Liturgia solenne e festosa per l'ordinazione episcopale di mons. Vincenzo Paglia nella basilica di San Giovanni in Laterano. Nella celebrazione, presieduta dal card. Camillo Ruini, da mons. Giovanni Battista Re e da mons. Franco Gualdrini, migliaia di persone si sono fatte attorno al nuovo vescovo con affetto.
OMELIA DI SUA EMINENZA IL CARDINALE CAMILLO RUINI
ALL'ORDINAZIONE EPISCOPALE DI DON VINCENZO PAGLIA
Roma, 2 aprile 2000 - San Giovanni in Laterano
Signori Cardinali, Eccellenze Reverendissime, Venerati Fratelli rappresentanti di altre Chiese cristiane, Onorevoli Autorità, carissimi Sacerdoti, cari fratelli e sorelle nel Signore, questa è una giornata di festa e di gioia per due Chiese: per la Chiesa di Terni, Narni e Amelia che riceve il suo nuovo Vescovo, pastore e sposo, e che è qui rappresentata da tanti sacerdoti e fedeli e in particolare da colui che è stato finora il suo Vescovo, il carissimo Mons. Franco Gualdrini, venuto ad imporre le mani al suo successore. Ma è grande festa anche per la Chiesa di Roma, che dona di cuore un sacerdote intimamente romano, alunno già del Seminario romano minore e poi del maggiore, vice parroco, assistente e guida spirituale della comunità di Sant'Egidio , cioè di un movimento ecclesiale che ha certo una proiezione internazionale ma che al contempo è tipicamente romano. Don Vincenzo, ancora, è stato parroco dell'antica Basilica romana di Santa Maria in Trastevere e prefetto della prefettura di Trastevere.
Proprio perché intimamente romano, don Vincenzo è proiettato, come Sant'Egidio, sul vasto mondo nella testimonianza della carità e nella costruzione della pace, cominciando dalle periferie di Roma e arrivando fino nel lontano Mozambico. E' impegnato nella preghiera e nel dialogo col mondo dei giovani, della cultura, della politica, della comunicazione sociale, sempre nello spirito della testimonianza a Cristo e quindi dell'evangelizzazione. Anche qui possiamo parlare di una ampiezza che si irradia da Roma, partendo da Sant'Egidio e da Santa Maria, dove si raccolgono giovani sempre nuovi, parrocchiani, gente diversa, fino ad attualizzare nel tempo quell'incontro e quello spirito di Assisi che tanto ha significato per il dialogo inter-religioso e per lo sviluppo di una cultura della pace. La conferma di questa gioia comune è la grande presenza vostra, presenza di laici ed ecclesiastici illustri che di cuore vorrei ringraziare, ed insieme presenza di tanti sacerdoti e fedeli di Roma, di Terni, Narni, Amelia, d'Italia e del mondo.
Mi sia consentito aggiungere che la gioia della Chiesa di Roma oggi è a titolo speciale la gioia del suo Vescovo, il Papa. Egli sempre si rallegra quando un nuovo membro entra nel Collegio dei Successori degli Apostoli, ma penso di poter dire che oggi la sua gioia ha un carattere speciale perché a don Vincenzo egli è legato da un antico e profondo affetto.
Ora, caro don Vincenzo, la tua vita e la tua missione vanno avanti sul medesimo solco lungo il quale si sono mosse finora, e nello stesso tempo cambiano, si fanno nuove e si arricchiscono. Certo, con la gioia, c'è anche la sofferenza, la sofferenza del distacco, sia pur relativo, sofferenza per te, per i tuoi parrocchiani, per la comunità di Sant'Egidio, per la diocesi di Roma, ma sappiamo che ogni crescita e rinnovamento passa anche attraverso la rinuncia e la prova. Cambiano il luogo e il quadro del tuo servizio, da Roma a Terni, da presbitero e parroco a Vescovo, con le specifiche responsabilità di questo ministero. Ma restano in pieno valore, anzi si approfondiscono, quelle grandi finalità riassumibili nei tre uffici, o "tria munera" di Gesù Cristo, degli Apostoli, dei loro Successori e di tutta la Chiesa, uffici che sono costitutivi del sacerdozio ministeriale. Questi compiti o uffici ti verranno ricordati sia nelle domande che ti rivolgerò prima di importi le mani, sia poi nei gesti simbolici che esplicitano e richiamano il senso della preghiera di ordinazione.
Il primo di questi uffici e di queste finalità è l'annuncio del Vangelo. Perciò, quando reciterò la preghiera di ordinazione, il libro dei Vangeli starà aperto sulla tua testa e poi ti verrà consegnato: Vangelo che è luce, Cristo che è luce, luce che illumina, che deve e vuole illuminare ogni uomo, la sua anima e il suo cammino, come Cristo, nel Vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato, ha reso la vista al cieco nato.
Allo stesso modo l'Apostolo Paolo, nella seconda lettura di questa liturgia, ci promette che Cristo ci illuminerà e ci esorta ad essere a nostra volta luce nel Signore e a vivere come figli della luce. Oggi - e tu caro don Vincenzo hai dimostrato di saperlo molto bene - è particolarmente necessario che la Chiesa intera, a cominciare dai suoi Vescovi, sia annunciatrice e testimone instancabile del Vangelo, seguendo l'esempio che ci dà ogni giorno il Santo Padre: è necessario che la Chiesa sappia incarnare ogni giorno il Vangelo nel concreto della vita delle persone, delle famiglie, delle città e delle nazioni, che lo faccia percepire come il pane nello spirito, che ci sostiene nel cammino.
E' necessario nello stesso tempo che la Chiesa sappia, come è detto in un'altra delle domande che ti rivolgerò prima di importi le mani, custodire puro ed integro il deposito della fede, conservato sempre e dovunque dalla Chiesa fin dal tempo degli Apostoli. Caro don Vincenzo, a noi Vescovi è affidata sotto questo profilo una responsabilità del tutto speciale e onorarla in concreto può comportare a volte difficili prove e pesanti fatiche, ma si tratta di prove e fatiche che ritornano in benedizione perché servono a garantirci che non diventi insipido il sale del Vangelo, che non perda quel sapore nuovo che ne fa - come scrive Paolo ai cristiani di Roma - potenza di salvezza per chiunque crede.
Il secondo ufficio, intimamente connesso al primo, è - come dice tutto un gruppo delle domande che precedono la preghiera di ordinazione - edificare il corpo di Cristo che è la Chiesa, perseverare nella sua unità con tutti i Vescovi e nella fedele obbedienza al Successore di Pietro, prendersi cura con amore di padre di tutto il popolo di Dio, in particolare dei Sacerdoti, primi collaboratori del ministero del Vescovo, e allo stesso tempo dei poveri, delle persone lontane, di coloro che hanno smarrito il cammino.
Simboli di questo ufficio sono da una parte l'anello episcopale, segno di fedeltà alla Chiesa sposa, di Cristo ed ora a Terni anche tua sposa e dall'altra parte il pastorale, segno della potestà e responsabilità del Pastore.
Carissimo don Vincenzo, tu hai già mostrato nella tua vita di sacerdote di saper tenere effettivamente unite queste molteplici dimensioni della carità pastorale, che si fa carico di edificare la Chiesa, di assicurare con l'arte di governo, concepita e vissuta come servizio umile e disinteressato, la sua interna armonia e la sua conformità ai fini per i quali il Signore Gesù l'ha istituita, di far sentire come l'amore e la misericordia di Dio siano vicini e solleciti di ogni persona, in particolare dei più piccoli e dei più lontani.
Caro don Vincenzo, tu sei stato in questi lunghi anni artefice di comunione nel presbiterio romano, questo presbiterio così ricco, per grazia del Signore, di Sacerdoti generosi ed esemplari. Sono certo che come Vescovo tu saprai essere, a più forte ragione, principio e artefice di comunione nel presbiterio della diocesi che ora ti è affidata.
Il terzo ufficio del Vescovo, ma anche l'anima degli altri due, è quello della preghiera, della presidenza della grande preghiera liturgica della Chiesa ma anche della preghiera intima e personale. Perciò, nell'ultima domanda che ti rivolgerò, ti sarà chiesto di pregare, senza mai stancarti, per il popolo santo di Dio e di confermare e di inverare questa preghiera con la santità della vita. La mitra che ti sarà posta sul capo è appunto il segno di questa santità che deve risplendere nelle persone dei Successori degli apostoli.
Siamo tutti, caro don Vincenzo, deboli e fragili, a volte disperatamente lontani da questa meta e sordi di fronte al Signore che ad essa ci chiama. Ma chiediamo ogni giorno perdono e non perdiamo comunque la speranza, la volontà e la fiducia di poter rispondere, nel tempo che ancora ci è dato.
Nella tua esperienza di sacerdote, caro don Vincenzo, tu hai del resto già saputo unire ad una attività instancabile e multiforme una costante cura della preghiera e della formazione alla preghiera.
Alla radice di tutti gli uffici che il Signore ci affida sta il dono dello Spirito Santo, che riceverai in pienezza attraverso l'imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione e che viene simboleggiato nel crisma che ti sarà versato sul capo.
La prima lettura di questa Eucaristia ci ricorda quanto sia antico, venerabile e fecondo questo rito dell'unzione, che già Samuele praticò sul giovane Davide quando egli era semplicemente un pastore.
Caro don Vincenzo, oggi tu ricevi un dono grande, che conferma te e noi tutti nella certezza umile e felice che tutto, nella realtà della vita, a prescindere dal nostro peccato, è dono di Dio, è frutto del suo amore misericordioso che ci previene, ci fa crescere, ci perdona e ci rinnova.
Custodisci dunque in te il dono dello Spirito, lasciati sempre più plasmare da lui e tieniti per questo vicino a Maria nostra madre, che dallo Spirito di Dio è stata colmata e resa feconda ed a lui è rimasta costantemente e integralmente fedele.
La Chiesa di Roma, che ti ha generato al sacerdozio, ti accompagna e ti rimane vicina mentre ti unisci nel patto del servizio e dell'amore alla Chiesa di Terni, Narni e Amelia, che ti accoglie felice come suo Pastore.
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SALUTO DI MONS.VINCENZO PAGLIA
AL TERMINE DELLA CELEBRAZIONE LITURGICA
Roma, 2 aprile 2000 - San Giovanni in Laterano
Questa santa liturgia è stata un inno di ringraziamento, perché il Signore ama il suo popolo in molti modi. Lo ama e lo assiste anche inviando pastori per reggerlo e servirlo; lo ama e lo assiste suscitando nuovi carismi. Oggi ha chiamato me per servire la Chiesa nel ministero episcopale, in particolare quella di Terni, Narni e Amelia. Mi sono tornate alla mente le parole che Gregorio Magno pronunciava in questa basilica lateranense, dove ha tante volte predicato: ricordava che chi è chiamato al ministero di vescovo deve "essere quotidianamente e in ogni cosa consapevole della propria debolezza". Faccio mie queste parole non per umiltà esibita nell'occasione, ma perché convinto che la forza del Signore risplende nella nostra debolezza.
Mentre mi preparavo all'ordinazione episcopale, durante gli esercizi spirituali, ho trovato le parole di Angelo Giuseppe Roncalli da lui scritte nei giorni precedenti la sua ordinazione. Annotava: "Sarò dunque vescovo. Quale spavento per me, che mi sento così miserabile e difettoso in tante cose!" Infatti, cari fratelli, dimenticare la propria debolezza è un peccato e un'illusione. Per questo, nella sua misericordia, il Signore ci ha chiamato a salvarci insieme nel vincolo della comunione della Chiesa, nel perdono, nella preghiera, insomma in una comunità e in un popolo.
E' quanto risplende oggi in questa basilica lateranense, mater e caput: in questa bella assemblea, così composita e ricca, che raccoglie i signori cardinali e numerosi vescovi, che ringrazio di cuore della loro presenza; assieme alle Autorità dello Stato e dell'Unione Europea, che ringrazio per aver voluto partecipare a questo sacro rito, unitamente ai signori ambasciatori della cui amicizia mi onoro; un assemblea che raccoglie tanti confratelli parroci romani, sacerdoti, religiosi e religiose, a cui sono grato; ma soprattutto tanti amici di ogni provenienza, più giovani o più anziani, di ogni condizione e ambiente, di Roma, di Terni, Narni e Amelia di altre origini: alcuni provenienti da lontano e altri venuti anche con fatica e con sacrificio. E raccoglie anche metropoliti, vescovi e pastori di Chiese cristiane, che ci richiamano a quel compito precipuo che è l'unità della Chiesa, anticipata nel nostro amore. Essi impreziosiscono questa assemblea.
Vi siete radunati per accompagnare l'ordinazione del nuovo vescovo di Terni, Narni e Amelia, coprendo con la preghiera e l'amicizia la mia debolezza; ma ci siamo stretti idealmente e realmente attorno al Santo Padre, il Papa Giovanni Paolo Il, che mi ha chiamato al servizio episcopale, dopo aver in tanti modi benedetto e sostenuto il cammino della Comunità di Sant'Egidio lungo i suoi 22 anni di pontificato. Per questo ho chiesto al card. Vicario, Camillo Ruini, che ha accettato con gioia, che fossi ordinato in questa basilica, cattedrale di Roma, vicino alla cattedra del Papa e per le mani del Vicario di Roma, oltre che di mons. Re, stretto collaboratore del Santo Padre, e del mio predecessore, mons. Gualdrini. Giovanni Paolo Il ha condotto la Chiesa nel terzo millennio, varcandone la soglia con il Vangelo. A lui va non solo la mia gratitudine personale da molti anni, ma quell'obbedienza fedele che ho promesso nel corso della liturgia, con un senso di comunione profonda che sale dal mio cuore e dalla mia vita.
Questa Chiesa di Roma, di cui il Papa è Vescovo, è la mia Chiesa fin dall'infanzia, quando entrai al Seminario Romano. Sono prete romano. Mi tornano alla mente il compianto cardinale Dell'Acqua da cui sono stato ordinato prete nel Settanta e che mi destinò alla parrocchia di Casalpalocco, e il cardinale Ugo Poletti, per tanti anni Vicario, che mi dette fiducia liberandomi per il mio servizio nella Comunità di Sant'Egidio che allora era agli inizi e che poi è cresciuta tra Roma e il mondo. Giovanni Paolo Il mi ha voluto parroco a Santa Maria in Trastevere, che ho servito con amore per 18 anni; e alla Madonna della Clemenza e della pace, ritornata sul suo altare, affido il mio nuovo cammino. Sono da 45 anni a Roma, in questa Chiesa, in questa città, che ha assunto sempre più - almeno nella mia vita - anche il ruolo di crocevia di incontro tra cristiani e di cercatori di senso e di pace. Sono romano di elezione, ma non di nascita. Ho la gioia di vedere qui mio padre e mia madre, che mi accompagnarono al Seminario Romano e che mi sono anche ora accanto, assieme ai miei familiari e ai concittadini. Avevo dieci anni quando lasciai i campi della mio paese; li ringrazio dell'attenzione con cui mi hanno seguito e che farà contento dal cielo il nostro compianto arciprete, don Giuseppe. Sono ora chiamato a partire nuovamente, questa volta per la diocesi di Terni, Narni e Amelia, per inserirmi come ultimo servitore nella successione dei suoi vescovi. Ho voluto che ci fosse tra gli ordinanti il venerato mons. Gualdrini, che per sedici anni ha retto la Diocesi e che ora si ritira nel silenzio e nella preghiera dopo aver ben meritato, per darci una nuova e diversa testimonianza. Questa liturgia sottolinea la successione che ci rende amministratori di qualcosa che non possediamo. Avrò l'onore di avere all'ingresso in diocesi anche l'ulteriore predecessore, mons. Quadri, per significare questo spirito di successione nell'abbandono, ma anche nell'amore.
A tutti voi, cari diocesani di Terni, Narni, Amelia, venuti così numerosi: al presbiterio diocesano largamente presente, alle Autorità e a tutti, dico il mio grazie per i segni di accoglienza sincera. A tutti, anche a quelli che si sentono estranei al mistero della fede che celebriamo, vorrei promettere il mio amore. Sono un vescovo del Giubileo: varchiamo la soglia del nuovo secolo, in un mondo in tanto mutamento, dietro al Vangelo, ascoltandolo, vivendolo, credendolo. Tutto il resto ci sarà dato. Ma la comunicazione del Vangelo, parola di Cristo vivente, si propone per la nostra Diocesi come la via prioritaria da percorrere per il prossimo secolo. Partiamo insieme dalla Pasqua, cuore della nostra fede. La Domenica delle Palme entrerò in Diocesi: per cominciare il mio servizio episcopale dall'abbassamento di Gesù nella sua passione, dalla liturgia crismale in comunione con il presbiterio diocesano, dalla Santa Cena, dalla gioiosa proclamazione della Pasqua.
Il Signore ama il suo popolo. Per questo ci manda. Ma, in questi ultimi tempi, come Giovanni Paolo II ha notato la Veglia della Pentecoste del 1998, l'amore del Signore ha arricchito la Chiesa di molti carismi. La Comunità di Sant'Egidio, frutto di questa stagione di fioritura di carismi nella Chiesa, ha rappresentato per me e per molti una scuola di amore per il Vangelo e la Chiesa, di servizio ai poveri, di passione per l'unità della Chiesa, di amore per il dialogo tra i credenti e per la pace tra i popoli. Sono formato in questa scuola. Ho imparato a non temere la debolezza, ma a accoglierla nella forza della grazia e del Signore. Per questo ringrazio della sua presenza, Andrea Riccardi, che ci indica da molti anni la via di un carisma al servizio della Chiesa, dei poveri e del mondo. Ringrazio tutti, le sorelle e i fratelli della Comunità di Sant'Egidio, che sono oggi qui tra noi, la cui comunione è impressa nel mio cuore e nella mia vita.
Un uomo nasce in un luogo determinato, ha una sua storia: sono grato al Santo Padre che abbia scelto un figlio della Comunità di Sant'Egidio per far parte del collegio episcopale. Sono grato che abbia pensato a un parroco romano. Sono grato di avermi affidato una diocesi tanto vicina spiritualmente alla Chiesa di Roma, immessa in quell'itinerario francescano tra l'Umbria e Roma che ci è scritto nel cuore.
Mentre sento l'obbligo di ringraziare tutti di persona, vi chiedo la carità di continuare la vostra amicizia e la vostra preghiera per me, in giorni che saranno nuovi per la mia esperienza. Ancora una volta ringrazio i Cardinali e i Vescovi che mi hanno imposto le loro mani, e in particolare il cardinale Ruini, Vicario del Santo Padre e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, di cui avrò l'onore di far parte in una comunione operosa.
Tra Trastevere, il Laterano e Terni, c'è una comune memoria che richiama Francesco d'Assisi. Si racconta che l'allora vescovo di Terni, Rainerio, dopo aver sentito parlare il santo sulla piazza, disse al suo popolo: "In quest'ultima ora, Dio ha illuminato la sua Chiesa con quest'uomo poverello". E volle entrare insieme con lui nella cattedrale. Con Francesco d'Assisi, uomo di Dio e del Vangelo, povero e umile, mi appresto a entrare nella cattedrale di Terni. Grazie!
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Consacrazione episcopale di mons. Vincenzo Paglia
Roma - Basilica di San Giovanni in Laterano - 2 aprile 2000
Consacrazione episcopale di mons. Vincenzo Paglia
Roma - Basilica di San Giovanni in Laterano - 2 aprile 2000
Mons. Vincenzo Paglia nominato Vescovo di Terni-Narni-Amelia
Riportiamo il testo del discorso pronunciato da S.E. Mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo Vicegerente della Diocesi di Roma, davanti alla Comunità riunita nella Chiesa di Sant'Egidio, sabato 4 marzo 2000 alle ore 12:00 e la scheda biografica di Mons. Vincenzo Paglia.
Sono lieto e rendo grazie al Signore per questo momento che stiamo per vivere insieme. Ho infatti la gioia di comunicare a tutti voi il contenuto di una lettera pervenuta a Sua Eminenza il cardinale Vicario da parte del nunzio Apostolico:
Eminenza Reverendissima,
Ho l'onore di comunicare a Vostra Eminenza che il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Terni-Narni-Amelia il Rev.do Mons. Vincenzo Paglia, del clero della Diocesi di Roma, Parroco della Basilica di S. Maria in Trastevere.
.......
Sua Eminenza, impegnato in questo momento nella celebrazione della Eucarestia per la Festa della Madonna della Fiducia in Seminano Maggiore, mi ha pregato di porgere al carissimo Mons. Vincenzo le sue più fervide e sentite congratulazioni e auguri per la nomina a Vescovo di Terni. A me tocca il compito di esprimere la partecipazione dell'intera Diocesi di Roma a questo evento che è insieme dono del Signore e del Santo Padre alla Diocesi di Terni, ma anche alla nostra Chiesa particolare di Roma, alla comunità di Sant'Egidio e ovviamente a Mons. Vincenzo.
Voi tutti lo conoscete bene, lo stimate e amate. Voglio tuttavia solo brevemente ricordare alcune tappe del suo intenso curricolo sacerdotale in questi anni.
La storia di una persona non è solo un'insieme di fatti e circostanze ma anche un disegno di Dio che si è sviluppato in essa secondo la sua volontà.
A queste note ufficiali mi permetto aggiungere una mia personalissima annotazione che parte dalla sincera e grande amicizia e affetto che ho sempre nutrito per Lui. Il Santo Padre ha voluto con questo gesto riconoscere non solo le qualità e i meriti di Mons Vincenzo, ma anche quelli della Comunità di Sant'Egidio così cara al suo cuore e verso la quale ha più volte espresso anche pubblicamente la sua benevolenza o considerazione.
Credo che questa nomina debba essere accolta da voi tutti non solo con grande riconoscenza, ma anche come stimolo a operare sempre meglio nell'ambito di quel cammino spirituale, pastorale e culturale che ha reso la comunità un luminoso punto di riferimento e di forza per la soluzione di tante situazioni di frontiera a Roma, in Italia, in Europa e nel mondo.
Certo la "partenza" di Mons. Vincenzo costa molto alla comunità e alla Diocesi di Roma in quanto da ora innanzi dobbiamo condividere la sua persona e il suo servizio con la Diocesi di Terni di cui diventa Pastore e Padre.
Ho detto condividere in quanto mi auguro, e ne sono certo, che pur nelle primarie nuove responsabilità a cui Mons. Vincenzo dovrà ora far fronte, la comunità di Sant'Egidio e la Diocesi di Roma troveranno pur sempre un ampio spazio nel suo cuore, nella sua preghiera di Pastore e nella sua disponibilità e generosità di servizio.
È un vincolo questo che non solo non viene sminuito, ma trova nuovo slancio e vigore dal dono dell'Episcopato perché si radica nella grazia della successione apostolica che abbraccia la Chiesa intera e ogni sua espressione con un amore ancora più grande ed efficace. E' su questo piano, al di là dei pure importanti legami umani e fraterni, che dobbiamo valutare la nuova situazione e rendere grazie al Signore per averla determinata secondo il suo misterioso, ma concreto disegno di amore.
Affidiamo a Maria salus populi romani e Madonna della Fiducia il ministero Episcopale di Mons. Vincenzo perché la Sua tenerezza di madre lo conforti e lo sostenga e lo guidi a riconoscere sempre il dono di cui è stato investito e l'amore di cui è stato destinatario. Possa Mons. Vincenzo corrispondere con quell'entusiasmo, quella profondità di spirito, quella apertura culturale e pastorale, quel coraggio profetico e deciso che l'hanno sempre contraddistinto, al dono ricevuto mettendo a disposizione della Sua Chiesa tutto se stesso con lo stesso amore e dedizione che ha avuto per la comunità di Sant'Egidio e la Chiesa di Roma.
Auguri carissimo Vincenzo e ti accompagni la preghiera e l'amicizia sincera di noi tutti.
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Scheda biografica di Mons. Vincenzo Paglia
Mons. Vincenzo Paglia è nato a Boville Ernica (Frosinone) nel 1945. Ha compiuto i suoi studi nel Pontificio Seminario Romano sia Minore che Maggiore. Prete romano, è stato ordinato sacerdote nel marzo del 1970 dal Card. Vicario Dell'Acqua. Inizia il suo ministero come viceparroco nella parrocchia di S.Timoteo a Casal Palocco. Si è laureato nel frattempo con una tesi sulle confratenite presso l'Università Lateranense, ove ha frequentato le facoltà di Filosofia e Teologia; ha conseguito quindi la laurea in Pedagogia presso l'Università di Urbino con una tesi sul vissuto della morte nell'età moderna. Dagli inizi degli anni Settanta fa parte della Comunità di Sant'Egidio di cui è assistente ecclesiastico. Nel '73 è nominato dal cardinal Poletti rettore della Chiesa di Sant'Egidio divenuta centro della Comunità. Mons. Paglia segue l'itinerario della Comunità nei suoi sviluppi a Roma e nelle altre parti del mondo. E' stato segretario del Comitato Diocesano per l'Anno Santo del 1975. Nel 1981 è nominato parroco di Santa Maria in Trastevere ed eletto prefetto della Terza Prefettura. E' quindi chiamato come segretario nella Commissione Presbiterale Regionale del Lazio.
Tra gli impegni di Mons. Paglia va ricordato quello in Albania. E' stato il primo prete che ha avuto il permesso di entrare nel paese prima ancora delle elezioni libere del marzo 1991, ed è stato membro della Delegazione Pontificia per la "Visita Pastorale". In questa veste ha ottenuto la riapertura del Seminario e la riconsegna della Cattedrale di Scutari, avviando inoltre le relazioni tra Albania e Santa Sede.
La sua attività di studioso è molto vasta. Ha pubblicato vari volumi di storia sociale e religiosa; tra essi sono particolarmente noti i suoi studi sulle carceri e sulla povertà: La "pietà dei carcerati" ; Roma 1980. La "morte confortata". Riti della paura e mentalità a Roma nell'età moderna, Roma 1982. La storia dei poveri, Milano 1994. E', inoltre, autore di vari testi di spiritualità; tra questi si possono citare Il Vangelo ogni giorno, Milano 1997. Lettera ad un amico che non crede, Milano 1998 All'alba del nuovo millennio, Milano 1999. Nel cuore di Dio. Le parole di chi crede, Firenze 1999.
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