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Peace is the future

 
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8 Settembre 2014 16:30 | Thomas More, Campus Carolus, Aula 005

Intervento


Jerzy Norel


Vicario generale dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali

Introduzione

Saluti e ringraziamenti per l’invito a partecipare all’incontro e al panel.

Spiegazioni del metodo: Il tema sarà presentato più in forma di brevi osser-vazioni (flash) che di un sistematico elaborato. Nella presentazione seguirò la lettura teologica-spirituale e non sociologica. 

Osservazione sul titolo – ripartire dai poveri per arrivare ad una società più umana. C’è in questo titolo una verità, un programma, una strategia, un cam-mino, che personalmente condivido in pieno. 

Una società poco umana

Inizio con la costatazione, nota a tutti coloro che guardano alla realtà con at-tenzione, che la nostra società contemporanea è, e diventa sempre maggior-mente, “poco umana”. 

Cosi la descrive il papa Francesco nella recente enciclica “Evangelii gaudium”: L’umanità vive in questo momento una svolta storica che possiamo vedere nei progressi che si producono in diversi campi. Si devono lodare i successi che con-tribuiscono al benessere delle persone, per esempio nell’ambito della salute, dell’educazione e della comunicazione. Non possiamo tuttavia dimenticare che la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo vivono una quotidia-na precarietà, con conseguenze funeste. Aumentano alcune patologie. Il timore e la disperazione si impadroniscono del cuore di numerose persone, persino nei cosiddetti paesi ricchi. La gioia di vivere frequentemente si spegne, crescono la mancanza di rispetto e la violenza, l’inequità diventa sempre più evidente. Biso-gna lottare per vivere e, spesso, per vivere con poca dignità. [52].

La disumanizzazione della società moderna e della vita sociale, si fa notare at-traverso diversi fenomeni, come ad es. isolamento dell'individuo, fuga verso il mondo virtuale, culto della bellezza fisica e della giovinezza, poca compassione con i deboli, strumentalizzazione della vita umana individuale e delle società intere, sottomissione al guadagno economico, ecc. Per questa lettura del mon-do “poco umano” rimando ad alcune pagine della “Evangelii gaudium” di papa Francesco. Sono i numeri 52 e seguenti dove il Papa offre anche con toni forti e convinti le risposte alle minacce come: un’economia dell’esclusione; una nuo-va idolatria del denaro, che governa invece di servire; un’inequità che genera violenza, ecc.

“Ripartire dai poveri …” - Il segno del “povero”

Ma, perché dobbiamo volgere lo sguardo sui poveri e ripartire proprio da loro? Perché i poveri diventano per noi un segno!

Povero - chi e'?

Secondo la tradizione biblica il povero (insieme con orfano, vedova, stranie-ro/immigrato senza patria) significa la persona vulnerabile, "colui che è senza alcuna sicurezza umana"; egli, privato di risorse materiali e di diritti, non può contare su se stesso, sulla propria forza, sulla posizione sociale o ricchezza. Non può difendersi da solo. Per questo motivo Dio si prende cura del povero, Dio diventa suo difensore. Il povero nella sua condizione di vita dipende solo e totalmente da Dio (o da chi Dio provveda perché lo aiuti). Il povero, quindi, è proprio opposto di un “ricco”, una persona sicura di se, arrogante nella sua sicurezza, autosufficiente e concentrato su di se (nel Vangelo Gesù questo ti-po di persone chiama “stolto” che si fida della sua ricchezza dimenticando Dio e disprezzando il prossimo. (“Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidi-gia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni”; “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita” – Lc 12-13-20.)

I poveri non ci vengono dati per suscitare in noi una compassione per loro o perché diventino un continuo rimorso di coscienza sociale, ma ci vengono da-ti per ricordarci che noi tutti viviamo al cospetto di Dio che ha la primazia so-pra ogni cosa e sopra di noi, e siamo totalmente dipendenti da Lui (“che da un respiro ai viventi” e a ciascun vivente offre  “il cibo in tempo opportuno” – salmo 140). 

I poveri diventano per noi una indicazione, un segno che ci aiuta a riscoprire “l’umano”, il nostro “umano” fragile e bello.  

Se la cultura moderna ci fa credere nella onnipotenza dell’uomo, nella autosuf-ficienza e nel dominio sulla vita e sul creato, ma, paradossalmente, porta alla disumanizzazione dell’uomo, i poveri ci indicano la strada della primazia di Dio, che ridona all’uomo la sua umanità.  

“… per una società più umana” - la missione di umanizzazione della so-cietà contemporanea

Credo che la nostra missione inizia proprio qui: dobbiamo cambiare il nostro modo di guardare i poveri. Dobbiamo saper leggere la loro presenza come un segno per noi. [non un rifiuto del mondo, ma un segno da Dio – vedi France-sco e lebbrosi]

Dobbiamo “convertirci”, riconoscerci “poveri” anche noi, poveri in senso di ritornare al rapporto giusto con Dio e con gli uomini, bisognosi di Dio e degli altri uomini, rispettosi del creato, la terra e altre creature e persone, della loro dignità e diritti che provengono da Dio Creatore e contenti di vivere l’essenzialità della vita, una vita semplice e sobria. 

Di più, penso che diventare “poveri” sia anche la nostra chiamata, qualcosa di naturale e indispensabile. Diventare poveri, si, ma a un modo ben preciso – non poveri per forza (perché nati senza niente o senza le opportunità oppu-re privati dei beni) ma poveri per scelta (poveri in spirito – povertà evange-lica). Più ci vestiremo di questa “povertà di spirito” (per scelta), più divente-remo gli anawim del Signore, più ritroveremo la nostra umanità e contribui-remo alla umanizzazione del mondo attorno a noi. 

Per entrare nel concreto mi piace riprendere alcuni suggerimenti di papa Francesco offerti ai giovani durante recente incontro mondiale dei giovani (Brasile, Rio 2014): 

“Voi dunque mi potreste domandare: come possiamo concretamente far sì che questa povertà in spirito si trasformi in stile di vita, incida concretamente nella nostra esistenza? Vi rispondo in tre punti.

Prima di tutto cercate di essere liberi nei confronti delle cose. Il Signore ci chiama a uno stile di vita segnato dalla sobrietà, a non cedere alla cultura del consumo. Si tratta di cercare l’essenzialità, di imparare a spogliarci di tante cose superflue e inutili che ci soffocano. (…) Anche per superare la crisi econo-mica bisogna essere pronti a cambiare stile di vita, a evitare i tanti sprechi. Così come è necessario il coraggio della felicità, ci vuole anche il coraggio della so-brietà.

In secondo luogo, abbiamo tutti bisogno di conversione per quanto riguarda i poveri. Dobbiamo prenderci cura di loro, essere sensibili alle loro necessità spi-rituali e materiali. (…) Non riempiamoci la bocca di belle parole sui poveri! In-contriamoli, guardiamoli negli occhi, ascoltiamoli. I poveri sono per noi un’occasione concreta di incontrare Dio (Cristo) stesso, di toccare la sua carne sofferente.

Ma – e questo è il terzo punto – i poveri non sono soltanto persone alle quali possiamo dare qualcosa. Poveri hanno tanto da offrirci, da insegnarci. Abbiamo tanto da imparare dalla saggezza dei poveri! (…) In un certo senso i poveri sono come maestri per noi. Ci insegnano che una persona non vale per quanto pos-siede, per quanto ha sul conto in banca. Un povero, una persona priva di beni materiali, conserva sempre la sua dignità.

A questo punto desidero esprimere una gratitudine particolare verso la Co-munità di Sant’Egidio che in questo ultimo aspetto ci insegna qualcosa di im-portantissimo: il rapporto con i poveri, che vivono la condizione della po-vertà imposta (debolezza, marginalizzazione, fragilità, ecc.) non è principal-mente quello del “lavoro per i poveri”, il “darsi da fare per aiutare i poveri”, ma quello di “stringere un amicizia con i poveri”, vivere in un rapporto di comunione basato sulla dignità e solidarietà umana, che, non risolve imme-diatamente le carenze materiali, ma aiuta a superare la marginalizzazione e ritrovare l’umanità. Grazie! Noi frati, che si chiamano “minori” e che cercano di vivere nella loro vocazione opzione privilegiata per i poveri, vogliamo e dobbiamo imparare da voi. 

 

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