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2 Dicembre 2009

IN VALLE D'AOSTA PREMIATA LA GIURISTA INDONESIANA MUSDAH MULIA SITI

LA MUSULMANA COL VELO CHE LOTTA PER LE DONNE

 
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Il premio internazionale La donna dell'anno, promosso dal Consiglio regionale della Valle d'Aosta, nelle edizioni precedenti era stato assegnato al coraggio dell'azione, cioè a protagoniste della solidarietà impegnate a rendere il presente meno ingiusto. Nell'edizione di quest'anno, la dodicesima, il premio è andato al coraggio del pensiero, cioè alla forza delle idee che possono cambiare il futuro.

Il 27 novembre, la giuria presieduta dal professor Umberto Veronesi ha scelto, tra 36 candidate di ogni parte del mondo, Musdah Mulia Siti, 51 anni, indonesiana, giurista e teologa dell'Università statale di Giakarta. È una studiosa che, dalla cattedra e attraverso i suoi libri, espone un'interpretazione della cultura islamica opposta a ogni integralismo. Diffonde la comprensione tra cristiani e islamici, in un Paese che ha il motto "Unità nella diversità", riconosce sei religioni ufficiali (la maggioranza è musulmana, i cristiani sono l'8 per cento, cioè 30 milioni), ma è straziato da conflitti e di recente anche da attacchi terroristici. Dice: «Il dialogo tra le religioni serve ad accorciare le distanze, è un antidoto all'insegnamento dell'odio».

Musdah indossa sempre il gilbab, come si chiama in Indonesia il velo islamico: «Provengo da una famiglia di stretta osservanza religiosa e lo porto da quando ero ragazza. Il velo non fa problema. Il vero problema è che le donne abbiano uguali diritti: per esempio di sposare chi vogliono, di scegliersi il lavoro, di essere ascoltate nei tribunali, di non trovarsi in casa una seconda o terza moglie».

Uno dei suoi libri, L'islam condanna la poligamia, è stato boicottato da molti capi religiosi, ma resta un bestseller tra le donne e i giovani: «Le donne devono pretendere il rispetto della loro dignità». È stata presidente del Comitato statale per la revisione della legislazione islamica sui matrimoni e i diritti legali delle donne: «Le nostre proposte sono state accolte al 60 per cento. Va già bene così, una società non cambia in un anno, si va avanti un passo alla volta».

Si è impegnata contro la pena di morte, aderendo alla campagna della Comunità di Sant'Egidio per la moratoria universale delle esecuzioni, ed è intervenuta con la sua autorevolezza in alcuni casi di condanna capitale. Il più noto è stato quello di Tibo, Domingos e Marinus, tre cattolici che durante uno scontro etnico avevano difeso un orfanotrofio; vennero condannati dopo un processo pretestuoso che escluse testimonianze utili a salvarli; due appelli del Papa e una mobilitazione internazionale, nel 2006, riuscirono a rimandare l'esecuzione; ma l'anno dopo furono fucilati, di notte, in un campo segreto. Si capisce che Musdah è esposta alle minacce degli integralisti: «Non ho paura, ma sono consapevole dei rischi. Ho il sostegno dell'opinione pubblica moderata, e soprattutto di mio marito e dei miei familiari».

E così arriviamo alla vita privata di Musdah. È sposata da 25 anni con il professor Ahmad Thib Raya, docente di Studi islamici nella sua stessa università. Hanno due figli, Albar di 23 anni e Ilham di 14, poi hanno adottàto tre bambine, Dica di 11 anni, Rifda di 9 e Rahmal di 8: «Sì, è una famiglia impegnativa, ci aiutano i parenti come si usa in Indonesia. E poi mio marito dà una mano con i figli... Questo non si usa molto», aggiunge ridendo, «ma anche le usanze cambiano. Si va avanti un passo alla volta, vero?».


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