| 15 Luglio 2015 |
Bruxelles. «Il Centrafrica vuole votare in pace» |
Tavola rotonda, promossa da Sant'Egidio, per accelerare la riconciliazione del Paese segnato dalla guerra civile |
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La classe politica è pronta a prendersi in carico il destino del Paese? Questo l'interrogativo attorno al quale si è sviluppata la tavola rotonda sulla Repubblica Centrafricana organizzata ieri al Parlamento Europeo a Bruxelles dalla Comunità di Sant'Egidio. Una domanda, spiega Mauro Garofalo responsabile delle Relazioni internazionali della Comunità, cui si può rispondere con un moderato ottimismo.
«C'è ancora grande insicurezza nel Paese. Eppure - dice - una serie di indicatori economici vanno migliorando. Così come la situazione sociale, anche grazie alla presenza di un contingente Onu». A pochi mesi dalle elezioni (che però rischiano un ulteriore slittamento), l'annunciata visita di papa Francesco è stata accolta con favore da tutti i partecipanti, che ne hanno riconosciuto l'importanza storica e il valore aggiunto per il cammino verso la riconciliazione.
Un traguardo che non può fare a meno della partecipazione europea. Non solo perché, come riconosciuto da Louis Michel, inviato speciale della Francofonia presso la Repubblica Centrafricana, l'Europa è uno dei maggiori donatori del Paese, ma anche perché è solo attraverso la garanzia dell'Unione che si può sperare in un processo elettorale trasparente e democratico, come sottolineato dall'ex ministro dell'Economia centrafricano Christophe Bremaidou. Resta il problema dei gruppi armati: «Il punto è - spiega Garofalo - che il conflitto tra le due milizie (anti-Balaka, cristiane, e Seleka musulmane) non riguarda più l'odio religioso, e intacca una logica di coesistenza che era lì da anni. Non a caso - continua - Ibrahim Hassan Frede, portavoce dei musulmani del Centrafrica, ha evidenziato che la comunità islamica è vittima sia della violenza degli anti-Balaka sia di quella dei Seleka».
Matteo Marcelli
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