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6 Maret 2016

Livorno a Medì. La Comunità di Sant'Egidio affronta il nodo immigrati

«Corridoi umanitari contro le guerre»

 
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Attenzione alle «chemioterapie delle guerre» come nel caso dello «sciagurato intervento» avvenuto alcuni anni fa «senza un piano alternativo». Solo «i libici possono sollevare la situazione del loro Paese». A Medi, l'incontro internazionale della Comunità di Sant'Egidio sulle città del Mediterraneo, Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant'Egidio - è stato ministro per l'immigrazione del governo Monti - invita a non alzare lo sguardo su un mare complesso e non ideologico quale il Mediterraneo, con i suoi Paesi, in modo emotivo: «Il Mediterraneo non si può dividere in modo bipolare».
Nella storia delle città e anche di quelle portuali è inscritta la convivenza come anche le ferite profonde di devastazioni provocate dai conflitti. Le «culture porto» o «culture ponte» rispetto alla cultura dei muri, come purtroppo sta accadendo in Ungheria, sono foriere di apertura e sviluppo. Nonostante le radicalizzazzioni e le prove della morte a cui vanno incontro tanti immigrati, il Mediterraneo è cresciuto e attrae sulle sue sponde il 30 per cento del turismo internazionale.
A Medi sono stati riproposti i «corridoi umanitari» così come creati da Sant'Egidio e dalla Federazione delle Chiese evangeliche, che aiutano a ripristinare l'unità del Mediterraneo e dicono di come sia possibile vincere quelli che Daniela Pompei, all'origine dell'iniziativa, ha definito i «decreti dell'impossibilità. Invece è stato possibile realizzarli e coinvolgervi con simpatia e concretezza gli attori più diversi».
A Medi si studiano e propongono piste di sviluppo: interloquendo con i sindaci di Livorno Filippo Nogarin (l'anima di Livorno «non può essere un non luogo») e di Civitavecchia Antonio Cozzolino («cerco di spiegare alla gente di non avere paura; fino a ieri eravamo il porto dei traghetti per la Sardegna»). A Livorno, anche una città di montagna può diventare un porto. La interpreta così Leyla Fermati, giovanissima e tenace yazida, impegnata nel reinserimento delle donne yazide che hanno conosciuto la furia dell'Isis: «La multiculturalità spiega alla platea della Goldonetta, gremita per Medi - è la base per il nostro futuro. Gli yazidi chiedono aiuto. Bisogna fermare l'Isis e dare speranza alle persone».


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