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30 Décembre 2010

Dopo i nuovi episodi di violenza anlicristiana

I vescovi indonesiani si appellano alle autorità

 
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«Uno Stato senza potere, incapace di affrontare il problema»: è questo il giudizio di monsignor Situmorang Martinus Dogma, presidente della conferenza episcopale indonesiana e vescovo di Padang, a commento del recente incremento delle violenze anticristiane nel Paese. Il presuel ha sottolineato che «in una società multiculturale e multireligiosa, dove si è orgogliosi di vivere, deve essere ridotto fino a scomparire lo spirito d'intolranza tra seguaci di fedi diverse».

Non è la prima volta che i presuli dell'Indonesia, paese con 234 milioni di abitanti, il 10 per cento dei quali è di religione islamica, ma dove vive una comunità cristiana molto attiva, fanno appello alle autorità a causa del grave pericolo per la convivenza sociale costituito dalle azioni violente di gruppi di estremisti islamici. 

Sebbene l'influenza di tali gruppi sia molto cresciuta negli anni, la Costituzione indonesiana prevede che nessuna autorità abbia il diritto di vietare a qualunque comunità religiosa di praticare la propria fede.

Nei giorni scorsi, in particolare nell'avvicinarsi delle festività natalizie, si sono registrati nuovi episodi di violenza: a Rancackek, nella reggenza di Bandung, provincia di Java Occidentale, decine di seguaci dell'Islamic Defender Front (Fpi), hanno occupato due abitazioni utilizzate dai cristiani della zona come luoghi di culto. 

A Parung, nella reggenza di Bogor, dove i cattolici sono circa trentamila, le autorità locali hanno proibito le celebrazioni del Natale nella parrocchia di San Giovanni Battista, giustificando la propria decisione con l'assenza dell'autorizzazione per costruire un edificio religioso, cosa che impedirebbe alla parrocchia la celebrazione di qualsiasi rito sul proprio territorio. I fedeli, quindi, si sono adoperati per partecipare alla celebrazione eucaristica officiata all'aperto nel parcheggio di una scuola.

In tutto il Paese, a Natale, le chiese sono state presidiate da migliaia di polizziotti. La più alta autorità religiosa dell'Indonesia, il Consiglio degli Ulema, aveva definito, nei giorni precedent al Natale, «eccessive e provocatorie» per la popolazione mnsulmana le decorazioni natalizie cristiane nei luoghi pubblici.

Intanto, sempre in Indonesia, c'è chi costruisce, con pazienza, ponti di fraternità. Cristiani e musulmani insieme, senza contrasti, per una festa di famiglia. Il 25 dicembre 2010, la Comunità di Sant'Egidio, con la collaborazione di volontari, ha organizzato presso l'Istituto vincenziano a jakarta, il pranzo di Natale.

Ouest'anno circa 900 persone hanno partecipato al pranzo; erano «gli amici della Conumità di San t'Egidio, i poveri, gli anziani, i bambini, i volontari». C'erano anche gli amici sacerdoti, tra i quali l'arcivescovo coadiutore di Jakarta, Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, il nunzio apostolico, Leopoldo Girelli, il quale, nel ringraziare la Comunità di Sant'Egidio per il suo impegno in favore dei poveri di Jakarta, ha ribadito la «vicinanza della Chiesa agli ultimi del mondo», recando gli auguri di Benedetto XVI a tutti i partecipanti.

Al pranzo di Natale hanno preso parte anche il consigliere dell'Ambasciata d'Italia di Jakarta, Luigi Diodati e il capo del distretto di Sunter dove c'è la «Scuola della Pace». Tale centro, tra le molte attività assistenziali, collabora con le istituzioni locali insieme per il rilascio dei certificati di nascita per i bambini che non sono stati ancora registrati.


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