Per Romano Prodi il problema dell'Europa è "l'accorciamento degli orizzonti decisionali": si decide tutto sul breve periodo, spesso in ritardo, ricattati dai populismi e inseguendo l'elettorato. Lo dice riferendosi alle due maggiori crisi che l'Unione ha dovuto affrontare nell'ultimo mese. Il debito greco: "Era di 30 miliardi di euro, quindi alla portata di una soluzione immediata, ma c'erano le elezioni regionali in Germania e la soluzione è stata rimandata. Quando si è iniziato ad affrontare, i miliardi erano diventati 350-400".
E vale anche per i profughi: "Si sapeva che bisognava arrivare a una soluzione comune, ma è rimasto tutto fermo finché era un problema solo italiano. Quando è dilagato nei Balcani, la cancelliera tedesca ha dato un messaggio politico e si è sbloccato tutto". In questo caso - aggiunge l'ex presidente della Commissione Ue - la leadership della Merkel è stata positiva, perché dettata dall'interesse comune europeo. Eppure è la conferma che "la politica europea dipende sempre più dalla Germania". Secondo Prodi, la causa è "l'indebolimento della Commissione a favore del Consiglio europeo". È formato dai capi dei singoli Stati membri, quindi più sensibili alle elezioni e agli interessi elettorali di breve periodo. Inoltre il Consiglio è "più riluttante nell'esercitare una leadership condivisa", poiché è "guidato dai paesi in modo gerarchico". "L'ombrello tedesco" sotto cui sono ora tutti gli Stati europei è dovuto anche "alla lunga crisi francese e alla decisione inglese del referendum tra quattro anni per scegliere se rimanere o meno nell'Ue, che ha portato a una perdita di ruolo impressionante della Gran Bretagna".
Prodi parla dell'Europa intervenendo all'incontro "La pace è sempre possibile" organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio a Tirana, in cui importanti leader delle diverse religioni, insieme a esponenti della cultura e della politica, hanno ribadito che "la guerra non è mai santa, l'oppressione dell'altro in nome di Dio è sempre blasfema".
Per il professore l'Europa è a un bivio: tra irrilevanza e avere un ruolo nel mondo. Dice: "Se non vogliamo fare la fine degli Stati rinascimentali italiani, spazzati via dalla prima globalizzazione che fu la scoperta dell'America, dobbiamo avere una maggiore integrazione. Gli stati europei sono troppo piccoli. E le reti globali delle nuove tecnologie, da Apple ad Amazon, da Google a Ali Baba, sono tutte americane o cinesi. Non ce n'è una europea. Non siamo in grado di crearle, così come l'Italia divisa non riusciva a costruire le grandi caravelle necessarie a solcare gli oceani". "Possiamo accettare l'irrilevanza?", si chiede Prodi. E aggiunge: "Io la verifico nei seminari a Shanghai: sei anni fa, quando ho iniziato a insegnare, mi chiedevano sempre dell'Europa. Oggi invece non interessa più a nessuno".
E qui torna all'emergenza profughi: la soluzione proposta in questi giorni è solamente per i rifugiati siriani, di livello medio-alto. "Non riguarda - continua l'ex premier dal 2012 inviato speciale Onu per il Sahel - la massa di poveri che viene dall'area subsahariana; la popolazione africana passerà da 1 a 2 miliardi entro il 2050, quella del Niger per esempio raddoppierà in 18 anni. Molti verranno in Europa, che però non può reggere un'ondata infinita".
Manca una politica africana dell'Europa: "Quando guidavo la Commissione - aggiunge - presentammo varie proposte per lo sviluppo dei paesi africani, partendo dall'istruzione, ma furono bocciate".
All'incontro di Sant'Egidio, proprio una proposta sul tema dei migranti ha raccolto molte adesioni, tra cui quella del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Lo sponsorship: "Si tratta di permettere a cittadini europei, associazioni, organizzazioni della società civile di farsi garanti dell'accoglienza: ospitare subito coloro che sono arrivati ma anche chiamare singoli e famiglie direttamente dalle zone, evitando così i viaggi della morte nel Mediterraneo". Finora, infatti, i trafficanti rimangono l'unica alternativa per chi scappa dalla guerra.
Stefano Pasta
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