Si è aperto ieri, a Monaco di Baviera, il 4° Convegno "Insieme per l'Europa", cui partecipano comunità e movimenti ecclesiali da tutto il continente. Di seguito pubblichiamo integralmente l'intervento del presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo, che si è soffermato sul bisogno che gli europei hanno di riscoprire la bellezza dell'identità e della missione dell'Europa, ma anche sul bisogno che il mondo, a partire dall'Africa, ha di un'Europa solidale e accogliente.
Intervento del prof. Marco Impagliazzo al 4° Congresso "Insieme per l'Europa"
I cristiani devono scegliere un'altra volta per l'Europa. Lo devono fare per realismo: non si può affrontare il futuro da soli. Ma soprattutto, perché l'Europa è nostra: la sua storia è una storia imperniata di cristianesimo, non solo quella lontana, ma anche l'ultimo mezzo secolo fin dalla fondazione. Lo stesso 1989 è tanto legato alle radici cristiane del continente: basterebbe pensare alla caduta del Muro e al processo di liberazione della Polonia, in cui hanno fortemente giocato gli elementi religiosi, la capacità di resistenza dei credenti, a partire dallo stesso ruolo di Giovanni Paolo II.
Il martirio cristiano nel Novecento ha scritto una storia europea di umanesimo che abbraccia l'intero continente. Non sono radici archeologiche o valori proclamati, ma è una realtà ben viva. Si va dalla resistenza al comunismo nel mondo russo e dell'Est, che ha pagato un enorme tributo di sangue: in Russia 300 vescovi uccisi e un milione di persone; l'Albania proclamata primo Stato ateo del mondo con la soppressione di ogni forma di fede. E' la resistenza al nazismo, in cui i martiri cristiani si sono fatti difensori della libertà. Penso a Dietrich Bonhoeffer, impiccato dopo un processo farsa a Flossenbürg per la sua opposizione al nazismo, o al pastore Paul Schneider, che dalla sua cella a Buchenwald gridava la buona notizia del Vangelo ai prigionieri mentre le guardie tentavano di ridurlo al silenzio a colpi di bastone. Ricordo la resistenza ai processi di disumanizzazione, come le mafie: qui come non pensare a don Pino Puglisi, parroco nel quartiere Brancaccio a Palermo, ucciso perché sottraeva i ragazzi alla mafia. Inoltre le tante missionarie e i missionari che hanno dato la vita nel mondo ricordano che l'Europa non può vivere per se stessa ma deve essere una realtà estroversa. In questo senso il cristianesimo è radice dell'umanesimo europeo.
La fede cristiana ha un messaggio forte all'Europa, rivolgendosi agli europei. Chiama a non vivere per se stessi. Scrive l’apostolo Paolo: “Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e resuscitato per loro.” (2Cor 5,15).
Il richiamo forte al Vangelo di Gesù, portato da Paolo in Europa, dalla Grecia a Roma, inquieta la cultura del vivere per sé. Inquieta la cultura del vivere da soli. L’Europa non può vivere per sé. La prospettiva non può essere solo l’espansione economica della propria regione o del proprio paese. A forza di vivere per sé, un uomo e una donna muoiono; si spegne un paese, una comunità, una nazione.
Il cristianesimo -lo mostra papa Francesco- è un'istanza critica alla riduzione della società alle sole dimensioni del mercato. Nelle nostre comunità cristiane, nell'impegno di quello che è un vero popolo in tanti angoli d'Italia e d'Europa, nonostante i limiti che sono a noi tutti noti, già viviamo un umanesimo: lo vorrei chiamare un umanesimo spirituale. La vita delle Chiese e delle comunità è già, molto spesso, una riserva di umanità: è una risorsa per i poveri e per quanti hanno bisogno; rappresenta una vera pagina di umanesimo scritta nella vita delle società. Dobbiamo avere il coraggio di far emergere tutto questo -che è vita, solidarietà, legame- come una cultura condivisa. Il vissuto di un popolo può divenire una vera cultura, anzi una proposta culturale nel vuoto di pensieri o in mezzo a dibattiti gridati.
Oggi una cultura europea si muove tra il locale, il vicino, ma anche con il lontano e il globale. Uno sguardo europeo sa mettere insieme l'inevitabile prospettiva dello scenario locale della mia vita con quella dello scenario mondiale. Un punto d'intersezione tra questi due scenari, lo viviamo chiaramente nella realtà dell'immigrazione E' un appuntamento decisivo d'umanesimo cristiano: l'accoglienza non è buonismo o solo esercizio della carità, ma rivela un'idea.
Qui c'è il discorso sull'Europa e l'Africa. Anche l'Unione non può vivere per se stessa. Sì, l’Europa ha una missione. Penso all’Africa. Abbiamo di fronte a noi un compito epocale: collegare saldamente e durevolmente il futuro dell’Africa all’Europa. Una storia dolorosa e ricca lega l’Europa e l’Africa. Ma molti paesi europei si stanno ritirando dall’Africa, che resta solo la terra degli immigrati verso l’Europa. La collaborazione allo sviluppo dell’Africa, la lotta alla malattia (penso alla cura dell’AIDS o a Ebola), e alla guerra, sono compiti europei. L'Africa ha bisogno dell'Europa. E' la vera riposta al flusso inarrestabile dell’emigrazione, che non sarà fermato alle frontiere o dai controlli nel Mediterraneo. E’ la rinascita economica e di speranza in Africa che lo ferma!
Facciamo nostro il sogno del presidente senegalese Senghor, uomo di cultura europea e africana: Eurafrica, due continenti uniti su di un piano di uguaglianza, l’uno che ha bisogno dell’altro. La prima missione dell’Europa si chiama Africa. Lì, trova senso l’essere uniti.
Un ulteriore appuntamento per l'Europa è la pace. L’Europa è stata l’origine di due guerre mondiali e della Shoah. Non potrà essere invece un paradigma di pace e di solidarietà universale? Non potrà dare un contributo decisivo alla storia di pace, invece che degradare nella cronaca? L’Europa nel mondo è un segno di pace. E’ un continente da settant’anni in pace. L’Europa una è molteplice: differenti lingue, tradizioni, culture, religioni, odori e sapori. L’Europa, nelle sue diversità, se unita, realizza la civiltà del convivere. E’ la civiltà che manca al mondo di globalizzazione omogeneizzante e appiattente, che reagisce con gli scontri di civiltà e di religione; che manca a un’economia inumana e senza umanesimo. La civiltà del convivere è la nostra risposta al terrorismo e a fondamentalismo.
L’Europa, diversa, unita, incarna la civiltà del convivere: suoi ingredienti sono il dialogo, il rispetto per ogni libertà, l’arte del vivere insieme. Oggi abbiamo più bisogno di Europa che ieri. Altrimenti la globalizzazione ci renderà irrilevanti e, ancor peggio, farà lo stesso con i nostri valori. Dobbiamo avere un’Europa unita, con la sua missione, per essere europei, per non diluirci, per esistere in un mondo grande e terribile. Più Europa unita farà il grande mondo assai meno terribile.
L’Europa non è un sogno lontano. Cari amici, noi siamo europei più di quanto ne siamo consapevoli. I cittadini dei nostri paesi sono più europei di quanto sanno. Le istituzioni europee contano molto nei vari paesi. Il tessuto umano e culturale, in cui viviamo, è europeo. Il compito dei cristiani è quello di dare un nuovo vigore e un nuovo slancio ai valori con cui i padri europei hanno fondato l’Europa. Perché l’Europa non sia soltanto dei padri, ma anche dei figli. |