Comunità di S.Egidio


Patriarcado
de Lisboa


24 settembre 2000
Centro Cultural de Bel�m - Grande Auditorio
Assemblea introduttiva

Abderrahman Youssoufi
Primo Ministro del Regno del Marocco

 

Signor Presidente
Eccellenze
Signori e Signore

Permettetemi innanzitutto di esprimere tutto il piacere che provo a trovarmi davanti ad una assemblea cosi' prestigiosa di uomini e donne di fede e di convinzioni, di cultura e di erudizione, di pace e di dialogo, in occasione di questa XIII edizione di Incontri Internazionali Uomini e Religioni.

Ai miei occhi e' significativo che questo incontro abbia luogo a Lisbona, capitale di un paese che e' caro a tutti noi e che, a motivo della sua privilegiata posizione geografica, della ricchezza della sua storia e del suo patrimonio culturale, ha la vocazione di radunare, avvicinare, unire.

Un paese dalla storia dapprima decisamente oceanica, dal presente e dall'avvenire in primo luogo europei, ma anche profondamente radicati nel sostrato comune mediterraneo. Un paese fondamentalmente legato alla cultura della pace, artigiano del dialogo e della concordia tra le nazioni.

Desidero ringraziare molto vivamente per questo gentile invito gli organizzatori di questo incontro, in particolare la Comunita' di S.Egidio, ma anche il mio amico, il Primo Ministro Antonio Guterres, come anche il Patriarcato di Lisbona e la Fondazione Mario Soares.

Mi sia permesso rendere omaggio insistente agli onorevoli membri delle Comunita' di S.Egidio, il cui nome � oggi universalmente associato alla ricerca ardente di soluzioni pacifiche a dolorosi conflitti e che contribuiscono ogni giorno di piu' a convincerci che "la guerra � la madre di tutte le poverta'".

Desidero ugualmente dire quanto siamo sensibili alla loro dedizione quotidiana e instancabile a favore dei piu' poveri, in particolare della comunita' [islamica?] immigrata in Italia.

Io li ringrazio per l'occasione che mi danno oggi non solo di ritrovare qui a Lisbona molti amici, ma anche di confermare, se fosse necessario, l'interesse che noi attribuiamo, il mio paese, il mio Sovrano Sua Maesta' Mohammed VI ed io stesso, al dialogo delle culture e delle religioni.

Signor Presidente

Permettetemi di esprimere il piu' semplicemente possibile, l'attaccamento sincero del Marocco e dei Marocchini ai valori di pace e di giustizia, di dialogo e di tolleranza che ci sono comuni.

La storia passata e presente del mio paese dimostra che i Marocchini sono, di natura, restii a ogni forma di esclusione o di intolleranza, quali che ne siano i fondamenti.

La storia dimostra la nostra avversione totale verso tutti coloro che, in nome della religione o di convinzioni, qualsiasi esse siano, seminano l'odio, la violenza e la discordia, offendendo fino a offuscarlo, il messaggio divino.

All'estremita' occidentale del Maghreb, il Marocco ha sempre voluto essere terra di accoglienza, di incontri e di mescolanza, dove hanno da sempre potuto e saputo coabitare in modo conviviale le tre religioni del libro, dove la chiesa, la sinagoga e la moschea non sono mai state lontane piu' di qualche strada, dove la tolleranza, il rispetto dell'Altro e la pluralita' delle culture sono elementi costitutivi dell'identita' stessa della nazione.

In un mondo dove l'accelerazione della mondializzazione si associa a zaffate di scatti identitari, i Marocchini pur restando legati alla loro identita' e alla loro religione, si oppongono a qualsiasi forma di ripiegamento su di se'. L'alterita' e' ai nostri occhi un arricchimento e non una amputazione.

In un mondo troppo spesso minato dalla violenza e dai conflitti, il Marocco ha sempre voluto essere un polo di moderazione, specialmente nel suo contributo agli sforzi di pace, certamente nel Medio Oriente, ma anche in Africa e nei Balcani.

Al crocevia tra l'Europa latina e mediterranea, tra l'Africa sub.sahariana e il mondo arabo musulmano, il Marocco � un protagonista a pieno titolo del dialogo tra le culture e le religioni.

Il Corano non esorta forse noi credenti al dialogo permanente? "Discutete con le genti del libro solo nel modo pi� cortese - tranne che con coloro che sono ingiusti - dite che crediamo a ci� che � disceso, e a ci� che � disceso verso di voi. Il nostro Dio � il vostro unico Dio, e noi gli siamo sottomessi."

Il Corano non mette forse in rilievo ci� che unisce le religioni del libro piuttosto che ci� che le divide?

"Noi crediamo in Dio;
a ci� che ci � stato rivelato;
a Abramo, a Ismaele, a Isacco, a Giacobbe e alle trib�;
a ci� che � stato dato a Mos�, a Ges�, ai profeti da parte del loro Signore.
Non abbiamo preferenza per uno di loro:
siamo sottomessi a Dio."

Mi fa piacere ricordare, in questo spirito, la visita oltremodo memorabile effettuata nel nostro paese da sua Santit� il Papa Giovanni Paolo II, e il suo incontro storico con il defunto Sovrano Hassan II, Amir Al Mouaminine, che la sua anima riposi in Dio. Un incontro nel corso del quale furono riaffermati vigorosamente i valori etici comuni alle religioni monoteiste, che sono: la pace e la giustizia, il rispetto della dignit� umana, l'amore e la fraternit�, l'umilt� e il perdono, la solidariet� e la condivisione, il dialogo e la non violenza.

Ci tengo ugualmente a ricordare, nello stesso senso, l'iniziativa pi� recente del mio Paese a tale riguardo, cio� l'organizzazione a Rabat nel febbraio 1998, sotto l'egida dell'UNESCO e dei Ministeri marocchini dell'Insegnamento Superiore e della cultura di un convegno sul tema "Il dialogo tra le tre religioni monoteiste, verso una cultura della pace".

Un convegno al termine del quale fu lanciato un appello solenne al dialogo tra tutte le convinzioni e le credenze, cos� come al rispetto della diversit� culturale e della libert� di culto in quanto ricchezze dell'umanit� e fondamenti di una pace durevole.

Signor Presidente,

il Mediterraneo, questo mare che ci � comune, questa matrice delle civilt� abramitiche, questo spazio marittimo che fu nel corso dei secoli, al centro di tutte le confluenze commerciali, culturali e spirituali, � ritornato ai nostri giorni, ad essere una frontiera, persino una frattura in termini di livello di vita e di sviluppo.

A Barcellona, nel novembre 1995, sono stati gettati tra i paesi membri dell'Unione Europea e i paesi del perimetro sud e ed est del Mediterraneo, i fondamenti di un processo globale di cooperazione, sulla base di un approccio che, per la prima volta include le dimensioni non solo politica ed economica, ma anche sociale, culturale e umana.

Il dialogo delle culture e delle religioni, cos� come il rispetto dei diritti dell'Uomo e della dignit� della persona umana sono divenuti in tal modo uno dei pilastri della cooperazione Euro-Mediterranea.

Ci tengo ad esprimere qui il nostro attaccamento allo spirito e alla lettera della Dichiarazione di Barcellona.

Anche se non possiamo essere soddisfatti delle lentezze e delle vicissitudini del processo Euro-Mediterraneo e della sua scarsa eco sul vissuto quotidiano dei popoli del sud del Mediterraneo, siamo ugualmente convinti che solo una accelerazione di tale processo, nel senso di una riduzione progressiva dei divari di sviluppo e di livello di vita, unita a un dialogo permanente delle culture e delle religioni, � tale da garantire una stabilit� e una pace durevole attorno al nostro mare comune.

Signor Presidente,

il nostro attaccamento alla pace � anche espressione del nostro attaccamento alla giustizia. Come voi tutti siamo intimamente convinti che non c'� pace senza giustizia, cos� come non c'� giustizia senza pace. La giustizia � parte integrante della pace ed � una condizione per poterla insediare.

Penso pi� particolarmente al conflitto del Medio Oriente che tutti noi ci auguriamo di veder sfociare il pi� rapidamente possibile sulla base della legalit� internazionale, in una pace giusta e durevole, che metta fine a decenni di rancori e di odio.

Penso ancora pi� in particolare alla citt� santa di Al-Qods, a Gerusalemme, cos� cara alle religioni del Libro e al nostro attaccamento alla salvaguardia della sua identit� religiosa, culturale e storica, in quanto punto d'incontro delle religioni e simbolo della tolleranza e della coesistenza.

Infatti abbiamo fretta di vedere aprirsi in questa regione del mondo una nuova era fondata sulla fiducia e la concordia, che sono il solo modo che pu� permettere di costruire una nuova realt� fatta di stabilit�, di sicurezza e di prosperit� condivisa.

Signor Presidente
Eccellenze
Signore e Signori

Il nostro incontro di oggi e' portatore di un messaggio di pace, di speranza e di futuro. Possano i momenti privilegiati che viviamo qui a Lisbona moltiplicarsi e rendere fecondo un dialogo e una comprensione reciproca durevoli al servizio delle generazioni future.

Vi ringrazio della vostra cortese attenzione.