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Il Fatto Quotidiano

10 Juni 2010

LA DONNA CHE GUIDA IL DESTINO DELLA GUINEA

 
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Il volto di Serah Rabiatou Diallo è una maschera scolpita nel sorriso e nella grazia, ma i lineamenti netti che ricordano le sculture tradizionali dei regni africani pre-coloniali rivelano che il carattere è forgiato nella difficoltà e nella costanza. Difficoltà personali legate a quelle del suo paese, la Guinea Conakry, che è alla vigilia di un cambiamento che potrebbe essere infine decisivo, e che il sorriso fermo e gentile di questa sindacalista guida dalla posizione di presidente del Consiglio nazionale di transizione (Cnt, il Parlamento provvisorio). Costanza nell'applicazione e nella volontà di non tenere per sé alcun ruolo politico, perché "solo non cercando il potere personale si possono difendere gli interessi di tutti, del paese, e uscire dalla crisi". Crisi che in Africa si declina con dittatura, regime militare (come nel caso dell'ex colonia francese) e sempre come emergenza democratica. Diallo ha votato la sua vita (piena di figli: 9 avuti, 7 sopravvissuti; impegni: "Studiavo e lavoravo, mantenendo i miei primi nati"; ascesa: "Partendo dal basso sono arrivata alla guida nazionale dei sindacati"; caduta: "Sono stata picchiata, minacciata di morte così come i miei figli"; risalita: "Una donna alla guida del Cnt è di per sé una vittoria e un simbolo per l'intero continente; noi donne guidiamo la famiglia - le definisco le donne dalle mille braccia e gli uomini bebè - e se ci permettono di impegnarci nella società e nella politica dimostriamo di poter far bene tutto") a portare il paese al voto democratico: un impegno che sta per realizzarsi con le elezioni del 27 giugno, dopo l'accordo raggiunto con la mediazione della Comunità di Sant'Egidio, la "Farnesina del Vaticano" come è stata ribattezzata dopo l'accordo di pace raggiunto in Mozambico all'inizio degli anni Novanta.

I diversi partiti espressione della giunta militare, della società civile, e delle formazioni sindacali storicamente influenti in Guinea, sono d'accordo nell'accettare il voto popolare e le responsabilità democratiche.

Forse non basterà, ma è un buon auspicio che a guidare questo passaggio sia una donna che non vuole entrare nei meccanismi del potere e "camminare solo con il mio destino".


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