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27 Ottobre 2013

Per la riconciliazione è necessario un consenso più ampio

In vista della firma del Patto repubblicano per la transizione da parte del presidente Michel Djotodia e del primo ministro Nicolas Ntiangaye, in programma una missione della Comunità di S.Egidio a Bangui. Indispensabili nuove consultazioni con l'arc

 
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Il processo di riconciliazione nazionale nella Repubblica Centrafricana, con la firma dell’Accordo di Roma nella sede della Comunità di S.Egidio il 9 settembre, ha subìto una battuta d’arresto a causa di vicende interne al governo centrafricano. Ma va avanti nonostante le difficoltà. L’obiettivo è arrivare presto alla firma del Patto repubblicano per la transizione da parte del presidente Michel Djotodia e del primo ministro Nicolas Ntiangaye. A breve partirà una missione per Bangui. Lo dice Mauro Garofalo, della Comunità di S.Egidio e mediatore degli accordi, che risponde all’appello dell’arcivescovo di Bangui, Dieudonné Nzapalainga, lanciato nei giorni scorsi in un’intervista al Sir: “Mi auguro che la Comunità di Sant'Egidio venga a parlarci, che la popolazione centrafricana sia informata e coinvolta e che l’accordo non sia legato solo ad una persona”. L’arcivescovo faceva riferimento al fatto che uno dei firmatari dell’Accordo di Roma, il ministro per la comunicazione, la promozione della cultura civica e la riconciliazione nazionale Christophe Gazam Betty, è stato licenziato dal governo. Ascoltiamo la voce del mediatore.

L’arcivescovo di Bangui lamentava la scarsa divulgazione dell’Accordo di Roma tra la popolazione…
“Le iniziative di S.Egidio hanno anche lo scopo di proteggere la comunità cristiana. Non spettava a noi fare un comunicato stampa sulla firma dell’Accordo. Ci aspettavamo lo facesse il governo. Forse non è avvenuto a causa del licenziamento del ministro. Abbiamo pubblicizzato i lavori a Roma e questo ha avuto un parziale riscontro nella stampa della Repubblica Centrafricana. Per quanto riguarda il Patto repubblicano, il documento non è stato ancora firmato da quelli che lo devono firmare, ossia il presidente e il primo ministro. Quel momento è stato rallentato dalle dimissioni del ministro Gazam Betty. Ma noi non vediamo l’ora di fare quel comunicato stampa”.

Come risponde la Comunità di S.Egidio all’invito dell’arcivescovo?
“Consulteremo al più presto l’arcivescovo e la Conferenza episcopale. Lo avevamo già consultato durante la nostra piattaforma politica per la riconciliazione e la transizione. Ci sono state delle difficoltà nel governo ma stiamo programmando una missione a Bangui prima di novembre per incontrare le massime autorità del Paese e dare seguito al Patto repubblicano scritto a Roma”.

Secondo mons. Nzapalainga bisognerebbe allargare la cerchia di interlocutori...
“Abbiamo provato ad allargare il più possibile la consultazione, anche se è difficile trovare un accordo politico con tutte le componenti del governo e della presidenza. È un lavoro in corso. Nelle prossime iniziative cercheremo di allargare il gruppo di delegati che sono venuti a Roma, e che comunque includeva rappresentanti del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), del presidente, del governo, dei leader religiosi e della società civile. Però ha ragione l’arcivescovo: essendo un dialogo politico bisognerà allargarlo”.

È normale, in un processo di riconciliazione in un Paese africano, perdere un interlocutore politico, come avvenuto con il ministro Gazam Betty?
“È piuttosto normale in una fase così concitata della vita politica del Paese. Temo che non sarà né il primo né l’ultimo all’interno del governo. A noi non importa lavorare per il futuro politico di una persona ma per il futuro politico del Paese. Quindi rimangono aperti i contatti con il presidente, con il primo ministro e con il Consiglio nazionale di transizione, al di là della sorte politica del ministro Gazam Betty”.

A proposito del ministro, la stampa locale fa riferimento a episodi di corruzione che lo riguarderebbero...
“Non andiamo a trattare i conti correnti dei nostri delegati. Sicuramente saranno coinvolti sia la presidenza sia l’ufficio del primo ministro - che sono in questo momento le massime autorità del Paese - con il sostegno del Cnt, una sorta di parlamento di transizione. Con questi tre elementi politici - giunta, leader religiosi e società civile - speriamo di andare avanti nel nostro lavoro”.

Le notizie sulle violazioni dei diritti umani che arrivano dal Paese non sono incoraggianti. Come può migliorare la situazione?
“Purtroppo in alcune regioni non c’è controllo, come a Bossangoa ed in altre città. Ce lo confermano i nostri amici centrafricani, la Croce Rossa, Medici senza frontiere e altre organizzazioni sul posto. Il miglioramento non può essere che lento e progressivo. Non dimentichiamo che per decenni il Paese è stato pressoché ignorato dalla comunità internazionale e che in alcune regioni c’è sempre stata instabilità. Se lo Stato non controlla una buona parte del suo territorio c’è un problema di diritti umani che discende dall’instabilità politica. Con l’aiuto di tutti bisogna ricostruire l’autorità dello Stato. Il nostro sforzo è in questo senso”.

Quale sarà il vostro prossimo passo?
“La firma del Patto repubblicano scritto dai delegati a Roma. Speriamo il prima possibile, ma in questo momento di difficoltà politica è impossibile indicare una data. Comunque andremo presto a Bangui”.


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