E' iniziato nel carcere di Matola il corso di educazione sanitaria per i detenuti, organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio.
"Non possiamo restare abbandonati!"
Il nostro primo incontro con gli 'ospiti' del Carcere di massima sicurezza di Matola avviene nella spoglia cappella del campo. E' una liturgia molto ben curata e la avvertiamo tutti come un momento dignitoso e alto della vita di questi uomini in divisa nera. C'è grande attesa nei nostri confronti e il saluto finale che porgiamo insieme alla presentazione del programma del corso di educazione sanitaria viene accolto calorosamente. Per un momento si dimenticano tutti i problemi di una vita difficile: un pasto unico al giorno, la mancanza di spazio nelle celle.
La situazione, nell'altra struttura adiacente che fa capo alla giustizia ordinaria , è anche peggiore: oltre 2000 detenuti sono stipati in spazi che dovrebbero accoglierne 800, a detta del direttore.
Le lezioni, che cominciano la settimana successiva, vedono una partecipazione straordinaria. Ogni prigioniero riceve una copia del manuale, un quaderno, una penna e un piccolo rinfresco. Il discorso sulla nutrizione e sugli alimenti che viene sviluppato ha un impatto profondo, perché viene percepito come uno strumento di resistenza e di sostegno alle condizioni di vita in carcere. E poi, come sempre, riscopriamo il grande valore della visita, soprattutto verso chi è abbandonato e senza sostegno.
Durante le lezioni ad ogni 'studente' viene misurato peso e altezza, per valutarne lo stato nutrizionale e come indicazione delle sue condizioni di salute. Malati e malnutriti vengono poi visitati e curati dai nostri medici. Ricevono farmaci e supplementi nutrizionali. E' la nostra prima risposta ad una domanda davvero grande. "Non possiamo restare abbandonati, anche se fuori abbiamo commesso qualcosa" ha esclamato oggi Jorge, nel suo discorso in rappresentanza dei detenuti alla inaugurazione del corso. "La Comunità si ricorda di tutti" gli abbiamo risposto.
Leonardo Palombi |