| 23 Agost 2015 |
«Nient'altro che una mossa ad effetto» |
Hernandez Guevara: "sbagliato rinchiuderli, imparano solo la violenza". L'operatore di Sant'Egidio lavora a San Salvador: sono decisioni che portano voti, vanno risolte le cause strutturali. «Ma questo richiede tempo e coraggio» |
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«I raggi sono così affollati che si ha difficoltà a passare. I letti, quando ci sono, sono materassi sfondati. Di rado le autorità hanno il controllo di quel che accade dietro le sbarre: a gestire la struttura sono i detenuti più potenti. E spietati. Le carceri latinoamericane sono «accademie del crimine». Che senso ha spedirvi anche i 16enni? Perché diventino delinquenti professionisti?». Francisco Hernàndez Guevara, 29 anni, è cresciuto ad Apopa, nella violenta periferia di San Salvador. Uno dei bastioni delle "maras", le gang criminali che seminano il terrore nel Paese.
«Ho visto amici entrare nelle bande per illudersi di essere qualcuno. Quando i tuoi genitori sono emigrati negli Stati Uniti e li vedi via skype di tanto in tanto, gli insegnanti hanno troppi alunni per ascoltarti, la società ti preclude ogni possibilità e, al contempo, ti sbatte in faccia tutto quello che non potrai mai avere, è facile farsi reclutare dal crimine...». Francisco, invece, ha fatto un'altra strada. Dieci anni fa ha incontrato la Comunità di Sant'Egidio: formato nelle scuole della pace - laboratori di convivenza per bambini e ragazzi e una delle poche alternative alle maras - ora ne è responsabile.
Non è la prima volta che si parla di abbassare l'età penale in America Latina. La misura viene proposta come antidoto alla violenza. Può esserlo?
È una mossa ad effetto. Redditizia in termini di voti per chi la propone. Inutile e dannosa per la società nel suo insieme. Rudolph Giuliani, chiamato da alcuni gruppi di imprenditori come esperto di sicurezza, l'ha rilanciata anche in Salvador: tra i suoi cavalli di battaglia c'era proprio la riduzione dell'età penale. La popolazione è esasperata dalla violenza e chiede soluzioni rapide. Chi le promette ha buone possibilità di accrescere il proprio consenso politico. Il punto è che non ci sono scorciatoie: vanno risolte le cause strutturali. Ma questo richiede tempo. E coraggio da parte delle amministrazioni.
Su che cosa dovrebbero puntare allora?
I politici devono avere una visione di lungo periodo. E creare opportunità per i ragazzi. Investendo nella scuola: in America Latina mancano soprattutto percorsi di formazione tecnica per i giovani delle zone più emarginate. Questi ultimi, spesso, hanno difficoltà nello studio: non trovano alternative. Sono, inoltre, necessari doposcuola pubblici: le lezioni, in genere, finiscono tra le 13 e le 14. Dato che i genitori, quando ci sono, lavorano, bambini e adolescenti restano tutta la sera soli, per strada, "a portata" di gang. È inoltre necessario risolvere il problema dell'impunità...
Abbassare l'età penale, nell'ottica dei sostenitori, dovrebbe servire proprio a questo.
Combattere l'impunità non vuol dire affollare le carceri di minorenni. Significa fare una riforma della giustizia in modo che i delitti vengano davvero risolti e perseguiti. Questo non accade. Faccio un esempio: nel 2009, William Qijano, amico e operatore della scuola della pace, è stato freddato da due mareros mentre andava a comprare una coca cola. La madre era terrorizzata, temeva una vendetta della gang e non ha voluto fare la denuncia. Con quella scusa, il caso è stato chiuso in fretta e furia. Nessuno ha pagato per quel crimine. E non si tratta solo di un problema salvadoregno: nel sud del Continente americano i tassi di impunità sono ormai a livelli spaventosi. La lotta al crimine inizia dal garantire il compimento della giustizia.
Lucia Capuzzi
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