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7 Grudzień 2016

I dati ISTAT

Spettro povertà, l'aiuto riparta dalle periferie

 
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Oltre un quarto degli italiani è a rischio, perché lavora in modo non continuativo, ha un basso reddito, è in ritardo con bollette e affitti e non si ciba o non si riscalda adeguatamente. Dietro i dati Istat vediamo i volti che incontriamo ai centri della Comunità di Sant'Egidio per chiedere cibo, vestiti, medicinali.
Dieci anni fa venivano le persone senza dimora, poi hanno cominciato gli anziani. Sono seguiti gli stranieri, ed ora le famiglie con bambini. Avere figli è diventato un fattore di rischio: il 50% delle famiglie con tre figli è sulla soglia della povertà. Sempre più spesso le troviamo alla nostra mensa. In Liguria l'11,6% degli abitanti ha difficoltà a pagare debiti arretrati, o ad avere almeno un pasto adeguato ogni due giorni o si trova in difficoltà davanti ad una spesa imprevista: come i tanti bambini che non vanno dal dentista perché costa troppo o la cui unica vacanza è quella organizzata dalle Scuole della Pace di Sant'Egidio.
Siamo il meridione del nord Italia. I valori della nostra regione sono peggiori di tutto il settentrione e di buona parte del centro. Dobbiamo accettare con rassegnazione tutto questo? Per ripensare al futuro della nostra città bisogna ripartire dalle periferie. Come? Io vedo alcune strade: la prima è impegnarsi sul fronte dell'integrazione degli stranieri. Lavorativa e sociale. Solo così sarà possibile fronteggiare in modo rapido il declino demografico che rischia di travolgere la nostra città più rapidamente del dissesto idro-geologico che pure deve richiamare l'
attenzione degli amministratori locali. Una seconda strada è investire sulla scuola, suscitare negli insegnanti ed in particolare in chi opera in quartieri difficili l'orgoglio di partecipare ad un progetto collettivo, che è quello di disegnare l'Italia di domani. La scuola infatti in determinati quartieri vive davvero in frontiera ed è l'unica rappresentante delle istituzioni e dello Stato: questo grande lavoro va sostenuto, valorizzato e potenziato.
L'ultima strada è proprio "la strada": dobbiamo lavorare ad un cambiamento culturale, i servizi non devono essere "sportelli" a cui i soggetti a rischio si rivolgono, ma occorre andare incontro a poveri ed esclusi. Dobbiamo cambiare logica, non gestione. Non è solo un problema di risorse: chi vive in difficoltà, chi si sente escluso dalle logiche centrali, ai margini dei processi culturali, produttivi sociali, chiede innanzitutto alle istituzioni di non stare lontane e inaccessibili, ma di farsi vicine, dialoganti, capaci di ascolto e, quindi, di prevenzione. Per questo, ad una città invecchiata che dice "non andare dove non conosci" vogliamo rispondere con un invito ad uscire e percorrere, anche concretamente, sentieri non battuti. E il primo passo - per tutti, soprattutto i più giovani - è
andarci, in periferia: per vedere Genova da una prospettiva diversa.


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