’autoflagellazione.

Una vittoria dell’Europa, contro il populismo, gli odi, il ritorno dei nazionalismi. La sera stessa della sua vittoria, il nuovo presidente si è recato nel famoso cortile del Louvre con la piramide dell’architetto Leoh Ming Pei, simbolo della modernità; con grande solennità, è arrivato sulle note dell’inno europeo, l’inno alla gioia, composto da Beethoven, e solo dopo è venuto l’inno francese, La Marsigliese. Simbolo forte della sua volontà di approfondire l’unità dell’Europa.

Una vittoria della democrazia contro le ideologie estremiste, con un nuovo modo di affrontare la democrazia.

L’elezione di Macron ha salvato il paese e l’Europa dall’avventura. Dopo la Brexit e l’elezione di Trump negli Stati Uniti, numerosi osservatori avevano annunciato il peggio per l’Europa. Ma il peggio non è certo quando la volontà, il coraggio e l’audacia permettono di resistere e di aprire nuove vie.

“L’Europa non è un supermercato. L’Europa è un destino comune” ha detto, riprendendo un’espressione cara a Helmuth Kohl. Rendendo omaggio all’ex cancelliere della Germania, il primo luglio scorso a Strasburgo, ha ricordato che questo renano preferiva i ponti ai muri e che la costruzione europea si poggia su “il coraggio e la speranza”, virtù alle quali intende ridare vita insieme ad Angela Merkel.

Così come papa Francesco comprende che l’Europa non ha bisogno di riforme più o meno ben applicate, ma di una vera rifondazione. Ad Atene, allo stesso tempo simbolo della nascita della democrazia e della peggior crisi morale e finanziaria attraversata dall’Unione europea, ha insistito su questa rifondazione necessaria:

“Voglio che ritroviamo collettivamente la forza di rifondare la nostra Europa, cominciando dall’esame critico e senza concessioni di questi ultimi anni”.

In occasione del suo discorso del 29 agosto agli ambasciatori francesi ha definito la volontà di riformare istituzioni divenute incomprensibili, di suscitare dei grandi dibattiti democratici, di impegnarsi sui grandi temi quali sono la questione sociale (lo statuto dei lavoratori), la questione migratoria, la questione ecologica, la pace e la “Sfida dell’umanesimo”. Rivolgendosi ai parlamentari francesi in luglio 2017, ha tracciato la tabella di marcia:

“Dobbiamo ritrovare il soffio iniziale dell’impegno europeo. La certezza che ebbero i visionari dei secoli passati e i padri fondatori dell’Europa, che la maggior parte delle nostre storie, delle nostre culture si esprimano non nella rivalità, ancor meno nella guerra, ma nell’unione delle forze. Non nell’egemonia dell’uno o dell’altro, ma in un equilibrio rispettoso che raggiungeremo.”.

Riusciranno i responsabili politici dopo le prossime elezioni tedesche a far muovere infine l’Europa, a superare gli egoismi nazionali per mettere in atto un vero “spirito europeo”? Nessuno ignora che gli ostacoli sono numerosi e terribili. Ma tra il discorso di Roma di papa Francesco del 2016 e il discorso di Atene di Emmanuel Macron nel 2017, è successo realmente qualcosa: la speranza europea è di ritorno.

 


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