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Unterstützung der Gemeinschaft

  
19 April 2015

Torna l’emergenza dei profughi eritrei. A Porta Venezia ne arrivano ottanta.

Comune e volontari li hanno assistiti e smistati nei centri di accoglienza. “Tutti raccontano l’orrore della fuga”

 
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Sono arrivati più di ottanta venerdì sera a Milano, a Porta Venezia. Dalla Sicilia in treno, alcuni saliti a Roma, altri accompagnati in un viaggio in pullman in autostrada.
Sono eritrei, molti di loro sopravvissuti dell’ultimo tragico maxi sbarco del 14 aprile: ragazzi e ragazzini, qualche donna con il terrore che gli spalanca gli occhi quando sentono la parola “Libia”, dove raccontano di aver visto in azione milizie che si sono accanite su di loro. “Hanno detto di aver visto cose molto brutte”, confermano i volontari della Comunità di Sant’Egidio che l’altra sera hanno dato una mano ad accompagnarli presso le strutture di accoglienza profughi comunali di via Aldini e all’ex CIE di via Corelli.
Mentre a Porta Venezia venivano presi in carico dal Comune che ha segnalato l’arrivo in Prefettura e alla polizia di Stato, gli eritrei spiegavano ai volontari della comunità anche la loro traversata sui barconi, dove hanno visto morire in mare dei loro compagni di viaggio.
“Storie di persone traumatizzate – dice Stefano Pasta – Li abbiamo accompagnati nei centri comunali, molti anche con i mezzi pubblici, è prevedibile che nei prossimi giorni ne arrivino altri”. Perché con l’arrivo della bella stagione, il flusso dei profughi che arrivano con gli sbarchi nel Canale di Sicilia, aumenta. “Continuano ad arrivare decine di profughi, è come non avere nessun sistema nazionale” dice l’assessore alle Politiche Sociali Pierfrancesco Majorino: “Alfano dorme”. “L’estate scorsa abbiamo avuto punte di 150 arrivi al giorno, anche 200”, ricorda l’assessore alla Sicurezza Marco Granelli. Il problema è che questi profughi viaggiano su un binario parallelo, non sono intercettati dal sistema del ministero dell’Interno. Granelli si rivolge a Roberto Maroni: “che non volti le spalle, da Ministro dell’Interno chiedeva alle Regioni di fare la propria parte e la Regione Lombardia non ha mosso un dito su questo tema, Cosa vuol dire non accoglierli? Come si fa quando arriva il barcone? Rimandarli indietro vuol dire farli annegare”.


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