Ci siamo recati poi nella prefettura di Dakoro, addentrandoci per circa 250 km nel deserto del Sahara, dove abbiamo visitato 4 villaggi di nomadi di etnia tuareg e peul: Eggo, Issou, WEnnifi e Bermo.
Siamo stati accolti con grandi onori da questo popolo nomade, povero, che si sente in pericolo. La siccità, infatti, minaccia di uccidere, insieme alle persone, le loro tradizioni e il loro stile di vita.
Nel corso di quest'anno, la mancanza d'acqua ha ucciso le bestie, fonte del sostentamento di questo popolo di allevatori. Un capofamiglia ci racconta di aver perduto 75 vacche su 80, e 77 capre su 80. Un altro, che possedeva una mandria di 48 tori, ora ne ha solo 3. Dei suoi 15 montoni, non ne è rimasto neppure uno. Il valore di un toro è pari a circa 600 euro. Ma non si tratta solo di una perdita economica, seppure molto ingente. Gli animali sono tutto per un nomade del deserto. Gli uomini, fin da piccoli, si occupano delle mandrie (a volte le bambine vanno a scuola, ma per i maschi c'è subito la cura degli animali, insieme ai loro padri). Le bestie sono il loro lavoro, ma anche la loro dignità. Riceviamo notizia di un capofamiglia che aveva perso tutto e si è tolto la vita.
Abbiamo trascorso una giornata ad ascoltare il racconto di queste gravi sofferenze. E comprendiamo meglio l'utilità del nostro aiuto. La Comunità infatti ha predisposto l'acquisto di circa 250 capi di bestiame da distribuire in questi villaggi, per aiutare a ricostituire le mandrie. Il mercato degli animali, tradizionalmente, si svolge al termine del raccolto, che è in corso. Ancora pochi giorni, quindi, e arriveranno qui giovani vacche, capre e pecore.
La loro distribuzione alle famiglie che hanno perso in tutto o in parte le loro mandrie, permetterà di ricominciare le attività tradizionali e di assicurare così il sostentamento a tutto il nucleo familiare.
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