Monje budista Soto, Japón
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Saluto i reverendissimi rappresentanti religiosi e gentile pubblico, qui presenti.
Ritengo che sia molto difficile svolgere in 15 minuti il tema che mi è stato dato: ”Religions Question Themselves Nonviolence (Le religioni interpellano se stesse per la non violenza)”. Penso che tale tema potrebbe essere studiato da molteplice angolazione, come dal punto di vista della critica contro il terrorismo o dalla considerazione o dubbio che il terrorismo nasca proprio dalla radice religiosa. Sono monaco buddista zen giapponese, ma poiché in questa sala la maggioranza degli ascoltatori penso che siano cristiani, svolgerò il mio discorso cercando di sollevare questioni nei confronti del cristianesimo occidentale. Vorrei pensare insieme a voi sulle origini dei conflitti che scaturiscono in rapporto alle religioni, pur essendo conscio di non dover criticare con facilità il passato, dal mio punto di vista personale.
Mi è stato riferito da un mio amico cristiano, prof. Akito Ishikawa, docente dell’Università Momoyama: “In Giappone i cristiani cercano di affermare che il cristianesimo apprezza la pace, che il cristianesimo è la religione di amore, esprimendosi come segue: (1) È vero che i cristiani hanno condotto in passato molte guerre, ma ciò è causato dagli errori in cui erano caduti quei cristiani dell’epoca, ma il cristianesimo in se stesso non è bellicoso. (2) Ciò in cui crediamo è Gesù Cristo che insegna l’amore e non il cristianesimo che aveva condotto le guerre. (3) Il fatto stesso che gli uomini abbiano perpetuato le guerre, non è la prova che noi uomini peccatori abbiamo bisogno di Dio?”
Di fronte a queste affermazioni il prof. Ishikawa dice: “Il cristianesimo in 2000 anni di storia non è riuscito a debellare dalla faccia della terra le guerre. Il cristianesimo stesso ha avuto le esperienze di guerre e violenze in molti casi.”(fine della citazione)
Io personalmente ho pensato molto e da lungo tempo sul fatto dell’esistenza di molte religioni e che ciascuna religione afferma di possedere la verità. Ma ringrazio anche del fatto che in questo mio peregrinare ho conosciuto frati, preti, pastori cristiani da cui ho potuto apprendere molto. Ma quando sono venuto a conoscenza dei fatti storici che ora vi racconto, sono rimasto perplesso.
Per esempio il fenomeno chiamato “Crociata del Nord”. Si dice che l’Ordine Teutonico costituitosi nel XII secolo con lo scopo di cristianizzare la regione di Prussia ha fatto reiterate le guerre per colonizzare la regione. Non solo, ma ha allargato l’invasione verso la Lituania e alla fine moltiplicato i cosiddetti viaggi militari di saccheggio, ritenuti come “ricreazione”.
Il Prof. Susumu Yamauchi, ex rettore dell’Università Hitotsubashi afferma: “L’ordine Teutonico era una organizzazione per difendere e diffondere il cristianesimo, con la vocazione di combattere contro gli infedeli, cioè era una organizzazione militare. (…) (Cioè) avevano sempre bisogno di nemici”.
Come altro esempio, vorrei citare un tratto dell’inno nazionale francese La Marsigliese.
Aux armes, citoyens ! [Alle armi, cittadini!]
Formez vos bataillons ! [Formate i vostri battaglioni!]
Marchons ! marchons ! [Andiamo! Andiamo!]
Qu'un sang impur abreuve nos sillons ! [Che un sangue impuro bagni i nostri campi!]
È un canto che invoca l’uccisione dei nemici e auspica che i campi si riempiano del loro sangue. Tale invocazione esiste come inno nazionale di un Paese di maggioranza cristiana. Vorrei presentare anche i casi giapponesi. Il prof. Tetsuya Takahashi, ordinario dell’Università di Tokyo, afferma che anche in Giappone, dall’epoca di Meiji fino alla sconfitta della II guerra mondiale, molti religiosi, scintositi, buddisti, cristiani inclusi, sostenevano di dover collaborare alla guerra. 48 Per esempio nel 1938, l’anno successivo all’inizio dello scoppio della guerra tra Giappone e Cina, il maestro Zen Dokai Ito della nostra scuola (Soto) elogiava le morti e le ferite a causa del combattimento dei soldati dell’esercito giapponese dicendo: 49 “Dove l’esercito imperiale avanza con onori bellici, scorre il sangue vivo degli ufficiali e soldati fedeli ed eroici. Schizzano le pallottole di carne”. Inoltre dice che: “di fronte ai soldati morti in guerra il popolo non può che impegnarsi per compiere il proprio dovere. È veramente encomiabile la situazione giapponese odierna in cui i soldati e il popolo all’unisono sembra che sprizzino fuoco e fiamme”. 54 Si pensa che nel periodo della II guerra mondiale, la maggioranza delle religioni giapponesi, tra cui anche I buddisti, eccetto qualche sporadico caso, erano succubi dello Stato e compivano il ruolo di sostenere dal punto di vista religioso la volontà delle autorità militari che miravano alla guerra totale il coinvolgimento di tutti.
Il prossimo caso è di 72 anni fa, del periodo della II guerra mondiale. Il 6 agosto 1945, al momento della partenza dalla base militare statunitense dell’Isola di Tenian del bombardiere atomico, il cappellano capitano William Downey ha pregato così: 59 “Dio Padre Onnipotente, Dio che ascolta le preghiere di coloro che Ti amano…”. 60 Ho saputo che il termine “Dio Onnipotente” deriva dall’espressione “Dio degli eserciti” ed è il nome proprio, fin dall’Antico Testamento, di “Dio che riporta vittoria in battaglia”.
(Proseguo la citazione della preghiera) “Noi preghiamo che Tu possa stare a fianco di coloro che continuano a combattere contro i nemici senza temere l’altezza del cielo”. Essendo una preghiera fatta davanti all’equipaggio aereo, viene adottata l’espressione “coloro che continuano a combattere contro i nemici senza temere l’altezza del cielo”. 66 (La preghiera prosegue) “Anche loro, come noi, possano conoscere la Tua potenza. E rivestiti dalla Tua potenza, possano mettere termine alla guerra al più presto”. 68 Vale a dire che si auspicava che l’equipaggio potesse sperimentare la potenza di Dio che vince nelle battaglie e che la potenza di Dio le potesse rivestire. 69 “Venga al più presto la fine della guerra e ancora una volta possa ritornare la pace sulla terra. Così preghiamo. 70 Con la Tua protezione i soldati della missione aerea in partenza questa notte possano rientrare sani e salvi. 72 Noi crediamo in Te e avanziamo sapendo che ora e sempre siamo sotto la Tua protezione. In nome di Gesù Cristo. Amen”. La preghiera si concludeva così.
Con questa preghiera il bombardiere B29 dal nome di Enola Gay volò dall’Isola di Tenian alla volta di Hiroshima, e dopo aver fatto cadere la bomba atomica, è rientrato sano e salvo. 76 Secondo il resoconto ufficiale della città di Hiroshima, almeno 140.000 civili sono morti fino alla fine dell’anno, per cause dirette dallo scoppio della bomba atomica. 78 Tra di loro naturalmente ci furono non solo buddisti ma cristiani. 79 Mi affiora una domanda semplice: Perchè il Dio dei cristiani non ha salvato i giapponesi credenti nel cristianesimo? 81 Perchè erano giapponesi? O perchè erano abitanti di Hiroshima? 82 A Hiroshima c’erano anche prigionieri americani, di cui 12 sono morti insieme ai giapponesi. 83 L’arcivescovo Francis Joseph Spellman, che diventerà più tardi cardinale, nella Messa celebrata a Tenian, esortava così: 84 “Continuate a combattere!” “Noi combattiamo per la libertà, per la giustizia e per vincere il terrore subito in occasione dell’attacco giapponese di Pearl Harbor”.
Anche di questi fatti ho appreso dal prof. Akito Ishikawa. 87 Esistono voci secondo cui la caduta della bomba atomica ha abbreviato la fine della guerra, ma sono rimasto perplesso nel sapere che la bomba atomica sia stata fatta cadere con la preghiera rivolta a Dio. 89 Che cos’è la giustizia? Finora in tutte le guerre si sono scontrate le parti che sostenevano di combattere per la giustizia o per la grande causa. 90 Naturalmente la difesa legittima dovrebbe essere consentita. 91 Ma esistono veramente una giustizia o una grande causa che abbiano il diritto di aprire un conflitto? 92 Se devo dire il vero, io sento una specie di indisposizione alla parola “giustizia”. 93 Perchè la “giustizia” fa da coppia con la parola “ingiustizia” e la giustizia deve vincere per forza contro l’ingiustizia. 94 Cioè in quella parola, nella concezione di “giustizia” stessa, è implicito l’aspetto di combattimento o condanna.
Questa osservazione mi porta a pensare alla pratica di “Mura-hachibu (80% di esclusione di rapporto del villaggio)” che perdura dall’epoca di Edo nelle località rurali giapponesi. 97 Nelle comunità rurali in cui vigeva l’impossibilità di trasferirsi altrove, era una condanna che veniva praticata a coloro che non rispettavano l’ordine. 99 Gli appartenenti della comunità si mettono d’accordo per escludere alcuni membri da 8 rapporti sociali (hachibu) su dieci che ne esistono, 100 cioè in pratica tolgono il rapporto sociale in otto casi che sono: celebrazione della maggiore età, matrimonio, nascita, malattia, ricostruzione di abitazione, danni causati dall’alluvione, feste ordinarie annuali e viaggi. 101 Ma secondo tale costume era consentito avere rapporti sociali in restanti due casi, cioè in casi di incendio e funerale. 103 Cioè se succedono dei problemi all’interno della comunità territoriale, trovano una scappatoiansatoia per poter proseguire la convivenza, tramite la pratica di non applicare alla persona che ha commesso il disordine o a tutta la sua famiglia il 100% di condanna (esclusione totale). 105 Proviamo adesso a paragonare la giustizia a “colore bianco” o “〇 (cerchietto, Sì)”, e la ingiustizia a “colore nero” o “× (crocetta, No)”. 106 In base a tale modo di distinzione, si potrebbe dire che gli antichi giapponesi apprezzavano la sfera grigia, senza chiarire se tale cosa è “bianca” o “nera”. 107 Si potrebbe dire che apprezzavano i casi di △ (triangolo, Nì), perchè per le persone costrette a non potersi muovere, legate per sempre ad una località, occorreva prendere la posizione di “non chiara distinzione” cioè triangolo △ (Nì), senza decidere nero su bianco, come modi per evitare conflitti, per poter superare gli attriti quando si verificano. 111 Questo modo di comportamento potrebbe essere criticato in Occidente e anche in Giappone attuale per la sua ambiguità. 112 Ma potrebbe essere un esempio da poter tener conto quando si pensa alla situazione in cui le persone di diverse posizioni devono convivere in un’area limitata come il globo terrestre.
Cerchiamo ora di pensare dal punto di vista della convivenza delle religioni. Mi vengono a mente per esempio l’esclusivismo di religioni che si considerano giuste solo loro senza ammettere le altre religioni, l’inclusivismo di religioni che solo tali religioni includono tutti gli aspetti religiosi, e poi il pluralismo religioso secondo cui tutte le religioni girano intorno ad un unico Dio, ecc. 117 Ma forse ogni religione ha avuto l’inizio e la diffusione in certe aree della terra. 118 Per cui potrebbe essere considerato valido il pensiero secondo cui il tentativo di universalizzare e unificare con lo stesso colore tutto il mondo è assurdo e che in questo si trova l’origine dei conflitti.
Come ho avuto modo di accennare anche in occasione degli altri Incontri interreligiosi della preghiera per la pace, il maestro di quando ero novizio diceva che l’ideogramma “giusto” è scritto come “si ferma in uno”, cioè finchè si discute che sia giusto questo o sbagliato quello è segno che non abbiamo raggiunto la vera giustizia. Il vero “giusto” è quello che convince tutti e che tutti possano unirsi sotto tale giustizia.
Quando si pensa che scaturiscano conflitti a causa delle differenze religiose, sotto sotto potrebbe esserci l’egocentrismo invisibile e nascosto. 126 Le parole sono dei prodotti storici, per cui condizionate dalla storicità, ma a volte mi sembra di percepire che la parola “religione” sia usata per indicare il cristianesimo e la parola “religioni” sia usata per indicare le altre religioni non cristiane, e dal mio punto di vista questa differenza che si usa della forma singolare e della forma plurale non sembra opportuno…si tratta del mio pregiudizio? 130 Ciò che desidero ribadire è che, prima di auspicare la via della non violenza, ciascuna religione dovrebbe ammettere che la propria religione è una delle tante altre religioni. 132 Occorrerebbe ammettere l’esistenza degli altri al di fuori di se stessi, cioè ammettere chiaramente e integralmente la posizione di ciascuna religione. 133 Se non si fa così, penso che sia difficile evitare dei conflitti, le cui cause possano essere attribuite alla differenza religiosa.
Per aprire la porta occorre la “forza”. Tutte le azioni hanno bisogno della “forza”. 137 Perciò io non sono uno che nega la forza. Ma penso che non sia possibile ammettere qualsiasi mezzo malvagio, solo perchè si pensa che lo scopo da raggiungere è nobile. 139 Vi è la differenza tra la forza e la violenza. 140 Desidero affermare dal “punto di vista umano” che, ancor prima dello scopo, sono importanti i mezzi. Desidero spiegare perchè voglio affermare questo non dal punto di vista di un rappresentante religioso, ma semplicemente come uomo. Perchè penso che all’interno di religione vi è un meccanismo che divide gli uomini. 142 Nella sfera religiosa esiste un meccanismo che divide gli uomini come giudei, cristiani, mussulmani, induisti, buddisti, ecc. 144 Ma negli uomini, anche se si differenziano i colori della pelle, nazionalità, sessi, età, anche se non si comprendono il pensiero o la lingua altrui, nel corpo scorre lo stesso sangue di color vermiglio. 146 Tutti e ciascuno è erede dell’universo, di 13,8 miliardi di anni, della storia della vita. In questo nessuno si differenzia dagli altri. 147 Per cui desidero appellarmi come uomo, pur dalla posizione in cui mi trovo di un religioso buddista Zen. 148 Dobbiamo ammettere tout court, cioè integralmente, altre fedi che non siano proprie. 149 Desidero insistere ad affermare che comportarsi così sia la via più breve per rendere valido l’appello di non violenza nei confronti di coloro che commettono gli atti di terrorismo a nome della religione.
A questo punto vorrei citare la seconda parte della canzone Imagine di John Lennon che voi conoscete bene.
Imagine there's no countries
[Immagina un mondo senza frontiere (nazioni che dividono gli uomini tramite frontiere)]
It isn't hard to do [Non è tanto difficile]
Nothing to kill or die for [Nessuno ucciderà o morirà per lo Stato]
And no religion too [E non ci sarà nemmeno religione]
Imagine all the people [Immagina che tutti]
Living life in peace [Vivono la vita in pace]
You fu
You may say I'm a dreamer [Direte che sono un sognatore]
But I'm not the only one [Ma io non sono solo]
I hope someday you'll join us [Spero che un giorno tutti si uniscano]
And the world will be as one [E che il mondo sia uno]
Qui le frontiere, cioè le nazioni che tramite frontiere alzano le mura di divisione, vengono criticate. E nello stesso tempo anche la religione è oggetto di critica. Forse perchè, come lo Stato manda in guerra i connazionali, anche la religione, storicamete, suddividendo gli uomini, aveva inviato la gente nei campi di battaglia, esortando le uccisioni. 170 Ma, come ben sapete, la religione ha l’intrinseca sapienza di evitare i conflitti. Per esempio nel salmo 34,15 viene cantato “Sta’ lontano dal male e fa’ il bene, cerca e persegui la pace”. E contemporaneamente nel salmo 3,8 “Sorgi, Signore! Salvami, Dio mio! Tu hai colpito alla mascella tutti i miei nemici, hai spezzato i denti dei malvagi”.
Facendo un discorso generale, si può dire che la religione nel suo interno ha due aspetti, quello combattivo e quello desideroso della pace.
Di conseguenza le persone religiose, in tempi/luoghi/occasioni, con proprio giudizio, dovrebbero rafforzare la tensione verso la pace, intrinseca alla religione stessa.
Infine mi permettete di citare le parole del nostro fondatore, maestro Zen Dogen. 179 “Il cuore umano non è nè buono nè cattivo in origine. (…) Diventa buono se si viene a contatto con buon “en (rapporto umano, casi, occasioni)” e diventa cattivo se si viene a contatto con cattivo “en (rapporto umano, casi, occasioni)”. Non bisogna pensare che il proprio cuore sia cattivo fin dall’origine. L’unica cosa importante è ricercare, seguire ed essere guidati da buon “en (rapporto umano, casi, occasioni)”.
Posso affermare che per me partecipare a questo Incontro interreligioso di preghiera per la pace è incontrare buon “en”.
In questi 31 anni di frequentazione a questo Incontro, sempre mi è stato dato un tema difficile da svolgere. 185 Ma se penso a ritroso, erano occasioni buone per rendere in parole il mio intimo pensiero. 186 Ringrazio questo fatto e, anche se ho toccato gli argomenti non facili da accettare da parte vostra, ne chiedo perdono e conto sulla vostra magnanimità. 188 Nel contempo, vi ringrazio di cuore che avete avuto tanta pazienza a seguirmi fino alla fine.
Ringrazio tutti per l’ascolto.
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