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Peace is the future

 
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9 Settembre 2014 17:00 | Centro città

Meditazione


Olav Fykse Tveit


Segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese

Camminiamo insieme in pace ed amore

Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, o il pericolo, o la persecuzione, o la fame, o la nudità, o il pericolo, o la spada? 36 Come è scritto: Per amor di te noi siamo tutto il giorno messi a morte; siamo stati considerati come pecore da macello. 37 Anzi, in tutte queste cose, noi siam più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati
Rm 8: 35-37

 

Fratelli e sorelle, vi saluto nella gioia e nella pace di Cristo

Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Chi e cosa ci possono separare dall’amore di Cristo?

Siamo riuniti qui nell’anno in cui ricordiamo come la guerra possa separare l’umanità, nei campi di questo paese, di questo contienente, toccando tante parti del mondo. Morirono milioni di persone, un numero ancora più grande di persone fu separato dai suoi cari proprio da tribolazione,  pericolo, persecuzione, fame,  nudità,  pericolo, spada – e altre armi. Gli esseri umani, soldati e civili, soffrirono – come sempre succede quando la guerra diventa realtà. Molti furono vittime di genocidio.

In questi giorni siamo accomunati dalla preoccupazione per come tribolazione, violenza, terrore e guerra si siano sviluppati in altre parti del mondo – e ancora una volta in questo continente – e per il fatto che persone che sono vissute insieme in una stessa città o paese, siano ora costrette a separarsi, costrette  a fuggire dalle proprie case e dai propri vicini. Alcuni sono perseguitati per la propria fede, alcuni sono stati sequestrati per la propria identità religiosa. Pensiamo all’arcivescovo Mar Yohanna Gregorios Ibrahim e all’arcivescovo Paul Yazigi e ai molti che sono presi in ostaggio, separati dal loro cari e dai loro santuari, dalle loro diocesi da una violenza senza senso.

Il mio pensiero va alla gente in Sud Sudan, dove i signori della guerra cercano il proprio interesse nel nome delle loro tribù e costringono le persone a dividersi una contra l’altra e le espongono a fame e pericolo. Penso alla Corea dove una guerra non ancora conclusa separa famiglie e popoli tra il nord e il sud del paese. Penso ai nomi di luoghi e paesi in cui regna la violenza e di cui abbiamo sentito parlare tutta l’estate, Israele, Palestina, Gaza, Nigeria, Ucraina e molti altri, paesi e regioni, in cui le persone non vivono più le une accanto alle altre, ma in conflitti che dovranno essere risolti con strumenti politici finalizzati alla pace e alla giustizia e non aumentando la violenza militare; penso a paesi in cui gli esseri umani non sono in pace con il creato e combattono contro gli effetti del cambiamento climatico. 

 

Separazione, guerra, si alimentano l’una con l’altra. Il potere del peccato, della violenza e della morte ci divide e ci separa in quanto essi umani creati dal Dio della vita per l’amicizia reciproca.

Un secolo fa quando questo luogo e questo continente furono un campo di battaglia, morirono soldati, le case furono distrutte – insieme a molte illusioni.  Molti furono separati anche dalle loro convinzioni e dalla fiducia nel progresso dell’umanità, soprattutto dalla fede e dai valori europei, condivisi qui e in altre parti del mondo.

Quando la prima guerra mondiale finì, molti posero quello che restava della loro fiducia nei trattati internazionali e negli accordi tra gli imperi finalizzati ad un nuovo ordine. I popoli della terra non avrebbero davvero più visto la guerra.

Sappiamo che questa non fu la conclusione. Questa città e questo paese e i popoli furono trascinati in violenze ancora più feroci e in maggiori pericoli.

Dopo la prima guerra mondiale e ancor più dopo la seconda, i leader mondiali presero nuove iniziative per affrontare e prevenire i conflitti con un approccio politico e diplomatico, creando istituzioni multilaterali, alcune delle quali hanno sede nella mia città, Ginevra. Il Consiglio Mondiale delle Chiese fu ideato prima, ma realizzato solo dopo la II guerra mondiale, per evitare che le chiese fossero divise da guerre e conflitti e anzi diventassero promotrici di pace e costruttrici di pace. La storia della divisione e della guerra era stata ripetuta. Era ora di riconoscere insieme che c’è qualcosa di più forte dei poteri di separazione e guerra. “Dio unisce, il Nemico divide”, era uno dei temi della prima assemblea del Consiglio Mondiale delle Chiese di Amsterdam nel 1948.

Tra le storie più esemplari della I guerra mondiale, vi sono quelle di come i soldati si incontrassero e si parlassero tra le frontiere e si riconoscessero fratelli e compagni. Qualcosa esiste di più forte delle divisioni della guerra e dei conflitti.

Alcuni di voi che sono oggi riuniti qui provengono da realtà dove la vita è in pericolo e dove dominano forze apparentate con la morte. Insieme abbiamo il coraggio di innalzare i nostri cuori e le nostre voci per pregare per la giustizia e la pace per tutta la creazione di Dio. Cosa alimenta le nostre motivazioni? Come giustifichiamo l’azione della nostra fede?

Paolo scriveva ai Cristiani della comunità di Roma, il centro potente del grande impero. Molti cittadini romani riponevano la loro fiducia nella pretesa imperiale che Roma fosse il centro della giustizia, della pace e del potere. Tutte le speranze di giustizia e pace erano riposte lì. Paolo aggiunge qualcosa d’altro. Egli fornisce una chiara giustificazione delle motivazioni e della fede, per incoraggiare e ispirare questa stessa fede nella comunità, una comunità che, come lui stesso, ebbe molta familiarità con persecuzioni, violenza, perdita.

Gli imperi – grandi o piccoli – sono temporali. Essi possono e devono promuovere la giustizia e la pace. Ma essi promuovono anche interessi personali, spesso a spese degli interessi e del benessere di molti dei più deboli. Gli imperi nascono e cadono. Non hanno mai l’ultima parola.

La giustizia di Dio dura per sempre. La giustizia di Dio non si manifesta nel potere degli imperi, ma nella fedeltà a noi. Si esprime nella morte, resurrezione e vita di Cristo. Tutto viene detto e incluso nella Croce. Se Dio ha potuto essere lì, Dio può essere con ogni essere umano in ogni situazione. “Colui che non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma l’ha dato per tutti noi, come non ci donerà egli anche tutte le cose con lui?” (Rm 8: 32). Così alla domanda di chi ci separerà dall’amore di Cristo, Paolo risponde gioiosamente: Nulla e nessuno possono separarci dall’amore di Dio in Gesù Cristo. Perché è l’amore del Cristo crocifisso e risorto.

La giustizia di Dio si alimenta dell’amore di Dio.

Perciò possiamo pregare come abbiamo fatto nella decima assemblea del Consiglio Mondiale delle Chiese a Busan in Corea: Dio della Vita, conducici alla giustizia e alla pace. Da allora abbiamo iniziato un pellegrinaggio di giustizia e pace. Siamo chiamati a partecipare in questa vita ai beni del Regno di Dio. Siamo qui per essere parte della risposta, chiamati a mostrare che nulla ci può separare dall’amore di Dio. Dio ama anche i nemici. L’amore di Dio non finisce mai (1 Cor. 13:8).

Questa speranza ci inviata a procedere nella fede. Con tutti i popoli, che sono creati per vivere in amicizia e non nella separazione.

AMEN

 

 

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