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Liturgia di ringraziamento per il 50mo anniversario della Comunità di Sant'Egidio

10 febbraio, ore 17,30 Basilica di San Giovanni in Laterano

 
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7 Settembre 2009 16:30 | Palazzo del Comune di Cracovia – Sala A

Contributo



Aleksander Surdej


Economista, Polonia

Prof. Aleksander Surdej
Cracow University of Economics


Alcune confusioni diffuse tra gli economisti e le loro implicazioni sulla vita reale.

Intervento alla Tavola Rotonda XV „Questione Spirituale e Crisi Economica”
Cracovia, 7 Settembre 2009


    I principi dell’economia hanno rilievo nel momento in cui sono in grado di influenzare il comportamento degli individui e delle azioni di governo, sebbene questo impatto possa essere ritardato o risultare indiretto. Quindi, cosa c’è stato di sbagliato nel pensiero economico dominante e dove si annidano le ragioni di quei costosi errori, così come evidenziato chiaramente dalla attuale crisi finanziaria? In questo breve intervento sottolineerò tre dimensioni di problemi relativi al pensiero economico tradizionale dominante. Il primo problema può essere inquadrato nella confusione del significato e delle finalità delle attività economiche e, di conseguenza, dell’uso improprio delle misure che le rappresentano. La seconda tematica riguarda quello che può essere definito come l’illusione del benessere finanziario ed il peso ingiustificato affidato ai servizi finanziari. Il terzo problema scaturisce dal concetto di mercato e di attività economiche, ove questi vengano privati del loro contesto. Le dimensioni sopra citate richiedono un intervento di correzione al fine di creare e sostenere un’economia che si riveli, così, produttiva e adatta alle persone. 

II. Significati imprecisi sulle finalità

    Sebbene intuitivamente venga riconosciuto come valido il principio per il quale guadagnare un introito e accumulare denaro non sia l’autentica finalità dell’esistenza umana, ma piuttosto una necessità legata alla mera sopravvivenza  ed una condizione necessaria per altri, più preziosi, obiettivi non economici,  quando eleviamo il discorso ad un più ampio livello sociale, tendiamo a incoraggiare lo sforzo di incrementare gli introiti perdendo, così quella consapevolezza sul reale significato dell’azione umana. Ancor più pericolosamente, impieghiamo una misura di benessere, il PIL (Prodotto Interno Lordo) costruita su variabili che ignorano la necessità di differenziare tra attività e risultati che beneficiano la società da quelli che possono danneggiarla. Un esempio tra tutti, la produzione di sigarette e le spese sostenute per la cure mediche contro il cancro incrementano entrambe il PIL, benché la prima attività sia dannosa per la vita umana, mentre la seconda è finalizzata a garantire la salute delle persone. Il PIL, così come misurato correntemente, non tiene conto dei danni che causiamo all’ambiente ed alle condizioni di vita delle generazioni future: nonostante questo, nella percezione comune è ancora diffuso il convincimento che il PIL debba, o dovrebbe, continuare a crescere costantemente. La consapevolezza della sostanziale mancanza del PIL come misura di benessere, di ricchezza e del suo impiego come prerequisito per ogni risultato degno di valore, è quindi chiaramente errata e dovrebbe essere corretta.

III. L’illusione della ricchezza finanziaria come via esclusiva

    Il valore delle attività economiche è misurato in termini finanziari – in denaro. La finanza è importante per attivare e re-direzionare le attività economiche. Quindi il loro ruolo deve essere considerato rilevante, ma sussidiario per quelle funzioni che generano prodotti e servizi che possono soddisfare i bisogni umani. 
    I prodotti finanziari innovativi e la rivoluzione nelle telecomunicazioni hanno permesso di creare “un nuovo e coraggioso mondo di finanza globale” nel quale il denaro (o piuttosto l’elettronica, il codice binario o gli impulsi) si muove in “tempo reale” intorno al mondo, creando onde di “abbondanza di capitale localizzato” spesso “seguito da mancanze acute di capitale”: questi crea squilibri, “espansioni e frenate” – crisi finanziarie.
    Si sono dimostrate rilevanti talune difficoltà finanziarie e tecniche nel comprendere alcuni “prodotti finanziari”, che hanno attratto verso i settori finanziari talenti e riconoscimenti. Negli Stati Uniti il peso dei prodotti finanziari misurati come porzione del PIL ha raddoppiato il suo valore negli ultimi decenni, fino ad arrivare al 7% di esso. Ancora, il settore finanziario ha generato quasi un terzo dei profitti nell’intero settore delle imprese americane. Tuttavia, può la sola finanza produrre benessere? Possono talenti matematici generare, da soli, prodotti in grado di soddisfare bisogni?
    L’attuale crisi finanziaria ha diverse sfaccettature e profondità, che possiamo definire come cause strutturali, ma è innegabile che la finanza incontrollata sia indubbiamente stata la sua diretta causa. Questa crisi ha rivelato che i flussi finanziari possono trasformarsi in “armi di distruzione di massa della ricchezza”.

IV. Fallimento della decontestualizzazione dei mercati.

    Nella maggioranza della dottrina accademica i mercati sono definiti come transazioni ed attività guidate razionalmente dall’inseguimento del profitto. Perciò, l’individuo economico operante nella società è considerato un capace massimizzatore della propria funzione di utilità, in grado di risolvere complesse equazioni matematiche.
    Tali assunzioni semplificatrici, che avrebbero dovuto sviluppare proposizioni testabili, sono chiaramente false quando utilizzate per rappresentare la realtà: non solo, sono anche potenzialmente dannose quando impiegate alla base dello sviluppo di politiche. Infatti, c’è la tendenza di trattare tutti i mercati come sottoinsiemi dei mercati finanziari e di postulare che essi debbano essere sempre più mobili, sempre più fluidi, considerando questa come l’unica via per aumentare il benessere.
    Nella realtà, questo si traduce sempre in prosperità, in un aumento della ricchezza? Quando gli individui emigrano per lavorare (o per cercare un guadagno maggiore), distruggendo le loro famiglie e danneggiando la crescita dei loro figli, quanto ampio dovrebbe essere l’aumento del guadagno per compensare queste perdite?
    Anche se non possiamo fornire facilmente buoni rimedi per queste problematiche, questo non deve significare proibire che entrino nell’agenda delle nostre analisi. Un economista dovrebbe curarsi del fatto che un suo suggerimento potrebbe minacciare le opportunità di una persona di perseguire altri obiettivi.

V. Al posto delle conclusioni

Nel Suo messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace, lo scorso 1 Gennaio 2000, Giovanni Paolo II scrisse, “Forse è giunto il momento per una nuova e più profonda riflessione sulla natura dell’economia e suoi obiettivi. Ciò che appare assolutamente urgente è riconsiderare il concetto di “prosperità”, al fine di prevenire che questo venga inglobato in una limitata prospettiva utilitaristica, che lascia molto poco spazio ai valori, quali solidarietà e altruismo”.
Dopo quasi 10 anni ed alla luce della corrente crisi finanziaria, possiamo prontamente riconoscere la rilevanza assoluta di questa chiamata. Gli economisti dovrebbero andare oltre la costruzione e la verifica di modelli (matematici) basati su un ridotto insieme di assunzioni: anche nel caso in cui lo facciano per finalità di ricerca accademica, dovrebbero comprendere i limiti di tale approccio. Al fine di evitare queste distorsioni, essi dovrebbero chiarire, inoltre, che le misurazioni atte a definire il PIL devono essere affiancate da altri indicatori. Non dovrebbero trattare la finanza come un’attività auto-referenziale, ma dare maggior valore alle misure per ridurre la velocità di movimentazione del capitale e imparare a migliorare i mercati tenendo conto di quei valori e di quei principi che le persone vogliono preservare.




 


Cracovia 2009

Il saluto di papa Benedetto XVI all'Angelus


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