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20 Ottobre 2013

Roma protagonista nell'«inverno più lungo»

L'impegno della cittadinanza e della comunità ecclesiale per i perseguitati dal nazismo: il dibattito con De Rita, Giovagnoli e Riccardi

 
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Il papa Pio XII sapeva e approvava: senza la protezione del Papa conventi e chiese non avrebbero potuto aiutare così tanti ebrei». Per il sociologo e fondatore del Censis, Giuseppe De Rita, la ristampa nell'Economica Laterza del libro dello storico Andrea Riccardi, L'inverno più lungo. 1943-44: Pio XII gli ebrei e i nazisti a Roma (già edito nel 2008), è innanzitutto un capitolo della propria biografia. «Avevo undici anni nell'inverno del 1943 - ha spiegato il sociologo in Campidoglio durante la presentazione del volume - e naturalmente non capivo nulla di ciò che accadeva». Proprio mercoledì Roma ha ricordato i settant'anni dal rastrellamento nazista nel ghetto della città, che le strappò dal grembo migliaia di figli ebrei.

Per il sociologo romano «Roma non fu mai così se stessa come in quell'inverno». «Roma in generale non è una città accogliente - prosegue -, eppure in quei tredici mesi lo è stata, scoprendo la propria "coralità". Roma è la città del Papa e mai come in quei tredici mesi dimostrò di esserlo. Non solo chiese e conventi, con l'appoggio del Pontefice, ma anche i palazzi nobiliari aprirono le porte a partigiani ed ebrei. Gli ospedali accolsero i partigiani, proteggendoli con la scusa di particolari malattie infettive. Non ci furono nemmeno casi eclatanti di denunce di ebrei da parte di cittadini romani: vivere e soffrire insieme in quell'inverno aveva creato una comunità».

In quell'inverno, conferma l'autore del libro, Riccardi, «Roma è stata davvero se stessa: c'è stato un risveglio di gente povera che però credeva di poter fare qualcosa per gli altri, credeva che in quella circostanza non si potesse non essere accoglienti». Papa Pio XII rimase ufficialmente «silente», sebbene le suore francescane si lasciassero sfuggire in una lettera di «aver ricevuto l'ordine, da parte del Papa, di aiutare gli ebrei. Del resto le Sorelle di Sion non avrebbero potuto ospitarne 350, che significano 350 pasti in più, senza un appoggio "dall'alto". Gli stessi tedeschi sapevano bene che i conventi erano pieni di ebrei».

L'intervento di Pio XII fu «oscurato» secondo Riccardi da una «concezione "militante" della Resistenza» e da un appiattimento del dibattito «sui suoi silenzi a proposito dei "germanici"». «Il mio libro - ha proseguito il fondatore della Comunità di Sant'Egidio - non contiene la storia di nessun eroe particolare. La vera protagonista è la città di Roma. L'inverno 1943-44 segnò la fine della lontananza tra ebrei e mondo cattolico». «Non si sarebbero potute nascondere dalle 200 mila alle 400 mila persone senza la partecipazione della città», ha aggiunto Agostino Giovagnoli, docente di Storia  contemporanea e direttore del Dipartimento di Storia, archeologia e storia dell'arte dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. «Perché una Roma stressata dalla guerra - ha proseguito lo storico - si è preoccupata di nascondere queste persone? Garage di Trastevere e spazi ecclesiastici furono  utilizzati per proteggere gli ebrei. Ma questo spazio, prima ancora di essere fisico, è stato uno spazio umano. Uno spazio favorito dalla sensazione che Papa Pio XII approvasse questa accoglienza e la volesse».

 

 


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