
La sera del 23 novembre 1980, un forte terremoto rase al suolo 36 paesi dell'Irpinia, una zona dell'Italia meridionale, al confine tra Campania e Basilicata, facendo migliaia di vittime (2735 morti e 8850 feriti).
Il disastro naturale fu di proporzioni enormi: interi villaggi rasi al suolo, strade interrotte.
Circa cento persone della Comunità di Sant'Egidio, da Roma e da Napoli, tutti molto giovani, (lavoratori e studenti universitari) giunsero nel giro di poche ore sul luogo del terremoto, per portare i primi soccorsi. Rimasero un lungo periodo (circa tre mesi) per esprimere amicizia e solidarietà alla popolazione colpita così duramente.
La Comunità organizzò un centro di distribuzione di vestiario e di viveri, aiutando allo stesso tempo a collegare i tanti casolari rimasti isolati nella campagna, che rischiavano di non essere raggiunti da alcuna forma di soccorso.
A Caposele, uno dei paesi più colpiti dal sisma, la Comunità aiutò a ricostruire una "anagrafe" dei cittadini, permettendo una corretta distribuzione degli aiuti e facilitando la costruzione dei primi alloggi provvisori. Un gruppo di operai, che aveva perso ogni fonte di sostentamento, fu aiutato a costituirsi in cooperativa, un'iniziativa che il papa Giovanni Paolo II sottolineò ricevendoli in udienza.
Da questo intervento sono nati tanti rapporti di amicizia durati nel tempo e che la Comunità ha curato con fedeltà.
Domenica 26 novembre,a venti anni dal terremoto, il Comune di Caposele ha voluto ricordare la presenza e l'impegno della Comunità di Sant'Egidio in quel momento così duro ed ha convocato una seduta straordinaria del Consiglio Comunale, cui sono intervenuti anche tutti coloro che ne facevano parte all'epoca, per consegnare ufficialmente una targa di ringraziamento alla Comunità. |