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29 Kann 2010

Guinea - Il monito del vicepresidente Saliou: «Ora lavoriamo per il bene comune

 
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Il vicepresidente del Consiglio nazionale della transizione della Guinea, Sylla El Hadj Mamadou Saliou, firma per primo l'accordo di pacificazione. Sa che questa firma farà la nuova storia del suo Paese. Traspare nelle risposte che ci dà.

La pace nasce a Trastevere. Come mai?

Conosciamo l'esperienza di Sant'Egidio e la capacità che ha nel prevenire e risolvere i conflitti. A Roma abbiamo trovato un tavolo di dialogo. Qui sono state messe da parte le divergenze, per firmare un documento che pone i primi passi per la riconciliazione.

Troppi dolori in Guinea perché questa riconciliazione possa essere veloce. È così?

È un lavoro lungo. L'importante è che prevalga un sentimento patriottico, che si metta da parte l'egoismo personale e pensare al bene comune. Ci sono stati molti morti in questi anni. Oggi, però, siamo convinti che bisogna voltare pagina.

Per farlo bisognerà superare i rancori e i sentimenti di vendetta che queste stragi hanno generato. Sarà possibile?

Si può non dimenticare, ma si può perdonare. Tutti sanno adesso che è necessario perdonare. Per perdonare però occorre dire la verità, per questo vorremmo creare un consiglio nazionale di riconciliazione che favorisca questo clima.

Restano però i militari, quelli che hanno compiuto il colpo di Stato. Non sono ancora una presenza pesante?


L'esercito adesso è alla testa di questo processo di riconciliazione. Sta facendo di tutto per riconciliarsi con la popolazione e recuperare le distanze.

Come dovrà essere il futuro presidente della nuova Guinea?

Abbiamo bisogno di un presidente che abbia un consenso nazionale. Deve riconciliare il popolo con se stesso e con l'esercito. Il nuovo governo deve occuparsi della povertà della popolazione.

La Guinea è ricca di miniere, ma la gente non ne beneficia. Che farete?

La Guinea è uno «scandalo geologico»: abbiamo molte risorse eppure siamo poveri, perché le ricchezze non sono sfruttate nell'interesse del popolo. Il nuovo governo, tenendo conto degli accordi internazionali che riguardano queste ricchezze, deve rivedere i contratti perché anche la popolazione possa beneficiarne.


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