Luned� 6 Settembre 2004
Casa Ildefonso Schuster, Sala Pio XII
La lotta alla povert�: prima frontiera di un nuovo umanesimo

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Gianni Colzani
Pontificia Universit� Urbaniana, Italia
  

Nel Summit del millennio, l�Assemblea delle Nazioni Unite ha approvato l�otto settembre 2000 una Dichiarazione nota come Dichiarazione del millennio; al n. 19 proclama l�impegno a �dimezzare, entro l�anno 2015, la percentuale della popolazione mondiale il cui reddito � inferiore a un dollaro al giorno e la percentuale di persone che soffrono la fame e, entro la stessa data, a dimezzare la percentuale di persone che non sono in condizione di raggiungere o non possono permettersi di bere acqua potabile�. Si potrebbero ricordare molte altre prese di posizioni simili; in pratica tutte le istituzioni mondiali sono, a parole, schierate su questa linea. Dico a parole perch�, fermandoci all�O.N.U., basterebbe ricordare che gi� il Rapporto sullo sviluppo umano del 2001 ammoniva di non vedere comportamenti in linea con questi impegni.

In realt� bisogna riconoscere che la povert� � un problema complesso e multidimensionale che proietta le sue lunghe ombre su molte aree dell�esistenza umana, dalla salute all�istruzione, dall�economia all�ambiente. Mi viene in mente una battuta del Mahatma Gandhi: �Ricordate la faccia dell�uomo pi� povero e pi� debole che abbiate mai visto e chiedetevi se ci� che state pensando di fare avr� per lui una qualche utilit�; ne guadagner� qualche cosa? gli restituir� una qualche forma di controllo sulla sua vita e sul suo destino?�. In effetti le facce della povert� sono numerose: vi sono quelle delle donne e dei bambini, degli anziani e dei disabili, degli indigeni e dei migranti. La povert� ha molte forme ma, in qualunque modo si manifesti, l�esclusione sociale che l�accompagna costituisce una violazione della dignit� umana ed una minaccia alla vita stessa.

Di fronte a tutto questo, noi dobbiamo assumere una responsabilit� collettiva, una responsabilit� cio� vicendevole, verso l�ambiente, verso il futuro. Uniti da questa coscienza, dobbiamo operare a livello locale, nazionale, regionale e mondiale per dar vita ad un mondo diverso nel quale torni a risplendere la fiducia e la gioia della vita. La consapevolezza della interdipendenza tra sviluppo economico e protezione dell�ambiente, tra scelte sociali e decisioni politico-giuridiche ha portato alla nozione di �sviluppo sostenibile�, uno sviluppo cio� in grado di garantire il soddisfacimento dei bisogni attuali senza compromettere le possibilit� future. Il carattere sistemico e programmatico di questa prospettiva libera per definizione lo sviluppo, in quanto sostenibile, dalla pressione dell�esaurimento delle risorse e della produzione di rifiuti ma ha avuto anche significative ricadute sui modi di misurare la povert� e di controllare il cammino verso gli obiettivi concordati. I livelli di povert� ed i cammini di sviluppo sono misurati dalle dinamiche finanziarie, dal reddito pro capite e dal prodotto lordo, dai tassi delle nascite e della occupazione/disoccupazione.

Vi sono qui dati e osservazioni di cui ogni lotta alla povert� dovr� tener conto; i fatti hanno il loro peso e non possono venir semplicemente dimenticati. Resta per� da chiedersi se questa inquadratura sia sufficiente, se sia all�altezza delle sfide di una povert� globale. Nei suoi lavori, l�economista e filosofo Amartya Sen considera la povert� come �la privazione delle capabilities, delle capacit� fondamentali dell�uomo�; non � perci� riducibile a una semplice privazione di functions, di quanto cio� una persona � in grado o gli � permesso di fare. Il punto basilare � qui la comprensione della povert� nel suo contesto sociale: va compresa non solo partendo dallo sviluppo ma alla luce della dignit� della persona umana e delle sue possibilit�. Mi viene in mente E. Mveng, il teologo camerunense trovato assassinato, fautore della nozione di �povert� antropologica�, una nozione comprensiva anche della societ� e della sua storia, una storia di depauperamento e di schiavit� per il mondo africano.

Una simile visione ha svolto un ruolo decisivo nell�ampliamento della lotta alla povert�: non si tratta soltanto di una redistribuzione del reddito � cosa, per altro, gi� di per s� significativa � ma � necessario includervi il diritto ad una vita tutelata da malattie e da violenze, il diritto alla dignit�, all�autostima ed al rispetto. Il benessere � un modo di contrastare un futuro incerto e angoscioso ma l�impossibilit� di decidere la propria vita, l�impotenza politica e l�arbitrio del potere, l�esclusione dal sapere e la discriminazione tecnologica, l�intolleranza delle diversit� e la violenza eretta a sistema, sono forme altrettanto reali della povert�. La povert� non � pi� riducibile alle sole questioni della produttivit�, della competitivit� e del reddito. Anche l�impostazione dei �Rapporti� dello United Nations Development Program che decide di attenersi a tre fattori � la speranza di vita al momento della nascita, il livello di istruzione ed il reddito, stabilendo un massimo ed un minimo � risulta inadeguato. Lo sviluppo deve promuovere la persona umana nella sua totalit�.

Tutto questo pone un problema che vorrei esprimere con le parole di J. Nyerere. Come affronteremo questo impegno? con quali forze? con quali energie? Scriveva Nyerere: �Non ci facciamo nessuna illusione sulla difficolt� dell�impresa. Con un piccolo numero di socialisti, tentiamo di edificare il socialismo; con un piccolo numero di persone consce delle esigenze fondamentali della democrazia, tentiamo di realizzare il cambiamento con dei metodi democratici; con un piccolo numero di tecnici, tentiamo di trasformare le basi della nuova economia. Con una minoranza istruita, che tutta la sua formazione spinge alla ricerca della riuscita individuale, noi tentiamo di creare una societ� egualitaria�. Sta qui, in questo bisogno di umanesimo e di forze umaniste l�appello alle religioni.

Mi piace ricordare una osservazione di J. Comblin l� dove ricorda che la societ� moderna gira attorno a tre temi principali: la ragione, la felicit� e la libert�. �Possiamo dire � scrive il teologo brasiliano � che sono tre temi biblici e cristiani. Essi, per�, sono presentati come temi tipicamente moderni, estranei alla tradizione cristiana e persino opposti ad essa. In questo malinteso c�� tutto il loro dramma�. Il punto decisivo, a mio parere, non � far s� che le religioni corrano in soccorso della modernit� per puntellarla con tutta la loro generosit�; il punto decisivo sta nella convinzione religiosa che il �nuovo� mondo, la �nuova� umanit� di cui sentiamo il bisogno non scaturisce dalla nostre capacit� ma ci viene incontro come dono di Dio. In un tempo di crisi come il nostro non possiamo poggiare la nostra speranza sulla politica o sulla tecnologia ma sentiamo il bisogno di una ricomprensione del senso della vita e di un salto di qualit� etica che solo l�apertura al mistero santo di Dio pu� garantire.

Le religioni � almeno le tre grandi religioni monoteistiche � testimoniano una fede storica, in grado per questo di dare senso alla vita delle persone ed alle loro imprese. Non vi � nessun Dio se non il Dio che, con la potenza del suo amore, entra in questa storia di uomini e donne; non vi � nessun uomo che non porti in s� l�immagine di Dio. Per questo ogni religione comporta una passione per l�uomo; la fede cristiana, poi, lega alla incarnazione una onest� verso la vita ed alla resurrezione la speranza di chi � nella storia � coglie il di pi� che Dio vi sta seminando. Il Dio di Ges� non chiama a giudicare la vita ma ad immergervisi; la fede comprende un umanesimo, comprende la promozione della vita e la dignit� della persona.

Oggi la fede comprende la difesa e la promozione dell�umanesimo; di fronte a forme estreme di esaltazione del mercato o di riduzione della vita a dinamiche di scambio chimico, come in certi neuroscienziati, non � possibile parlare di Dio senza prendere le difese della persona umana. In questo impegno la fede, che per fortuna non � sola, ha un suo particolare apporto. So bene che, oggi, si pu� avere l�impressione contraria; il legare Dio alla violenza � e vi sono �terrorismi� in tutte le grandi religioni � non esige solo una purificazione delle memorie ma chiede anche una revisione critica delle speranze messianiche di cui si � portatori ed un ripensamento della propria autocoscienza di �popolo di Dio� o di �popolo eletto�. La sacralizzazione di un sistema, anche religioso, contiene in germe una radice di totalitarismo da cui guardarsi. Per questo occorre riconoscere che il regno di Dio, presente ed operante nella storia, si realizzer� pienamente solo nel futuro ultimo, solo nel futuro escatologico; questa consapevolezza ci eviter� di assolutizzare scelte storiche e di perdere cos� il punto d�appoggio per una sana consapevolezza critica di ci� che siamo e che facciamo.

Il nostro compito storico � quello di mantenere una coscienza aperta agli orizzonti delle promesse di Dio: quelle promesse che, illuminando il movimento che va dalla morte alla vita, indicano a tutti i credenti la strada della testimonianza e della solidariet�. In una societ� globalizzata, la testimonianza deve prendersi cura del livello economico ma anche oltrepassarlo per generare una rivoluzione degli stili di vita; come ha ricordato A. T�vo�djr� nel suo straordinario libro su La povert� ricchezza dei popoli, occorre poi una solidariet� effettiva, basata sulle differenze, che sappia rispondere alle aspirazioni creative di ciascuno ed ai veri bisogni di tutti. Occorre una solidariet� che si fondi sui popoli stessi pi� che sui governi e sulle politiche ufficiali, una solidariet� che presupponga il rispetto dell�altro, della sua cultura, del suo mondo.

In una parola, la lotta alla povert� non passa dalla universalizzazione del nostro modo di ragionare, dei nostri criteri e delle nostre organizzazioni; occorre invece favorire la corresponsabilit� di tutti. Quando un povero � perch� povero � � privato della possibilit� di decidere il proprio destino, non raggiunger� mai dignit� e maturit� umana, qualunque cosa gli venga permesso di avere. In questo modo � possibile appoggiare azioni locali che aiutino prima di tutto a soddisfare le necessit� degli emarginati, privi magari di importanza politica ma sensibili a questioni fondamentali che sono certo il cibo e la casa ma anche il lavoro, la salute, l�educazione ed un po� di pace e di libert�. In questo modo si diventa sensibili rispetto alle grandi questioni mondiali che chiamano in gioco la politica e l�economia, i rapporti internazionali ed il diritto.

In questo modo coltiviamo uno spirito veramente universale, aperto a tutti; in questo modo scopriamo di avere nell�umanit� una comune ricchezza da condividere tra partners corresponsabili. Vissuto cos�, il dramma della povert� potenzia la nostra capacit� di riflessione e la nostra possibilit� di accedere ad una vita autentica, una vita cio� indissociabile da un benessere diffuso ma aperto alla condivisione dei nostri valori e delle nostre speranze. Vorrei allora chiudere con le parole di una famosa canzone brasiliana che dom H. Camara citava come risposta all�interrogativo se tutto questo non fosse solo un sogno. Amava dire: �Quando uno sogna da solo, � solo un sogno. Quando si sogna insieme, � la realt� che comincia�. Possiamo pensare che oggi, anche qui, la realt� di un mondo solidale sia gi� cominciata.