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28 Febbraio 2015

Palermo

Migranti, una sfida anche per la teologia

Un convegno della Facoltà teologica di Sicilia. Naro: «Sono queste le "periferie esistenziali"» Riccardi: «L'Europa deve avere una politica mediterranea» Sorge: «Il problema non si risolve chiudendo le frontiere, ma attraverso un nuovo umanesimo»

 
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La sfida sociale e culturale delle migrazioni attraverso il Mediterraneo che oggi si impone richiede «un discernimento critico riguardo alla congiuntura epocale che stiamo attraversando», anche alla luce dell'insegnamento di papa Francesco che insiste sull'importanza delle "periferie esistenziali", delle periferie dell'umano.
È don Massimo Naro, docente della Facoltà teologica di Sicilia, a tracciare gli obiettivi del convegno pensato proprio dai teologi siciliani di fronte alla situazione della sponda Sud del Mediterraneo e alle ripercussioni sull'Occidente. L'Is spaventa, ma la soluzione non può essere il blocco delle frontiere, né l'attacco armato. «Questo discernimento critico - dice Naro - vuole condurre a una comprensione teologica del fenomeno delle migrazioni mediterranee». "Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato?" è stato il tema dell'incontro che si è tenuto ieri a Palermo, in preparazione del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze.
Parole che in Sicilia assumono un significato speciale alla luce dell'impegno della Chiesa nell'accoglienza ai migranti in fuga da guerre e distruzione. Accoglienza: un termine a volte abusato dalla retorica della politica, se è vero - denuncia Cristina Molfetta, presidente di "Non solo asilo" - che la permanenza nei Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) e i tempi d'esame delle richieste non garantiscono la dignità della persona. «Chi deva essere tutelato di più, i minori, è quello trattato peggio», afferma.
E arriva dalla voce di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio ed ex ministro, la condanna all'attuale politica europea di gestione dei flussi migratori: «Il problema non è fermare i profughi, ma fermare il conflitto che ha già causato duecentomila morti. La chiusura della missione Mare Nostrum è stata una vergogna europea e in subordine italiana. L'Europa apra una politica prioritaria per il Mediterraneo. È necessario realizzare sulla sponda Sud uffici che rilascino visti umanitari, per evitare che la gente attraversi il cerchio di fuoco della morte nel Mediterraneo».
Leggere la complessità del mondo arabo è difficile, ma l'errore da evitare è «operare una semplificazione - continua Riccardi -. Il mondo globale è complesso e per la sua analisi richiede cultura, senso della storia e conoscenza della realtà. Non si può affrontare con la scure, va affrontato col bisturi». E poi «le soluzioni militari non producono pace, ma possono eternarsi, come avvenuto in Israele o in Iraq».
A mettere il dito sui nessi che ci sono tra le speranze religiosamente ispirate che i migranti portano dentro di sé e il rispetto della loro dignità personale, è stato l'intervento letto di monsignor Silvano Tomasi, osservatore della Santa Sede all'Onu. Periferie e frontiere che possono trasformarsi in un fronte. Ma è qua che si inserisce la necessità di un nuovo umanesimo, come sottolinea padre Bartolomeo Sorge, direttore emerito di Aggiornamenti sociali: «Assistiamo all'ambivalenza del fenomeno migratorio, come portatore di rischi e di opportunità. La sfida è fare del Mediterraneo un ponte e non un cimitero. Ma il problema non si risolve chiudendo le frontiere, né con le soluzioni di emergenza su cui ci siamo basati fino a ora. Occorre un umanesimo nuovo, vissuto e concreto».
Il terrore del fondamentalismo, però, esaspera le nostre paure, cavalcate da chi è contrario all'accoglienza dei migranti. «Il vero problema è che la cultura dominante è l'individualismo che corrode il concetto di solidarietà- spiega padre Sorge -. Avendo perso il senso della paternità, non ci si sente più neanche fratelli. Bisogna ritrovare l'unità di Dio Padre per recuperare la fraternità».


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