Il primo gennaio, si è svolta a Novara la tradizionale marcia di pace organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio, Che si è snodata da piazza Cavour a piazza Duomo, con alcune soste in cui hanno portato le loro testimonianze persone di diverse confessioni religiose, provenienti da Paesi in guerra. Ad accompagnare la marcia, anche quest'anno la Banda musicale di Castelletto Ticino.
All'avvio l'intervento della responsabile della Comunità di Sant'Egidio, Daniela Sironi, ha ricordato come «la Giornata della pace con cui iniziamo l'anno ci invita ad alzare lo sguardo sul mondo, ad alzarlo dopo che la crisi ci aveva portato ad abbassarlo: e guardando da lontano noi vediamo quale privilegio di pace abbiamo, dunque una ricchezza da offrire e non una mancanza». «Abbiamo messo al centro il tema proposto da papa Benedetto XVI per questa Giornata, per comprendere che tutti possiamo essere operatori di pace.
E che c'è bisogno di ascoltare che cosa ci dice chi vive nei paesi in cui vi sono guerra e terrorismo. Questo il significato delle testimonianze odierne, che ci aiutino ad ascoltare ciò che da noi non ha molto ascolto». Così, ha concluso, «alzare lo sguardo è vedere che cosa possiamo dare ogni giorno, nel nostro piccolo, tirando fuori le energie per costruire la pace e rendere migliore il nostro Paese».
Quindi le testimonianze. Irfan Ali Sha, dal Pakista, musulmano ha spiegato come «oltre 35mila persone sono rimaste vittime di attentati terroristici dal settembre 2011» e ha anche ricordato come «la situazione dei cristiani è difficile: spesso sono oggetto di discriminazione da parte di gruppi estremistici islamici». Amadou Sall ha narrato la condizione in cui si vive nell'estremo sud del Sudan, dove «anni di trascuratezza e sfruttamento» hanno portato alla «crescita di un movimento : separatista» che ha originato trent'anni di conflitto con «più di 4mila morti e 11mila sfollati: una guerra "bassa intensità" che è uno dei tanti conflitti dimenticati».
Infine Rita Ajayi ha raccontato la situazione della sua Nigeria, il più popoloso Paese africano con il 48% di cristiani e il 50% di musulmani. «In questi anni la situazione è molto peggiorata con oltre 10mila morti negli scontri, di cui 3mila vittime tra i cristiani negli ultimi anni» fino allo scorso Natale. «Spero fermamente in un futuro di pace per il mio Paese -ha concluso - per questo vi chiedo di non dimenticarlo e di invocare su di esso il dono della pace».