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5 Febbraio 2014

"La morte di un cristiano chiama alla pace". Ricordiamo don Andrea Santoro, ucciso in Turchia otto anni fa.

Riproponiamo la meditazione di Andrea Riccardi alla veglia di preghiera in Santa Maria in Trastevere il giorno dopo la sua scomparsa.

 
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Dal Vangelo secondo Matteo 10, 16-17; 21-24

«Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
Guardatevi dagli uomini; perché vi metteranno in mano ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per servire di testimonianza davanti a loro e ai pagani. Ma quando vi metteranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come parlerete o di quello che dovrete dire; perché in quel momento stesso vi sarà dato ciò che dovrete dire. Poiché non siete voi che parlate, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello darà il fratello a morte, e il padre il figlio; i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato. Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra; perché io vi dico in verità che non avrete finito di percorrere le città d'Israele, prima che il Figlio dell'uomo sia venuto.
Un discepolo non è superiore al maestro, né un servo superiore al suo signore.

Meditazione di Andrea Riccardi (6 febbraio 2006)


Cari fratelli e sorelle,
queste parole di Gesù sono rivolte ai discepoli. Ma noi spesso abbiamo dimenticato che ci riguardano. Tuttavia una pecora, un servo del Signore, un prete di Roma, Andrea Santoro, è stato ucciso come fosse in mezzo ai lupi. Il funerale sarà celebrato Venerdì. Ricordo le parole che Ghassan Tueni disse al funerale di suo figlio assassinato: "In quest'occasione non invito alla vendetta e all'odio, ma, insieme a mio figlio, voglio che anche l'odio sia seppellito per sempre". La morte di un cristiano chiama alla pace.
Don Andrea è stato ucciso a Trebisonda, nella piccola chiesa di Santa Maria, dove aveva celebrato l'Eucarestia della Domenica in quella ridottissima comunità. Ci fu un tempo in cui lì c'era una grande comunità cristiana. Chiese antiche, monasteri, liturgie in tante lingue e riti, quando il canto degli armeni si intrecciava con quello dei greci. Era l'inizio del secolo scorso. L'hanno cancellata massacri terribili e spostamenti di popolazione in seguito alle vicende politiche della prima guerra mondiale. La moderna città nasconde la storia di una sofferenza antica e tanti morti cristiani in viaggi estenuanti, in massacri, affogati in mare. Ma è storia di quasi un secolo fa.
Così è avvenuto in Turchia, un tempo terra anche di cristiani, perché patria della predicazione cristiana, dell'apostolo Paolo, cittadino di Tarso, e della sua evangelizzazione, delle Chiese dell'Apocalisse. Alcuni cristiani, pochissimi, fantasmi di una storia, come quelli del Tur Abdin siriaco (dove hanno resistito più di 1500 anni, ma ora non sono più). Sembrano resti di un naufragio storico. Privi di futuro. Storie antiche, su cui non si piange, anche se i nomi di quelle città sono familiari all'amico della Bibbia. Eppure qualcuno torna. A che fare? Andrea Santoro, sessant'anni, era partito attratto da una vocazione per quella terra. Missionario? Ma non chiamato al proselitismo, ma a dire con la presenza che Dio è amore: Dio ama tutti, lui, i cristiani, i turchi, i musulmani, gli ebrei. Non è una missione da poco.
Quella è una terra santa, benedetta dai piedi di coloro che hanno annunciato l'Evangelo: quell'Oriente da cui è sorto il sole della predicazione di Gesù, che ha illuminato il mondo. Non può restare senza la missione d'amore la terra che ha dato Paolo e tanti. Andrea Santoro, in una città turca del Mar Nero, lontano dal mondo romano, quello ecclesiastico o quello della periferia dov'era stato parroco, aveva scelto di vivere dal 2000 nella terra del tramonto del cristianesimo. Con tenerezza per la gente, con una pietà tutta romana, con simpatia, con tanta preghiera, aspettava l'aurora di un nuovo giorno. Con pazienza, senza fretta…
Domenica è venuta la morte. Una morte che - dicono - è stata inflitta da un giovane che ha gridato "Allah akbar" come grido di guerra. Follia? Certo un atto che si inquadra nel clima infuocato del mondo musulmano, almeno di una sua parte, dopo la scoperta delle vignette satiriche su Maometto. No, in quell'ora Dio non era grande, ma umiliato come nell'ora della passione: umiliato che si pronunciasse il nome dell'Eterno mentre si spargeva il sangue dell'amico. Non spetta a noi dire che questo non è islam; ma questa, certo, non è umanità.
Povero don Andrea: se ne è andato con i suoi sogni, con la sua bontà, con i suoi messaggi agli amici romani, con il suo sito, finestra sul Medio Oriente, con la sua passione per il cristianesimo orientale, per le memorie di un grande passato, per le briciole del presente. Prete buono, inquieto figlio del Concilio, compagno del nostro don Vincenzo, aveva mostrato la santità di un'inquietudine fattasi missionaria: esempio per i preti e i cristiani di Roma. A sessant'anni se ne è andato. Come una pecora in mezzo ai lupi.
E' un musulmano chi lo ha ucciso? "Il fratello darà a morte il fratello". Questo è grave. Torna la storia di Caino con Abele. Perché don Andrea era solo un fratello. Voleva essere un fratello dei musulmani. Come fratel Carlo di Gesù, ucciso stupidamente nel deserto del Sahara e beatificato da Benedetto XVI. L'assassino è sempre uno stupido. Don Andrea è morto come un fratello in una città deserta di cristiani, fratello tra uomini che amava. Fin quando i fratelli uccideranno i fratelli? Fin quando, come in Libano, le loro chiese saranno bruciate? "Chi sparge il sangue dell'uomo, dall'uomo il suo sangue sarà sparso, perché da immagine di Dio egli ha fatto l'uomo" -dice il Santo nel patto di Noé che ogni uomo è tenuto a rispettare, qualunque sia la sua religione.
Non ci saranno mani vendicatrici: non perché siamo deboli, ma perché sappiamo che "forte come la morte è l'amore". I sassi e i coltelli possono strappare una presenza d'amore, come quella cristiana, ma non impediranno di amare. Il sangue sparso è di chi è stato odiato per il nome di Gesù, chiamato Belzebù. Forse uno solo l'ha odiato, forse dieci o cento: non so. Ma la sua vita è Vangelo. Quel sangue sparso rivela a noi tutti quanto è preziosa quella terra. Sembra una terra che non dà frutti cristiani, inutile da coltivare, inutile spenderci la vita… Così alla saggezza comune. Ma non a don Andrea Santoro, prete della periferia di Roma, morto nella Turchia moderna, in cui lui vedeva ancora le orme degli apostoli.
Non dobbiamo anche noi, cari fratelli, amare di più quelle terre, i cristiani rimasti, i non cristiani viventi? Anche questo è amore: è un amore che sembra sterile, quello del tramonto, come quello per gli anziani. Ma senza questo tramonto -lo capiscono i martiri- non c'è aurora. E' un tramonto dorato, prezioso come il sangue degli amici di Dio, in cui misteriosamente è nascosta la resurrezione.

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