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26 Agosto 2016

Andrea Riccardi / Religioni e civiltà

Il passato dei valdesi è prezioso per il futuro

Prima ostracizzati, hanno ricevuto i diritti civili solo nel 1848. Ora incarnano un legame tra evangelismo, senso della libertà e impegno umanitario

 
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A fine agosto, in Italia c'è un avvenimento religioso, cui non si presta troppa attenzione: il sinodo della Chiesa valdese e metodista. A Torre Pellice nelle Valli Valdesi, tra il 21 e il 26 agosto, accorrono ogni anno pastori e pastore assieme ai fedeli per una riunione che «esprime l'unità di tutta la Chiesa», dicono i testi ufficiali. Torre Pellice, una "Ginevra Italiana" per De Amicis, quasi cinquemila abitanti, porta nell'architettura l'impronta di una comunità che nell'Ottocento usciva dalla secolare ghettizzazione: il tempio, le istituzioni, il museo, le biblioteche.... Quella valdese è una (dolorosa) storia italiana. Per secoli, quasi un millennio, i valdesi hanno rappresentato l' "altro" di fronte ai cattolici italiani, che brutalmente non tolleravano la loro diversità. Hanno ricevuto i diritti civili solo nel 1848 da Carlo Alberto e aderito con entusiasmo al Risorgimento come causa di libertà. Tuttavia, fino agli Anni 60 del XX secolo, sono stati visti con diffidenza dalla Chiesa cattolica, timorosa della "propaganda protestante". Durante il fascismo, erano guardati come un cuneo nell'unità religiosa italiana. Il gesuita Tacchi-Venturi, ambasciatore ufficioso tra Pio XI e Mussolini, ne parlava aspramente al duce. Anche nell'Italia "clericale" della DC - come diceva Arturo Carlo Jemolo - erano fatti segno di diffidenza, tanto che il ministro dell'Interno Scelba riceveva in modo poco cortese il moderatore della Tavola Valdese. Uno storico e pastore valdese, Valdo Vinay, morto nel 1990, raccontava che, fino al Vaticano II, si sentiva considerato "straniero" in Italia.
Fedeltà al Vangelo e alla libertà ha accompagnato una storia cominciata ben prima della Riforma protestante: nel XII secolo, quando il mercante lionése Valdo, promosse un movimento evangelico e pauperista, simile per vari aspetti a quello francescano ma con esito differente nei rapporti con la Chiesa. Dopo alcuni anni, Valdo fu condannato e ostracizzato.
I suoi discepoli, detti valdesi, vissero alterne vicende, quasi sempre segnate dalla persecuzione. Alcuni, nascosti sulle Alpi piemontesi, sopravvissero come in un ghetto. Le montagne nel Mediterraneo - scrive lo storico Fernand Braudel - sono rifugio di minoranze "eretiche": così avvenne sul monte Libano per i drusi, perseguitati dall'islam sunnita. Nell'isolamento drammatico, la Riforma protestante apparve ai valdesi un evento insperato. Aderirono nel 1532 a quella ginevrina di Calvino. Questo portò ulteriori persecuzioni, come in Calabria a Guardia Piemontese, dove si parla ancora occitano: qui gran parte della popolazione valdese, immigrata dal Piemonte, fu trucidata o costretta a farsi cattolica.
È uno dei tanti episodi di violenza contro i valdesi ripetuti per secoli. Nella prima visita di un papa a un tempio valdese (a Torino nel 2015), Francesco ha chiesto perdono per queste vicende. La sua visita non è stata un atto rituale, bensì il frutto di cinquant'anni di rinnovati rapporti tra cattolici e valdesi: una svolta dopo secoli dolorosi vissuta in una rete di contatti e collaborazioni.
Oggi la stagione ecumenica potrebbe però quasi banalizzare l' "originalità" valdese. La Chiesa cattolica è cambiata. I contatti intercristiani si moltiplicano nel quadro del pluralismo religioso. A fronte di un vasto e nuovo mondo pentecostale e evangelicale, i valdesi sono poco più che 25.000 (e 13.000 in Argentina e Uruguay, frutto della migrazione). Restano invece rilevanti: per la loro storia e teologia, ma anche per la connessione dialettica con il vasto mondo degli immigrati protestanti e degli evangelicali, realtà nuova e cospicua del cristianesimo italiano. Incarnano un legame tra evangelismo, senso della libertà, impegno umanitario. Significativa la collaborazione tra loro e la Comunità di Sant'Egidio nei corridoi umanitari per i profughi siriani. Non è il numero, ma la storia, il messaggio, i saldi legami che qualificano la Chiesa valdese come presenza originale nella geografia spirituale italiana.


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