| 25 Settembre 2015 |
Colombia, arriva la pace dopo 60 anni. Governo e guerriglia si danno la mano |
Chi si pente e collabora avrà pene ridotte. Il ruolo decisivo della Chiesa cattolica |
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I tre in guayabera bianca, la camicia del Caribe preferita da Gabriel García Múrquez. Come in un romanzo del Nobel colombiano, mentre cala il sipario su un pezzo di storia dell'America Latina e l'anacronismo di una guerra da centinaia di migliaia di morti.
Lo Stato colombiano e la guerriglia marxista delle Farc sono stavolta a un passo dalla pace definitiva. Hanno siglato il quinto e ultimo punto di una scaletta fissata tre anni fa, e promettono di chiudere in sei mesi. I tre sono Juan Manuel Santos, il presidente colombiano, Rodrigo Londono «Timochenko», il leader della guerriglia, e, in mezzo, Raúl Castro. Cuba è stata lo scenario delle trattative e ora sede della storica stretta di mano. Non appare nella foto, ovviamente, ma ancora una volta la Chiesa di Roma si è sforzata nella mediazione, dietro le quinte.
Cuba, Castro, il Vaticano: è una storia che si ripete a distanza di pochi mesi. Se la guerra fredda tra l'isola e gli Usa è durata 55 anni, il conflitto interno colombiano è persino più antico, ne ha una sessantina. Ha provocato dolori atroci alla Colombia, morti, sequestri, stragi, milioni di rifugiati, esecuzioni sommarie, narcotraffico, arruolamento forzato di bambini e bambine.
Può tutto questo finire da un giorno all'altro ed essere dimenticato? Il punto sul quale le parti hanno faticato di più a trovare un'intesa - quella annunciata ora - è proprio quello della giustizia e dei risarcimenti alle vittime. Le Farc volevano un'amnistia generale per deporre le armi, la società colombiana chiedeva punizioni esemplari. Si è trovata una via di mezzo.
Tra un anno i guerriglieri scenderanno dalle montagne, usciranno dalla selva e deporranno le armi. Chi vorrà potrà entrare in politica, in una sorta di trasformazione dell'esercito comunista in forza politica regolare. I soldati semplici verranno perdonati e reinseriti nella società, mentre i responsabili di reati gravi avranno due opzioni: il pentimento e la collaborazione limiteranno le pene ad una fascia tra i 5 e gli 8 anni di prigione, mentre gli irriducibili potranno passare in carcere fino a vent'anni.
Per l'ex presidente Alvaro Uribe, l'uomo che per otto anni ha scatenato una guerra durissima contro le Farc, l'accordo è una resa indegna in uno Stato di diritto. Anche alcune famiglie di sequestrati e desaparecidos hanno espresso contrarietà a quelle che definiscono pene simboliche.
Ma dopo sessant'anni ha prevalso il buonsenso. Fino alla non facile decisione di Santos di volare a Cuba in gran segreto, lasciare che l'esercito lasciasse uscire dal Paese il super ricercato Timochenko per incontrarlo all'Avana e infine stringergli la mano. È nella formulazione della resa dei conti giudiziaria che qualcuno vede lo zampino della Chiesa, la quale da tempo auspicava un tocco umanitario alle punizioni. Le Farc avrebbero voluto incontrare papa Francesco a Cuba, non hanno raggiunto lo scopo ma hanno probabilmente tenuto conversazioni con qualcuno dell'entourage nelle ultime settimane.
In una nota la Comunità di Sant'Egidio si è definita «facilitatore» dell'accordo di pace. Un ampio articolo sull'Osservatore Romano, stamani in prima pagina, celebra l'accordo. Possibile anche che se ne sia occupato lo stesso segretario di Stato Pietro Parolin, che fu nunzio apostolico in Venezuela e conosce molto bene il conflitto colombiano.
Rocco Cotroneo
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