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13 Agosto 2001

Albania e Kosovo - Oltre tremila bambini alle colonie della Scuola della pace

 
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Sono oltre tremila i bambini e gli adolescenti che hanno preso parte alle colonie organizzate dalla Comunità a Tirana e Lezhe in Albania, ed a Bellobrad in Kosovo, dalla metà di luglio fino ad oggi. 

Mira Gianturco, Luca Calligara e Elena Sibani di Roma e Gianfranco Giromini di Novara sono tornati da poco dall’Albania e dal Kosovo. Come molte altre persone delle Comunità di Sant’Egidio europee, hanno trascorso lì parte dell’estate, organizzando le colonie della Scuola della Pace per centinaia, anzi per circa tremila, tra bambini ed adolescenti albanesi e kosovari. 

Si tratta della tappa di un’amicizia che dura da tempo, cominciata, per molti, nei campi profughi di Kukes e di Lezhe, durante la guerra del 1999, per altri, ancora prima.

Mira: Tra il mese di luglio e di agosto, abbiamo organizzato 16 colonie estive della durata di una settimana ciascuna, in molte località dell’Albania, a Tirana, a Lezha e nei villaggi vicini di G. Kastriot, G. Fishta, Shen Gjin, Tresh, Ishull Lezhe, ed a Bellobrad, in Kosovo. Noi eravamo circa 15 per ogni Scuola della Pace. A noi si sono affiancati adolescenti e giovani albanesi, sia per farci da interpreti, sia per il desiderio di collaborare. 
Il numero dei bambini che hanno partecipato alle nostre attività di “Scuola della Pace” ha superato ogni aspettativa. La maggior parte delle colonie aveva più di duecento iscritti. 

Luca: Per esempio, a Bellobrad, in Kosovo, ci aspettavamo circa 80 bambini ed anche lì siamo arrivati ad oltre duecento. Arrivavano a piedi o in bicicletta, dai villaggi vicini, ogni mattina, portando fratellini ed amichetti. 
Bellobrad è un piccolo paese di montagna, a 1.200 metri di altezza, non lontano da Prizren. Da lì provenivano molti dei kosovari che avevamo conosciuto nei campi profughi di Kukes, durante la guerra, quando erano stati costretti a lasciare le loro case.

Gianfranco: Non potrò mai dimenticare le loro facce quando ci hanno rivisto. Lo stupore: che ci fate, voi, qui? E poi una gioia incontenibile: i bambini ti saltavano al collo, mentre gli adulti si esprimevano in modo più contenuto, ma ci hanno accolto nelle loro case come si fa con un parente, un amico… gli amici dei momenti difficili.

Mira: Dopo qualche giorno di Scuola della pace, a Bellobrad è arrivato Feisal, di 14 anni. Si è presentato a scuola con la sua “carta di identità”: una foto fatta a Kukes con Baldo, un amico della Comunità. Aveva sentito dire che c’erano degli italiani ed era venuto a piedi dal suo villaggio, sperando che fossero i suoi amici: era proprio così. 

Gianfranco: Durante la colonia in Kosovo abbiamo organizzato delle feste nei villaggi. Era un modo di portare il messaggio della “Scuola della Pace” a tutti e di curare le ferite della guerra. 

Luca: Perché le colonie non avevano solo uno scopo ricreativo. Quello che si fa alla Scuola della Pace è fondare una vera e propria cultura della pace e della coabitazione. Tutte le nostre attività erano finalizzate a sottolineare l’importanza di conoscere ed amare la diversità. 

Mira: E’ in uno di questi villaggi che abbiamo incontrato dei profughi macedoni. In questo periodo, a causa delle gravi tensioni che ci sono in Macedonia, circa 10.000 macedoni di etnia albanese si sono rifugiati in Kosovo. Molti di loro sono stati accolti proprio nei villaggi di montagna attorno a Prizren. 

Gianfranco: Dopo questo incontro, abbiamo accolto dei bambini macedoni alla Scuola della Pace assieme al loro maestro.

Elena: In Albania, nella scuola di Shen Gjin, abbiamo accolto anche molti bambini zingari, che normalmente non vanno a scuola, infatti non sapevano leggere e scrivere. Allora abbiamo fatto una scuola di alfabetizzazione con 60 di loro. Era la prima volta che andavano a scuola e si sono trovati bene con gli altri.

Mira: A Tirana e a Lezhe, abbiamo fatto fino a 6 colonie di “Scuola della pace” contemporaneamente. Lì la situazione è diversa dalle montagne del Kosovo: sono le città più grandi dell’Albania e molti sono i ragazzi che passano le giornate per strada. Fare scuola della pace ha significato allargare gli orizzonti, parlare del mondo, dell’Africa, del lavoro minorile.
Da qui, è nato un gesto di solidarietà concreta: i ragazzi albanesi delle scuole della pace hanno organizzato un piccolo mercato di oggetti che loro stessi hanno realizzato durante le colonie per mandare il ricavato in Mozambico. 

Elena: Si. I ragazzi ed i bambini hanno preparato per tutta la settimana diversi oggetti da vendere: candele, uova, e sassi dipinti, giocattolini fatti con materiali di recupero che sono stati venduti in un piccolo bazar allestito per l'occasione. Con il ricavato, 16400 lek, circa 250.000 lire si potrà acquistare materiale didattico per una classe mozambicana per un anno. L'iniziativa non ha precedenti in Albania.


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