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12 Septiembre 2017 09:00 | Bischoefliches Priesterseminar Borromaeum, Kardinal-von-Galen-Saal

Intervento di Philippe Ouedraogo



Philippe Ouedraogo


Cardinal, Archbishop of Ouagadougou, Burkina Faso
Sono felice di partecipare a questo incontro di alto livello organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Vorrei esprimere la mia sincera riconoscenza alla comunità per l’invito che mi è stato rivolto a partecipare a questo panel di riflessione sul destino comune tra Europa e Africa e sui mezzi da utilizzare per raggiungerlo. Voglio salutare qui l’insieme delle iniziative della Comunità per la costruzione della pace e della riconciliazione in numerosi paesi del mondo. Il lavoro svolto all’indomani del Concilio Vaticano II mostra bene come “solo la pace sia santa” e soltanto i percorsi di pace debbano essere promossi (Gaudium et Spes, 1, 40).
 
Signore e signori, cari partecipanti, viviamo in un mondo attraversato in ogni sua parte da conflitti armati e sommerso dalla diffusione del terrorismo internazionale e intercontinentale e dalle distruzioni che esso provoca con il suo passaggio. Oggi più che mai la nostra umanità viene colpita da un gran numero di ferite e divisioni causate da opposizioni spesso radicali di carattere culturale, religioso, etnico e sociopolitico. È il momento di riconoscere e affermare con forza che “Il dialogo tra culture e civiltà non è più una scelta ma una condizione esistenziale”. Dobbiamo dunque aprire degli autentici percorsi di pace e di solidarietà tra tutti i popoli della terra. Europa e Africa non dovranno più barricarsi dietro quell’atteggiamento di costante monologo che condiziona l’avvenire dei popoli e sottrae alla nostra umanità la gioia di vivere, di convivere e costruire insieme un mondo più degno di Dio e degli uomini. 
 
L’Europa, proprio come l’Africa, ha il dovere di costruire tra i due popoli e i due continenti dei ponti, e non barriere e muri, delle passerelle di scambio utili a tutti, strade comuni di pace, giustizia e riconciliazione. Guardando alla storia comune, è infatti evidente come l’Europa non possa costruirsi senza l’Africa e l’Africa non possa costruirsi senza l’Europa. Più vivremo insieme tenendo conto gli uni degli altri, più potremo costruire insieme un futuro migliore. 
 
Il mio contributo alla discussione si articolerà in tre passaggi:
 
-  Come vincere la sfida della pace 
-  Come vincere la sfida di una cooperazione giusta e sostenibile 
-  Come far fronte comune innanzi al fenomeno del terrorismo e delle migrazioni intercontinentali
 
 
 
1. Come vincere la sfida della pace
 
Una delle verità con le quali occorre confrontarsi è la seguente: “Non ci sarà pace in Europa senza la pace in Africa. E non ci sarà pace in Africa senza pace in Europa”. I destini dei due continenti restano strettamente legati non solo dalla geografia, ma anche dalla storia. Il futuro dei due continenti deve essere concepito in maniera comune. 
 
Il destino dell’Europa e dell’Africa è fondamentalmente un destino di pace. La soluzione ai numerosi conflitti africani rappresenta una garanzia per il mantenimento della pace in Europa. La speranza di pace e di sviluppo degli africani deve divenire anche quella degli europei. Come scrive benissimo il maliano Amadou Hampate Ba, “è nella pace e solo nella pace che l’uomo può costruire e far progredire la società, mentre la guerra distrugge in pochi giorni ciò che è stato costruito nei secoli”. La cooperazione Europa – Africa deve diventare un partenariato autentico che mira a restituire la pace, per costruire insieme il futuro.
 
È necessario ricordare che “la pace è un valore, che trova fondamento nell’ordine razionale e morale della società, le cui radici sono in Dio stesso, fonte primaria dell’essere, verità essenziale e bene supremo. La pace non è la semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile l'equilibrio delle forze avverse; ma si fonda sulla corretta concezione della persona umana e richiede l’edificazione di un ordine basato su giustizia e carità. Per la costruzione di una società pacifica e lo sviluppo integrale degli individui, dei popoli e delle nazioni, la difesa e la promozione dei diritti umani sono essenziali”.  
 
Africa ed Europa non possono quindi sperare di costruire una pace comune se non lavorando insieme alla lotta contro la povertà in Africa attraverso la creazione di condizioni migliori di vita per le popolazioni (habitat, acqua e salute pubblica, educazione, sviluppo dell’economia locale), di occupazione per i giovani e di realizzazione di pratiche di buona governante. La Chiesa incoraggia ogni azione che permette all’uomo di conservare la sua dignità e umanità.
 
L’Europa non può disinteressarsi dei mali che affliggono l’Africa relegandoli alla categoria di “affari africani”. Nel nostro secolo, le questioni africane sono anche europee. Quanto più l’Europa si impegnerà davvero a risolvere le gravi crisi che attanagliano i popoli africani attraverso le istituzioni europee e internazionali, tanto più si allontaneranno gli spettri delle minacce socioeconomiche che gravano sul suo territorio. Ignorare questa realtà significa porre un freno alla costruzione di un futuro comune tra i due continenti e i due popoli. Uno dei mezzi per impedirlo è la costruzione di una cooperazione giusta ed equa tra i due continenti. 
 
 
 
2. Come vincere la sfida di una cooperazione giusta e sostenibile
 
I vantaggi che la cooperazione arreca ad entrambi i continenti sono noti. Il cammino percorso dall’Europa dopo i disastri del 1945 per trasformarsi in una Unione forte di più di mezzo miliardo di cittadini, fondata su valori comuni e finalizzata a favorire pace è prosperità, è noto a tutti. Sappiamo anche come l’Africa si sia liberata dal giogo coloniale per accedere all’indipendenza e raggiungere una integrazione ulteriore attraverso la creazione dell’Unione africana. Questo percorso di integrazione deve proseguire con la creazione di una vera cooperazione, giusta ed equa, nella quale l’Africa non sarà vista e trattata come mero deposito di materie prime e ricchezze minerarie per l’Europa. E l’Europa non dovrebbe essere considerata come modello unico di sviluppo socioeconomico e politico, da cui consegue la dittatura del pensiero unico e l’imposizione di sistemi economici e politici ai popoli africani. Il destino comune dei due continenti prenderà forma unicamente nel reciproco rispetto delle due culture, delle loro storie e dei loro valori, e nell’equità dei rapporti commerciali. 
 
A tal proposito, vi sono alcuni esempi positivi di partenariato da citare, come l’accompagnamento e il sostegno dell’Unione europea alla messa in sicurezza dei territori attraverso progetti riguardanti l’istruzione, l’accesso all’acqua potabile e alla salute, l’adattamento ai cambiamenti climatici, la creazione di posti di lavoro, anche in regioni estremamente periferiche. Sono necessarie anche azioni a più lungo termine, specie per la creazione di imprese locali in grado di assorbire una quantità importante di forza lavoro, in gran parte giovanile. Un piano Marshall per l’Africa è quindi necessario e salutare. 
 
“Condannate” a vivere insieme e a costruire insieme il futuro, Europa e Africa sono chiamate a costruire una cooperazione giusta, equa e rispettosa dei valori e della storia di ciascuno.
 
 
 
3. Come vincere la sfida di una cooperazione giusta e sostenibile
 
Una delle sfide principali del XXI secolo è senz’altro la lotta al terrorismo e alle sue disastrose conseguenze per la pace e la coabitazione tra i popoli. Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 negli USA, il mondo è posto di fronte al  crescere del terrorismo internazionale e dell’estremismo violento. “Il terrorismo è una delle forme più brutali di violenza che colpiscono oggi la comunità internazionale. Semina odio, morte, desiderio di vendetta e rappresaglie. Manifesta un totale disprezzo della vita umana e nessuna ragione può giustificarlo. Il terrorismo deve essere combattuto nella maniera più assoluta” (GS, 79). Nessuna parte del pianeta è risparmiata. Ci ricordiamo degli orribili attentati che hanno colpito la Francia, il Belgio, il Mali, la Costa d’Avorio e di recente l’Inghilterra, il Burkina Faso, la Spagna e altri paesi. Europa e Africa sono colpite al cuore da gruppi jihadisti che seminano desolazione e morte. La minaccia è la stessa, per entrambi i continenti. Occorre dispiegare azioni comuni per fornire adeguata risposta ai violenti attacchi terroristici. La cooperazione militare tra i due continenti, lo scambio di informazioni, il sostegno tecnico e logistico sono alcuni mezzi per lottare contro questo fenomeno. Per combattere efficacemente il terrorismo l’Europa deve impegnarsi seriamente per permettere agli Stati africani di far fronte agli attacchi e assumersi le loro responsabilità di protezione e messa in sicurezza delle popolazioni. Non soltanto africani sono colpiti dalla barbarie dei terroristi in Africa, ma anche molti europei. È dunque necessario individuare soluzioni comuni. La creazione di un G5 del Sahel per lottare efficacemente contro il fenomeno nella regione va riconosciuto e incoraggiato. 
 
L’altra grande sfida è quella delle migrazioni intercontinentali, che provoca migliaia di vittime nel Mediterraneo. La crisi migratoria che oggi vediamo, in parte dovuta a conflitti violenti, chiede senz’altro un rafforzamento della cooperazione. Pone anche con acutezza la questione della fraternità universale che dovrebbe sovraintendere alle relazioni tra Nord e Sud.
 
L’Europa si confronta con un afflusso senza precedenti di profughi e richiedenti asilo, mentre l’Africa deve far fronte all’abbandono di tanti, che lasciano i villaggi per le città, i paesi vicini e talvolta per l’Europa. Questi spostamenti sono essenzialmente dovuti alla paura e alla speranza. Paura dei conflitti e della povertà, speranza di pace, sicurezza, nuove prospettive.
 
Dobbiamo quindi occuparci al tempo stesso delle paure e delle speranze di migliaia di giovani abbandonati a se stessi, senza impiego e senza possibilità di sognare una vita migliore nei loro paesi di origine. Il problema non è solo africano ma globale. La gestione della mobilità umana deve restare una preoccupazione prioritaria per l’Africa e l’Europa, e ciò significa ricercare soluzioni concertate, positive, costruttive e non violente per i due continenti. L’Unione Africana, a fianco dell’Unione europea, deve promuovere senza sosta azioni e iniziative per lottare contro le cause profonde delle migrazioni illegali, favorire la mobilità e lo spostamento della manodopera, ridurre i costi dell’invio di fondi, rafforzare la protezione internazionale, facilitare i ritorni e lottare contro il traffico di esseri umani. 
 
La Chiesa invita con forza i paesi europei a dare sempre prova di fraternità e solidarietà verso i migranti per costruire un mondo dal volto umano, in cui i più poveri possano essere sostenuti dai più ricchi e in cui la dignità umana sia rispettata e promossa. Papa Francesco ha coraggiosamente denunciato “la globalizzazione dell’indifferenza” a Lampedusa, in Italia, all’indomani della sua elezione. 
 
Signore e signori, onorevoli invitati, vorrei concludere il mio intervento con un forte invito a considerare il futuro dell’Europa e dell’Africa con ottimismo. La storia dell’umanità mostra bene come nel corso dei secoli l’umanità abbia reagito a tutte le violenze sorte nel mondo e perseguito con sicurezza l’opera della creazione. 
 
Sappiamo bene quanto siamo più forti quando lavoriamo mano nella mano.
 
Di fronte alle sfide del XXI secolo, Africa ed Europa hanno più cose che le uniscono di quante le dividano. I nostri continenti sono confrontati a sfide comuni. Condividiamo una storia che dura ormai da molti secoli. Dal cambiamento climatico alle migrazioni, alla realizzazione dello sviluppo economico sostenibile, alla lotta contro il terrorismo e l’estremismo violento, abbiamo questioni da affrontare insieme. Insieme dobbiamo lavorare per costruire un futuro comune e assumere congiuntamente i grandi nodi globali della nostra epoca. 
 
La Chiesa resta impegnata a fianco di tutti i popoli perché si determini nel mondo la riconciliazione, la giustizia, la pace autentica e duratura. 
 
 


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