Due mesi dopo l’eruzione del vulcano, la situazione a Goma continua ad essere drammatica. Le notizie sugli aiuti della comunità: la Scuola della Pace, gli aiuti nei villaggi, il sostegno al centro per bambini “non accompagnati”.
A circa due mesi dall’eruzione del vulcano Nyiragongo, la situazione della città di Goma continua ad essere drammatica.
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La lava ha tagliato in due la città: la parte centrale, i quartieri più importanti, la cattedrale, l’ospedale, le scuole principali, parte dell’aeroporto, sono sommersi da circa 5 metri di lava, che in molte parti è ancora calda - e si calcola che prima di sei mesi non si raffredderà del tutto. |
Ora però la gente è tornata quasi tutta, anche se le case non ci sono più. La speranza di tanti è che, con la lava, la terra diventi più fertile.
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Anche alcuni della Comunità di Sant’Egidio di Goma hanno perso tutto e, come tanti, sono ospitati presso parenti e amici nella piccola parte della città rimasta indenne dalla lava.
Nonostante queste difficoltà, proseguono gli aiuti, che stanno raggiungendo centinaia di persone.
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La campana è tutto ciò che rimane
della Cattedrale, interamente
seppellita dalla lava
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Rivestire un villaggio...
Oltre 2 tonnellate di vestiti, arrivati dalle Comunità del Belgio, hanno letteralmente “rivestito” un intero villaggio (circa 600 persone, che vediamo in fila, nella foto, il giorno della distribuzione).
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Si tratta di una località poverissima, a 6 km da Goma, dove, a causa della guerra civile, non possono arrivare gli aiuti internazionali.
A Bukavu
A Ibanda, un quartiere sulla riva del lago, antico porto della città, sorge un grande complesso scolastico lasciato dai belgi.
Qui hanno trovato rifugio, il giorno dell’eruzione del vulcano, i primi che sono scappati con le barche attraversando il lago.
All’inizio erano circa 2.500 persone. Molte, ora sono tornate nelle case o hanno trovato una sistemazione. Ne restano 680. Per loro, il tempo di permanenza in questa struttura improvvisata, si presenta lungo: la lava ha completamente distrutto le loro case, ha coperto i campi. Non hanno più nulla.
Il centro è sotto la protezione della Croce Rossa, ma c’è solo personale para-medico. La Comunità di Sant’Egidio di Bukavu, di cui fanno parte alcuni medici e studenti di medicina, ha fatto in modo di coinvolgere l’Università perché fossero assicurati i primi soccorsi.
Nell’intervento di aiuto, oltre alla distribuzione di centinaia di kg di riso e farina di manioca, è stato fornito con regolarità anche il sapone. E la cura dell’igiene personale e degli ambienti è stata tenuta in primo piano.
Per aiutare a tornare ad una vita normale, un altro aspetto importante è stato l’inserimento scolastico dei bambini nelle scuole della città. Attualmente ci sono circa 250 bambini nel centro. 200 sono stati iscritti e vanno regolarmente a scuola- Gli altri 50, che non era possibile inserire, fanno la Scuola della Pace all’interno del centro.
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La scuola della Pace non è solo un luogo di studio per i bambini, ma è diventato un momento importante per tutti i sinistrati, perché è l’occasione per parlare, stare insieme, risolvere problemi concreti, a volta anche solo avere il conforto dell’amicizia.
Particolarmente utile e gradita è stata la distribuzione di materassi, che ha permesso di realizzare una sistemazione più “vivibile”. I tempi infatti, per tornare alla vita normale, si preannunciano lunghi.
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A Bagira, i bambini “non accompagnati”
Sulla collina, in un quartiere chiamato Bagira, c’è un centro dell’UNICEF, che accoglie i “bambini non accompagnati”, quei bambini cioè che, scappando dall’eruzione, hanno perso il contatto con i loro genitori.
Anche qui, la presenza di una Comunità si è rivelata preziosa: tanti hanno ritrovato le loro famiglie, perse nella confusione e nella disperazione della fuga dalla lava. Nel centro, dove c’erano circa 400 bambini, oggi ne restano 57. Ed il lavoro di ricongiungimento prosegue.
Francesco Tedeschi |