«ll muro è un monumento di intimidazione e di silenzio, di odio xenofobo per far tacere le voci dei lavoratori sottopagati e maltrattati, di famiglie indifese e persone violentate; è un retrocesso delle aspirazioni più nobili dell'umanità, per le quali è stato sparso molto sangue; è il preludio della distruzione dei valori della democrazia e dei diritti sociali». È un duro j'accuse quello contenuto dell'editoriale di Desde IaFé, settimanale dell'arcidiocesi di Città del Messico. La "frontiera blindata' -attraverso il completamento della barriera, lungo l'intero confine di 3.200 chilometri - è un «progetto fanatico», un «affronto alla dignità» umana. Oltre che nazionale. L'articolo punta il dito contro le aziende messicane, di nazionalità o origine, pronte a collaborare con la monumentale opera in nome del profitto. «Si nascondono dietro la giustificazione di dare posti di lavoro. E, invece, pensano solo al guadagno - si legge - senza badare alle conseguenze». Queste ultime sarebbero catastrofiche per il Messico. «Alimenterà la discriminazione», pertanto «collaborare al muro è come spararsi una gamba». Chi lo fa, può essere definito un «traditore della patria».
Finora, l'appalto da un miliardo di dollari per la costruzione del nuovo tratto, da 99 chilometri, ha fatto gola a numerose aziende. Già 650 si sono candidate online per il bando. Di queste, 64 hanno come proprietari o principali azionisti delle persone di origine ispanica. Cittadini statunitensi questi ultimi: nonni o genitori, però, arrivarono negli Usa, in maggioranza, "indocumentados". Come coloro che il muro vorrebbe tenere fuori. Anche due aziende messicane, inizialmente, avevano deciso di candidarsi per i lavori. Il gigante del cemento Cemex si era detto disposto a fornire il materiale, se le fosse stato richiesto. Mentre Ecovelocity, piccola impresa dello Stato di Puebla, aveva espresso l'intenzione di partecipare all'appalto per l'illuminazione della barriera. All'ultimo - la domanda scade oggi - tuttavia, ha fatto dietrofront.
Trump, invece, va avanti a marce forzate, nonostante le critiche, sempre più numerose. «Il muro non fermerà chi cerca una vita migliore. Solo ne peggiorerà le condizioni e aumenterà le sofferenze», ha detto Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio. Sulla stessa linea le principali organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty Intemational.
Lucia Capuzzi
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