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Il Corriere del Mezzogiorno

2 Janeiro 2011

Nuovo monito del cardinale: «Napoli deve dire basta alle emergenze perenni»

Sepe: questa città non può più stare a guardare

 
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Circa mille persone hanno sfilato ieri sera in corteo attraverso le strade del Centro storico di Napoli, per marcia della pace organizzata dalla Diocesi e dalla Comunità di Sant’Egidio e presieduta dal cardinale Sepe, in occasione della 44ma Giornata Mondiale della Pace. La fiaccolata è partita da piazza del Gesù e attraverso via Benedetto Croce, piazza san Domenico Maggiore, via San Biagio di Librai è giunta alla Cattedrale dove l’Arcivescovo ha celebrato la Messa per la pace. I partecipanti hanno sfilato con i cartelli recanti i nomi dei Paesi in guerra. Il cardinale, rifacendosi al messaggio di fine anno del presidente Napolitano, ha lanciato un appello per Napoli affinché si lavori tutti insieme per il riscatto della città. «Fin quando non ci convinciamo che tutti siamo necessari e che tutti dobbiamo fare la nostra parte, Napoli non risorgerà. E’ ora che tutti ci risvegliamo e prendiamo coscienza che dobbiamo rimboccarci le maniche. Non è possibile più stare a guardare. Napoli ha bisogno di pace -ha proseguito il porporato -e non c’è pace senza diritti» . Il diritto maggiormente negato per i napoletani è per l’arcivescovo il lavoro, senza il quale la pace non ci sarà. Sepe ha poi augurato a tutti un 2011 ricco di pace, rifacendosi in particolare all’evento promosso dalla Chiesa partenopea per quest’anno, il Giubileo per Napoli, evento ecclesiale dal forte impatto sociale, una chiamata a raccolta delle energie e delle risorse vive della città. È tempo di svegliarci e reagire ad una realtà drammatica che si manifesta in maniera inequivocabile: nelle strade, che portano ancora gli orribili segni dell’emergenza-rifiuti e che mostrano anche visibilmente il volto triste di una città ferita; e ancor più nelle case, dove la somma dei drammi sociali, la mancanza di lavoro, toglie serenità alle famiglie e annebbia le prospettive di futuro. Napoli non può continuare a vivere con il cratere dell’emergenza in attività perenne. Non è possibile continuare a mettere a così dura prova la resistenza e la fibra morale di una comunità che appare spossata, ma che tuttavia non vuole alzare la bandiera di resa» . E’ dal 1968 che la Chiesa invita, il primo giorno dell’anno, a pregare in modo del tutto particolare per la pace. Quest’anno, il Santo Padre ha indicato una via per la pace: la libertà religiosa, il cui diritto è radicato nella stessa dignità della persona umana. In piazza del Gesù, prima che partisse il corteo, un rappresentante della Costa D’avorio, Paterne Konan, aveva descritto la situazione anomala del suo Paese dove non si riesce a trovare un accordo per cercare di governare, malgrado ci siano state elezioni. Qui come in altri parti del mondo la Comunità di Sant’Egidio sta operando per effettuare un intervento di mediazione. Elena Scarici

Un’iniziativa per non dimenticare chi continua a soffrire per le guerre

La Comunità di Sant’Egidio, a Napoli e in tante città dell’Italia e del mondo, con la Marcia della Pace ricorda tutte le terre che nel Nord e nel Sud del mondo attendono la fine della guerra fonte di sofferenza per tanti popoli e "madre"di tutte le povertà. Fu papa Paolo VI nel 1968, durante la guerra in Vietnam, che scrisse il primo Messaggio per la Pace. La Comunità di Sant’Egidio in questi 43 anni ha lavorato come ha potuto per la pace, nel dialogo con tutti, che ha portato alla pacificazione in situazioni di guerra. Da otto anni Sant’Egidio, sostenendo il Messaggio del papa, inizia l’anno con il passo della pace, gridando: "Pace in tutte le Terre" attraverso le oltre 600 manifestazioni del 1 gennaio che si svolgono in tutto il mondo. E. S.


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