"Scoprivamo tante storie difficili, che avevano come protagonisti transessuali, drogati, piccoli delinquenti, famiglie lacerate con magari uno dei genitori in carcere. Bisognava difendere i ragazzini...". Parlare di Marilena Piazzoni significa parlare della Comunità di Sant'Egidio.
Non scriviamo solo per ricordare un'amica. Scriviamo soprattutto per rivivere in pochi passi - e con scarse parole, mai sufficientemente adeguate - un percorso che merita di essere conosciuto, condiviso, esportato. Un cammino che ha in sé qualcosa di eccezionale. La nostra comune amica è Marilena Piazzoni. Sociologa per scelta e psicologa "per necessità", oltre a essere vicepresidente del Centro Nazionale per il Volontariato ha diretto il centro adozioni internazionali della Comunità di Sant'Egidio, mantenendo e sviluppando rapporti con paesi come Albania, Burkina Faso, Costa d'Avorio, Madagascar, Vietnam, Cambogia. Ecco, parlare di Marilena significa parlare della Comunità di Sant'Egidio. E quindi di malati e di emarginati. Significa parlare della povera gente. Ma anche di idee, principi e valori. Tanto scontati per alcuni, così disgraziatamente indispensabili per altri. Marilena, insieme a tutti coloro che hanno contribuito alla crescita del-la Comunità, con il suo lavoro ci ha dato nuovi (e buoni) motivi per dare un senso diverso alle cose e alla vita. Quindi, cercando di lasciare lontani la nostalgia e quel vuoto personale conseguenza degli egoismi propri di certi sentimenti, facciamo nostro il ricordo attraverso le parole di Angelo Montonati, autore del libro (indispensabile) edito da Monti per ripercorrere la bella sto-ria della Comunità di Sant'Egidio: "Il sapore dell'utopia". Un racconto che va ben al di là della cronaca. Perché le vicende, qua riportate come testimonianze dirette, sono sempre meno per-sonali e sempre più coinvolgenti. Dalla genesi - con la collocazione in Trastevere, nella chiesina di S. Egidio (riaperta alla fede e all'accoglienza da Don Paglia, allora viceparroco a Casalpalocco) - sino alla scoperta e all'anticipazione dei nuovi bisogni. Che in altre parole corrisponde al riconoscimento delle nuove emarginazioni sociali, dei "tagliati fuori", tutto affrontato sempre con grande coraggio. Mai un passo indietro o un ripensamento. Anche se c'era il timore di sbagliare, anche se nessuno era dalla tua parte. Così era ieri, così è oggi. Un approccio alla vita sincero, dove laicità e fede hanno in comune due parole chiave: amicizia e accoglienza. Che insieme equivalgono, in sintesi, alla solidarietà verso l'altro. Chiunque esso sia. Non è un caso, poi, che il capitolo in cui Marilena si racconta abbia per titolo "Tra i malati di peste". Tutto inizia coi primi aiuti concreti portati ai bambini del Cinodromo e "l'impatto con una fede meno ritualistica". Un percorso fatto di tante storie difficili che hanno per protagonisti ragazzi ("... eppure una via d'uscita c'è, ed è quella che noi abbiamo sempre percorso: parlare al cuore dei giovani" diceva Marilena), tossicodipendenti e malati di Aids ("Alcuni muoiono senza avere nessuno accanto. Noi abbiamo il compito di non farli sentire soli"). Nel corso della sua vita Marilena è stata al fianco di tanti, tantissimi malati terminali. Gente col bisogno di perdono e riconciliazione. E allora ecco che le parole hanno necessità di trovare la loro concretezza. "Bisogna saper dire le parole della speranza", raccontava Marilena, "rispondendo alle domande su quello che viene dopo. Perché in quei momenti emerge il desiderio che tutto non finisca con la morte. Mentre cerchi le parole per consolarli, e per consolare te stesso, cominci a parlare di una vita che sta oltre la vita". Per chiudere riprendiamo, condividendole, le parole scritte da Montonati nella premessa: "In un mondo in cui pare che contino unicamente i soldi, i potenti e i belli, visti come esclusivi destinatari della felicità, l'aver toccato con mano la gioia sedendomi a tavola con un barbone, un extracomunitario, un tossico malato di Aids, un infermo mentale o un anziano, è la prova che la verità sta da questa parte. E scusate se è poco".