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Liturgia di ringraziamento per il 50mo anniversario della Comunità di Sant'Egidio

10 febbraio, ore 17,30 Basilica di San Giovanni in Laterano

 
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7 Settembre 2009 16:30 | Convento dei Domenicani

Contributo



Norvan Zakarian


Arcivescovo ortodosso, Patriarcato Armeno di Etchmiadzin

Cari Fratelli e cari amici,

 è con gioia ed interesse che partecipo a questo ventiduesimo congresso per la pace.

Ringrazio per il loro invito sua Eminenza il Cardinal Dziwisz e gli organizzatori di questo congresso, la Comunità di Sant’Egidio.

Ho l’onore di trasmettervi i migliori auguri di una buona riuscita e i saluti del Capo spirituale della Chiesa Apostolica Armena, Sua Santità Karekine II, Catholicos di tutti gli Armeni.

Partecipo a questo Congresso a suo nome e in quanto arcivescovo degli Armeni della diocesi della Francia e delle altre comunità dell’Europa Occidentale.

Cari amici,
Fin dal primo secolo della nostra era, il nostro popolo ha ricevuto la buona novella, portata da due degli apostoli di Gesù, Taddeo e Bartolomeo, e per primo ha adottato il cristianesimo come religione di Stato nell’anno 301.
Nel 2001, in occasione del 1700esimo anniversario di questo avvenimento, il papa Giovanni Paolo II ha dichiarato: “Il battesimo degli Armeni è stato un vero battesimo di sangue. Il martirio è uno degli elementi costanti della storia del vostro popolo. La sua fede è inseparabile dal sangue versato a testimonianza di Cristo e del Vangelo.”

È vero che durante tutta la sua storia, il nostro popolo si è sacrificato per la sua fede, fino a subire nel 1915 un vero genocidio che ha causato  la distruzione dei due terzi degli armeni dell’Impero Ottomano e la dispersione dei sopravvissuti in tutto il mondo.

Dopo aver ricordato qui il primo genocidio del ventesimo secolo andremo ad Auschwitz per rendere omaggio alle vittime della Shoà, il genocidio di un altro popolo molto antico, il popolo Ebraico. Lì rievocheremo insieme il ricordo dei sei milioni di Ebrei così come quello dei Russi, dei Polacchi e degli altri popoli europei, vittime, durante la seconda guerra mondiale, dell’intolleranza, dell’odio, del vandalismo. Questi drammi, che si sono prodotti nel cuore stesso dell’Europa, hanno mostrato ancora una volta che i crimini non riconosciuti e non condannati, spesso generano altri crimini e altre catastrofi.

Cari amici, se in questa conferenza dedicata alla pace noi ricordiamo questi avvenimenti del passato, non è per risvegliare sentimenti di odio o di vendetta, ma per ricordare la lezione della storia e rigettare i sentimenti ispirati dalle ideologie fondate sull’odio e l’ostilità.

Malgrado la volontà di dialogo e di pace che ci appartengono, milioni di uomini, di donne e di bambini continuano ancora oggi a subire le conseguenze delle guerre e delle violenze. Si ritrovano profughi, affamati e senza rifugio. I diritti umani più elementari gli sono rifiutati.

Il popolo armeno resta fortemente vigilante e solidale per tutte le  loro sofferenze fisiche e morali. La sua esperienza dolorosa lo incoraggia a mettere ugualmente in guardia contro le dimostrazioni di genocidi culturali. La profanazione e la distruzione di massa delle chiese  e dei cimiteri al di là delle frontiere dell’Armenia, ne sono esempi concreti. Pertanto, nessuna ideologia o intenzione politica può giustificare tali atti di vandalismo, provocati dalla discriminazione razziale o religiosa.

Uno dei maggiori insegnamenti della dottrina cristiana è l’amore di Dio per l’uomo e dell’uomo verso il suo prossimo. Spingendo la nozione di fraternità fino all’estremo, Gesù ci ha insegnato: “Voi avete imparato che è stato detto: amerai il tuo prossimo  e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico : “amate i vostri nemici, benedite quelli che vi maledicono”. Mt. 5, 43-48

Fortunatamente, nel racconto delle grandi catastrofi, dei grandi crimini, si trovano degli uomini e delle donne, dei Giusti, che hanno applicato i precetti della fraternità e dell’umanesimo, spesso  a rischio della loro vita, per proteggere dagli strumenti di tortura gli Ebrei d’Europa o gli Armeni dell’Impero ottomano. Oggi in Turchia, si trovano degli intellettuali  e degli uomini amanti della verità che alzano la voce contro la negazione del genocidio degli Armeni.

In una lettera indirizzata simultaneamente ai capi religiosi cristiani e a 138 sapienti musulmani, la nostra Chiesa ha ricordato l’accoglienza e l’opera umanitaria rimarchevole nelle quali si sono prodigati i paesi arabi nei confronti dei profughi del genocidio degli Armeni. Questi fatti del passato servono anche da esempio di coabitazione riuscita tra cristiani e musulmani.

Se noi ci rallegriamo di vedere numerose organizzazioni intervenire nella lotta per la pace, per lo sviluppo, per un avvenire migliore per l’umanità e la fine dei conflitti, noi consideriamo come prioritario il ruolo dei capi religiosi nella concretizzazione di questi obiettivi.

La parola del Vangelo dice : “Beati gli operatori di pace”.

Su questa parola del Signore, noi, Chiesa Apostolica Armena, salutiamo e incoraggiamo lo sforzo e la volontà dei capi spirituali per stabilire pace e riconciliazione tra le differenti religioni, sulla base della tolleranza e del mutuo rispetto.
Preghiamo Dio onnipotente che ci aiuti a riuscire in questa nobile missione, che ci invita a compiere.


Cracovia 2009

Il saluto di papa Benedetto XVI all'Angelus


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