Difficile calcolare il numero di malati di Hiv in Malawi. Almeno un milione di persone è affetta dal virus, su 14 milioni di abitanti. L'Aids è il primo fattore di morte fra gli adulti e una delle principali cause della bassa aspettativa di vita nel Paese (Human Development Report 2011). Da alcuni anni, il governo malawiano ha rinforzato la sua battaglia contro il contagio. Dal 2004, grazie agli aiuti del Global Fund, si sono moltiplicati i laboratori per i test dell'Hiv e la distribuzione di farmaci anti-retrovirali, che limitano la moltiplicazione del virus nel sangue.
Si calcola però che ancora 500mila persone non riescano ad accedere alla cure. L'Aids è un tabù, e in molti non riescono a distinguere i sintomi da quelli della malaria o di altre malattie. Uno dei presidi medici per la cura del morbo è il Balaka Dream Centre, ospedale della Comunità di Sant'Egidio, che fa parte del centro missionario di Balaka. Qui vengono distribuiti farmaci an ti-re trovirali a 5.963 persone, 2.027 sono donne. E poi aiuti alimentari ai malati di Hiv che non possono affrontare le cure da sottonutriti. Sui gradini della clinica siedono donne silenziose e angosciate, molte di loro incinte. «Poligamia, promiscuità, mancato utilizzo di precauzioni sono alla base dei motivi di contagio», spiegano i medici. La dimensione sessuale nei villaggi è ancora legata a riti tribali, come l'iniziazione.
Le ragazzine in età puberale, una volta all'anno, vengono "introdotte" al sesso da un unico uomo, attraverso un rituale che si svolge in una baracca dentro il bosco. La pratica, oltre a contribuire alla diffusione del contagio, è profondamente traumatica per chi la subisce. Nelle parrocchie, sacerdoti e missionarie fanno di tutto per convincere i fedeli a sottrarre le loro figlie a questo doloroso rito e propongono una "iniziazione" alla vita familiare basata sulla pedagogia del catechismo.