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12 Сентября 2011 16:00 | Residenz München, Plenarsaal der Bayerischen Akademie der Wissenschaften

L’Africa in preda ai cambiamenti di Laurent Monsengwo Pasinya



Laurent Monsengwo Pasinya


Cardinal, Archbishop of Kinshasa, DRCCardinal, Archbishop of Kinshasa, DRC

Società e Religioni

1.Nel corso dell’ultimo secolo, l’Africa ha conosciuto profondi cambiamenti di tutti i tipi: dalla colonizzazione alle indipendenze, dalla guerra fredda ai non-allineati o, meglio, ai “non-allineati allineati”, la creazione dell’OUA [Organizzazione per l’Unità Africana], la liberazione dell’Africa attraverso la lotta armata, l’”Africa dei colonnelli”, i tempi delle conferenze nazionali sovrane, il periodo del parto delle democrazie attraverso la costruzione dell’Unione Africana, preceduta ovunque da organizzazioni regionali come la CEDEAO [Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale], la CEMAC [Comunità Economica e Monetaria dell’Africa Centrale], la COMESA [Mercato Comune per l’Africa Orientale e Australe], la SADEC [Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale], …

2.Il 21° secolo si è aperto con grandi speranze suscitate dagli obiettivi del millennio, che dovevano portare al soddisfacimento dei bisogni vitali primari attraverso la riduzione della povertà (iniziative PPTE [Pays Pauvres Très Endettés, Paesi Poveri Molto Indebitati]). Si sono compiuti in effetti degli sforzi in questa direzione, anche se gli obiettivi del millennio sono stati riveduti al ribasso. Un nuovo fenomeno è sorto: la presenza della Cina, che corteggia l’Africa con condizioni commerciali migliori di quelle dei tradizionali partner dell’Africa (i paesi occidentali), non senza porre altri problemi, di ordine religioso, fondiario ed ecologico.

3.Recentemente è sorta la rivoluzione araba, facilitata dalla tecnologia delle reti sociali. È opportuno leggere cosa ne dice la rivista “Jeune Afrique” nel suo numero sullo “stato dell’Africa 2011”: “Da Tunisi, epicentro del sisma che ha sconvolto il mondo arabo ma anche l’Africa, la richiesta di un profondo cambiamento si esprime con maggiore o minore intensità, secondo il contesto locale. Quest’ampio movimento di contestazione e quest’inedita aspirazione a recuperare un lampante ritardo in numerosi campi (sviluppo, libertà, democrazia, cittadinanza, Stato di diritto, giustizia, ecc.) marcano il grande risveglio dei popoli. Perché non bisogna ingannarsi: se alcuni partiti sono balzati sul treno in corsa per influenzare le loro rispettive scene politiche, se alcune élite si sono unite alla sarabanda delle contestazioni, è comunque dalla base e non dal vertice che proviene questo slancio incomprimibile” (J.A., 27, 2011, p. 3). “I dirigenti africani hanno valutato le dimensioni di questo fondamentale sconvolgimento geopolitico, di questa “rivoluzione in cammino”, pacifica, ragionevole, piena d’energia e di ideali? In ogni caso, farebbero bene a meditare sulla lezione di Tunisi e del Cairo, perché non hanno altra scelta. Sarebbe un grosso errore pensare che, come nel caso delle conferenze nazionali che si sono moltiplicate in Africa sub-sahariana negli anni Novanta, le aspirazioni democratiche dei loro concittadini possano essere soffocate nella culla, se non estinte una volta calmatesi le cose. [Ormai] più nulla sarà come prima” (Ibid.). Se è vero che le cose sono cambiate profondamente e che più nulla sarà come prima, non è affatto certo che la gestione di queste nascenti democrazie debba organizzarsi secondo il modello occidentale, né che esse debbano nascere a prezzo di tante vite umane e di immense distruzioni materiali. Gli avvenimenti della primavera araba non hanno ancora detto la loro ultima parola, specialmente per quanto concerne le loro conseguenze e gli estremismi religiosi.

4.Abbiamo menzionato le reti sociali nella rivoluzione sorta nel mondo arabo. Anche l’Africa sub-sahariana ha fatto il proprio ingresso nella cultura mediatica, anche se non nella stessa misura. È uno degli effetti della globalizzazione, coi suoi avvenimenti “in tempo reale”, che obbliga a prendere decisioni rapide. L’Africa, in seguito a differenti fusi orari, subisce gli effetti perversi di questa tecnologia, ma beneficia anche dei suoi effetti positivi. Bisognerà comunque compiere grandi sforzi per incanalare la gestione e il controllo dell’informazione, che impercettibilmente crea il “pensiero unico”, veicolato dall’Occidente.

5.D’altronde, questa globalizzazione ha avuto sull’Africa effetti negativi sul piano economico e finanziario. Fondato sulla legge del mercato e sulla “proprietà virtuale”, l’ordine economico mondiale ha conosciuto una crisi sostanziale, che ha gravato sulle economie delle nazioni più fragili ed ha spazzato via i risparmi dei loro paesi. E giacché la globalizzazione dell’economia non aveva al proprio centro l’uomo, ma il profitto, da un lato le distanze hanno continuato a crescere tra i ricchi e i poveri di tutti i paesi ed entro ciascuna nazione e, d’altro lato, i beni prodotti sono aumentati senza che per questo venissero globalizzate la solidarietà e la divisione di questi beni. “Cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti - afferma Benedetto XVI - ma aumentano le disparità. Nei Paesi ricchi nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove povertà. In aree più povere alcuni gruppi godono di una sorta di supersviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo inaccettabile con perduranti situazioni di miseria disumanizzante. Continua « lo scandalo di disuguaglianze clamorose »” (Caritas in Veritate, n° 22).

6.I cambiamenti e le mutazioni in Africa sono dovuti anche al problema ecologico. Se si guarda la carta dell’Africa, si rimane impressionati dalle grandi distese desertiche a nord (tutto il Sahara e i paesi del Sahel) e a sud (il Kalahari). A presentare una zona verde rimane solo la fascia che circonda l’Equatore da entrambe le parti (in pratica la foresta equatoriale). È un peccato che, ai tempi della guerra fredda, la corsa agli armamenti non abbia affatto aiutato il rimboschimento del Sahara, rimboschimento il cui costo non avrebbe certamente raggiunto quello di tre missili da crociera. D’altra parte, la deforestazione selvaggia della foresta equatoriale, i cui legnami rari sono inviati oltre mare come materia grezza non lavorata, non può non creare importanti problemi ecologici. In Africa, il riscaldamento del globo terrestre è una realtà. “La natura è a nostra disposizione non come « un mucchio di rifiuti sparsi a caso » [116], bensì come un dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci, affinché l'uomo ne tragga gli orientamenti doverosi per “custodirla e coltivarla” (Gn 2,15). Ma bisogna anche sottolineare che è contrario al vero sviluppo considerare la natura più importante della stessa persona umana. Questa posizione induce ad atteggiamenti neopagani o di nuovo panteismo: dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, non può derivare la salvezza per l'uomo. Peraltro, bisogna anche rifiutare la posizione contraria, che mira alla sua completa tecnicizzazione, perché l'ambiente naturale non è solo materia di cui disporre a nostro piacimento, ma opera mirabile del Creatore, recante in sé una “grammatica” che indica finalità e criteri per un utilizzo sapiente, non strumentale e arbitrario” (Benedetto XVI, Caritas in Veritate, n. 48).

7.Questo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali dell’Africa da parte dell’Occidente e dell’Oriente ci porta a parlare dei diversi partenariati che esistono tra l’Africa e il nord del mondo. Appare chiaramente come si tratti di partenariati di “materie prime”. Solo le materie prime contano: l’uomo africano ed il suo sviluppo integrale importano poco. In queste condizioni è impossibile creare un mondo che favorisca e promuova quel “convivere”, così caro al prof. Andrea Riccardi. Perché l’uomo sia al centro delle relazioni che si intrecciano tra nord e sud, al di là dello sfruttamento delle risorse materiali, bisogna promuovere un “partenariato di materia grigia” del sud e del nord. Un simile partenariato favorirà una concezione concertata dell’economia mondiale, che miri ad un’equa ripartizione delle ricchezze della terra.

8.Sul piano religioso, le grandi confessioni religiose tradizionali (cattolicesimo, protestantesimo, islam) conoscono uno slancio considerevole, secondo le regioni, giacché il nord è abitato soprattutto da grandi sacche di musulmani, il centro da cattolici, il sud da protestanti di tutte le tendenze, e l’ovest vede una presenza omogenea di tutte queste confessioni. Ma l’Africa conosce il fenomeno delle sette pentecostali, evangeliche e delle Chiese dette “del risveglio”. Soprattutto queste ultime danno l’impressione di voler destabilizzare le Chiese tradizionali sfruttando abusivamente una teologia della felicità terrena. Esse presentano spesso le stesse caratteristiche che il Principe degli Apostoli enumera nella sua seconda lettera. Bisogna però sottolineare che il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso sono attivi in Africa, soprattutto in campo sociale. Non si sarebbe completi se, sul piano religioso, non si menzionassero le lotte etnico-religiose in Nigeria, il dramma del Darfur e la tragedia della Somalia.

9.CONCLUSIONE
L’Africa si muove, l’Africa è in cammino, l’Africa conosce profondi cambiamenti: sul piano economico, dove l’Occidente e l’Oriente si disputano l’egemonia ma si limitano entrambi ad un “partenariato di materie prime”, laddove gli Africani attendono un “partenariato di materia grigia”, più vantaggioso per l’Africa, per l’Occidente e per l’Oriente; sul piano sociale, dove l’Africa paga molto cari i diversi programmi di riduzione della povertà; sul piano culturale, dove “la globalizzazione della rivoluzione culturale occidentale” (cfr. Marguerite A. Peeters) minaccia l’estinzione delle culture autoctone attraverso l’imposizione del pensiero unico; sul piano della cultura mediatica, nel quale l’Africa deve compiere grandi sforzi per fornire essa stessa la propria immagine da “consumare” all’esterno; sul piano religioso, in cui l’Africa deve guardarsi dall’adottare senza discernimento tutte le religioni che ne vengono a destabilizzare la fede in Cristo, ma, grazie ad una sana inculturazione del Vangelo, deve dedicarsi ad un fruttuoso dialogo tra il cristianesimo e la Religione tradizionale africana (RTA); sul piano politico, dove l’Africa deve evitare di concentrare per lungo tempo tutti i poteri del paese nelle mani di un solo uomo o di un solo gruppo di uomini e, attraverso le elezioni, deve assicurare l’alternanza politica. Le virtù del “convivere” (A. Riccardi) tra le nazioni permetteranno certamente all’Africa di presentarsi a testa alta all’”appuntamento del dare e del ricevere” (L.S. Senghor) e di costruire con gli altri “la civiltà dell’amore” (Paolo VI).