Grande Imam di Al-Azhar, Egitto
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È davvero un grande onore per me trovarmi oggi dinnanzi a voi in questo incontro storico che l’umanità ricorderà forse un giorno scrivendolo con caratteri luminosi in una delle sue pagine più fulgide. Nulla è impossibile a Dio!
L’iniziativa di cui vediamo oggi il primo atto -mentre non ci è dato di sapere come potrà evolvere- era un’idea astratta, appartenente al mondo dei sogni e degli auspici, fino alla visita a casa mia al Cairo nel quartiere di Misr-elgadida, poco più di un anno fa, da parte di alcuni amici di lungo data, il padre Vittorio Ianari, la professoressa Paola Pizzo e il dottor Andrea Trentini. Parlammo del “dialogo tra religioni e civiltà”, del suo impatto sui rapporti tra Oriente e Occidente e ci chiedemmo se avesse portato i frutti auspicati e ravvicinato le civiltà riducendo le tensioni tra di esse. Purtroppo, questi rapporti hanno ceduto il passo nell’ultimo periodo ad uno scontro pauroso, ed ho avuto modo di esprimere il mio parere al riguardo in occasione di vari incontri di dialogo tra religioni e civiltà nei vari continenti: in sostanza, questi dialoghi non sono riusciti, finora, a circoscrivere lo scontro, aperto o latente, tra il mondo arabo-islamico e l’Occidente, né sono riusciti a portare ad una visione comune per uscire da questa crisi mondiale. E se quest’ultima dovesse proseguire il suo corso, sarà l’umanità tutta a pagarne il prezzo con guerre, distruzione, arretratezza e spargimenti di sangue, forse in una misura superiore a quella dei due conflitti mondiali della prima metà dell’ultimo secolo, come conseguenza dello sviluppo inarrestabile di nuove armi distruttive, delle politiche militari che sempre più occupano la scena e a causa della persistente determinazione dell’Occidente a mantenere una propria presenza militare in gran parte dei paesi orientali.
È così che, sulle macerie della fustrazione e dalle nebbie della tristezza per un mondo sull’orlo del disfacemento di civiltà, è scoccata l’idea di un incontro tra “saggi” ben scelti, provenienti dall’Oriente e dall’Occidente, per avviare la disamina di una questione molto ardua ed estremamente complicata, nella speranza di giungere ad individuare una via d’uscita o per lo meno a gettare il seme dell’albero della pace che si spera possa portare dei frutti un giorno.
Ho continuato a credere seriamente in questo progetto grazie all’incoraggiamento del Consiglio dei Saggi Musulmani -cui appartengo - e grazie alla sua premura ed alla sua determinazione a spegnere i focolai di guerra ovunque essi si manifestino, con l’invio di carovane della pace che solcano il mondo per questo obiettivo sacro.
Ma prima ancora, sono stato incoraggiato dai miei amici della Comunità di Sant’Egidio che hanno dimostrato determinazione e disponibilità a patrocinare questa iniziativa. Siano ringraziati per questo loro impegno a traghettare l’idea dal mondo dei sogni in quello reale! Il Profeta dell’Islam ci insegna che “Non può ringraziare Dio la persona che non ringrazia la gente”. Pertanto, non posso esimermi dall’esprimere un sentito ringraziamento ai dirigenti di questa Comunità, impegnata da lungo tempo a favore della fratellanza universale, della pace nel mondo, dell’amore e della misericordia, valori predicati da Gesù e da Muhammad, la pace e le preghiere su entrambi.
Fratelli Saggi,
pensavo fosse facile per qualunque ricercatore cogliere il significato di Oriente e di Occidente, in quanto le differenze avrebbero delimitato bene questi due concetti spazzando via equivoci e ambiguità. Ma grande è stata la delusione sin dal primo tentativo di trovare un significato preciso e una definizione logica a prova di errore di queste due entità, lontane geograficamente eppure intrecciate storicamente e sul piano della civiltà.
Cominciando dalla definizione di “Occidente”, una serie di equivoci e di contraddizioni non consentono di ritenerlo come entità europea pura di fronte all’ “Oriente”. Non possiamo definire l’“Occidente” ricorrendo a caratteristiche religiose o etniche asserendo che “l’Occidente è formato dai popoli europei che professano il cristianesimo” perché questa definizione non regge se prendiamo in considerazione il fatto che milioni di musulmani emigrati in Europa ed in America sono diventati elementi di rilievo nel tessuto sociale occidentale lasciando una propria impronta forte nei vari ambiti della vita come negli usi, nelle tradizioni, nelle arti, nel comportamento e così via.
Inoltre, queste influenze reciproche non sono figlie dei nostri tempi ma sono state registrate lungo la storia delle due civiltà, orientale e occidentale, ed in quella dei centri di civiltà europei, illuminati in passato dal sole arabo e che hanno trasferito a loro turno questa luce a tutti i popoli europei. E proprio la città di Firenze -che vanta una storia antica sul piano della civiltà come pure negli ambiti religioso, culturale e artistico- e che ci accoglie oggi, è stata tra i maggiori centri di interscambio a quell’epoca.
Dunque, non sappiamo cosa si intende per “Occidente” in Oriente. È forse il cristianesimo, oppure la laicità? O l’ateismo? È la forza militare, oppure quella economica? È l’illuminismo ed i diritti umani? Oppure il fascismo ed il razzismo?!
È l’arte, la cultura, l’ultimo grido e le “maisons de couture”, oppure la produzione ed il consumismo, la scienza, la tecnologia e le fabbriche delle armi di distruzione di massa!! Possiamo cercare a lungo di proseguire l’analisi a oltranza delle “specificità” proprie dell’ “Occidente”, ma non giungeremo a nulla se non ad un concetto complesso e complicato pieno di discrepanze e di contraddizioni.
Quanto detto pocanzi circa la definizione di “Occidente” è pertinente quando cerchiamo di definire “Oriente” in un modo chiaro e preciso, perché l’influenza della civiltà occidentale su quella orientale o islamica è talmente palese da non poter sfuggire ad un ricercatore accorto. L’influenza occidentale è tale da configurare un’ “incursione” o invasione” della maggior parte degli stati islamici. Occorre ricordare a questo punto che il mondo islamico non è continuo geograficamente e che l’identità nazionale vi è spesso più forte di quella religiosa. Per esempio, Iraq e Iran sono due paesi islamici eppure sono rimasti in conflitto tra di loro per svariati anni sullo sfondo di uno scontro etnico e di interessi, e la comune appartenenza religiosa non è riuscita a stemperare la brutalità della guerra.
E neppure gli appelli per la creazione di una “nazione islamica” unificata hanno trovato ascolto. Questo dato di fatto ha portato alcuni ad affermare che non vi è un’entità chiamata mondo islamico “che possa essere ritenuta un pericolo incombente sull’Occidente che detiene una forza superiore, più feroce e più violenta”.
Dal mio punto di vista, veramente disinteressato ma anche ottimista, sono convinto che questi intrecci tra Oriente e Occidente, concretizzatisi negli scambi scientifici, culturali ed artistici tra le due civiltà, rappresentino una piattaforma comune in grado di contribuire all’avvio di un avvicinamento tra le due civiltà, basato sulla complementarità, lo scambio di benefici, il rafforzamento dei principi di democrazia, di libertà e del diritto dell’essere umano in Oriente -così come suo fratello in Occidente- a una vita degna e sicura, con la speranza viva che gli stati ricchi e potenti rinuncino al despotismo, alla parzialità ed alla politica dei due pesi e delle due misure: un peso per l’Occidente e un peso diverso per l’Oriente. E che rinuncino alla politica di dominio nei confronti dei deboli e dei diseredati, una politica che, a quanto pare, ha diviso il mondo in due parti: una che gode di ricchezze, sicurezza, benessere, progresso scientifico, culturale, artistica e di civiltà, e un’altra parte dove imperversano guerre, spargimenti di sangue, terrorismo, distruzione, povertà, ignoranza e malattie.
Converrete con me che il mondo si trova attualmente in una situazione deplorevole, e che i popoli musulmani disapprovano il principio della supremazia della forza e del suo uso spropositato per piegare i popoli. Certo, si potrebbe essere portati ad ammirare colui che è forte e la sua forza, ma ciò nonostante, costui è disprezzato in quanto immorale e in nome della solidarietà e della fratellanza umana. È questa la differenza tra la forza folle e la forza della giustizia e della pace.
Direi di più, asserendo che i sentimenti di odio diffuso nei confronti dell’ordine mondiale arrogante ed efferato non sono circoscritti ai musulmani in Oriente. Al contrario, si tratta di un sentire comune tra di loro e tra una fascia larga di cittadini amanti della giustizia e della pace in Occidente, perché queste persone hanno in cuor loro tuttora vivi i valori umani veri che non sono stati deturpati dall’etica della forza, dell’interesse parziale e dell’ideologia del fine che giustifica il mezzo ad ogni costo e a prescindere dalla immoralità del mezzo.
Credetemi, vi prego, quando dico che noi -musulmani e cristiani orientali- non guardiamo più a questa civiltà della forza e del dominio come modello, nonostante le urla dei predicatori della mondializzazione in varie parti del pianeta. Tutt’altro. Vi sono serie riserve nei riguardi di questo tipo di civiltà che -lo ammettiamo- ha fatto la felicità di tanti, perché esso è stato alla radice dell’infelicità di troppe persone rette nel mondo.
Tuttavia devo essere equo e dico perciò: gli orientali, musulmani e cristiani, hanno dinnanzi un compito gravoso: essi devono modificare la loro visione dell’Occidente e degli occidentali. Vi è un sentimento diffuso nei confronti dell’Occidente improntato a paura, insicurezza, timore di essere danneggiati. Può darsi che questi timori siano motivati ma non vi è dubbio che sono esagerati, al limite dell’odio e del desiderio di vendetta. Ed è a questo punto che rischiamo la catastrofe, se questo processo dovesse procedere fino alla disperazione, una disperazione che porterà inevitabilmente, non solo alla distruzione della civiltà islamica come scommette la teoria dello scontro di civiltà, ma porterà pure alla scomparsa di entrambe le civiltà, quella islamica e quella cristiana assieme.
Gli orientali devono inoltre sviluppare legami più stretti di vicinanza e di armonia con l’Occidente, e smettere di considerare la civiltà occidentale portatrice di mali e irrispettosa dei valori religiosi e delle virtù, cambiando questa visione eccessivamente cupa con un’altra più ottimista che guardi alla civiltà occidentale come una civiltà umana che, nonostante le sue limitazioni e mancanze, ha salvato l’umanità aprendo orizzonti scientifici e tecnologici senza precedenti nella lunga storia dell’umanità, grazie all’impegno degli scienziati che hanno attinto alle fonti del sapere letterario, sperimentale ed artistico. Tuttavia, l’Oriente ha molto da offrire all’Occidente per colmare le sue lacune spirituali e religiose, così come l’Occidente ha tanto da offrire all’Oriente per sollevarlo dall’arretratezza nei settori della scienza, della tecnica, dell’industria, dell’agricoltura e tanti altri ambiti.
La mia speranza, egregi Saggi, è che l’Occidente diventi meno campanilista e arrogante, e che l’Oriente sia meno ossessionato e sospettoso, affinché entrambi si incontrino a metà strada, e che sia un incontro di conoscenza reciproca, di affetto, di scambio di esperienze e di benefici!!
Egregi Saggi,
consentitemi di segnalare due aspetti inevitabili in qualunque incontro serio -così come lo è questo nostro incontro- tra Oriente e Occidente:
Primo: C’è un versetto coranico che i fedeli musulmani, uomini, donne e bambini ripetono spesso e che numerosi pensatori ed intellettuali conoscono a memoria e ripetono negli incontri di dialogo. Il versetto riporta le parole di Dio: “O uomini, vi abbiamo creato da un maschio e da una femmina e abbiamo fatto di voi popoli e tribù affinché vi conosceste a vicenda” (Corano, 49:13). I musulmani, tutti senza eccezione, capiscono bene che “il conoscersi” citato nel sacro versetto rappresenta l’obiettivo o l’alta finalità divina per cui l’Altissimo ha creato l’umanità. “Conoscersi” significa cooperare e scambiare i benefici, non la lotta, non l’esclusione, non il dominio. E se l’incontro dell’umanità per conoscersi rappresenta il comandamento divino che deve gestire le relazioni internazionali, non significa forse che la realizzazione di ciò è possibile a patto che vi siano intenzioni sincere e determinazione?
Potreste stupirvi se vi dicessi che gli sheikh di al-Azhar hanno preceduto tutti sin dagli anni quaranta del secolo scorso, invitando all’adozione di questa via che non ha alternative. Muhammad Mustafa Al-Maraghi (1946), Sheikh di al-Azhar all’epoca, ha lanciato un appello alla collaborazione mondiale tra le nazioni per circoscrivere i conflitti tra i popoli e le nazioni in un discorso tenuto a Londra nel 1936 all’occasione della Conferenza Mondiale delle Religioni. Gli è succeduto dieci anni dopo, Sheikh Muhammad Urfa che scrisse nella rivista di al-Azhar un articolo che ribadiva la necessità della collaborazione tra l’Islam e l’Occidente, sulla spinta degli orrori del secondo conflitto mondiale e l’utilizzo della bomba atomica e altre armi distruttive, ammonendo contro la distruzione del mondo intero se tutte queste armi fossero state impiegate. Egli conclude che l’avvicinamento tra i popoli è ineludibile, così come lo sono l’eliminazione dei motivi delle contese e dell’odio affinché la terra diventi una sola città e che tutti gli uomini siano concittadini.
Sheikh Urfa insiste, in questo suo appello alla cooperazione mondiale, sulla necessità che l’Occidente capisca l’Islam e che l’Islam capisca la civiltà dell’Occidente. Perché questa comprensione reciproca elimina i sospetti consentendo a entrambi di vivere in spirito di collaborazione e di impegnarsi per il bene dell’umanità. Egli invita gli Ulema a far conoscere il vero volto dell’Occidente per giungere all’accettazione reciproca affinché la concordia sostituisca l’inimicizia.
Il secondo aspetto riguarda il pericolo incombente su di noi tutti. Intendo il terrorismo e la violenza che minacciano il mondo, con tutta la genealogia di organizzazioni, gruppi e movimenti armati che spesso si celano sotto le mentite spoglie della religione, strumentalizzando i testi sacri per legittimare l’aggressione, l’uccisione degli altri, il furto dei loro beni e costringendoli a ripararsi all’estero. Non abbiamo alternativa se non quella di essere solidali tra di noi per fermare questa epidemia. Voi, Saggi dell’Oriente e dell’Occidente, conoscete meglio di chiunque altro le cause di questa epidemia che parte sempre da una lettura errata dei testi sacri, e da politiche mondiali bieche e sostenute da ingenti capitali dieci volte superiori alle somme destinate alla lotta contro la povertà, l’ignoranza, la malattia e l’arretratezza nel terzo mondo.
Egregi Saggi d’Occidente,
Siamo venuti da voi con grandi speranze, con una fiducia illimitata nella vostra lealtà e nella vostra determinazione contro i fautori della violenza, contro coloro che vogliono che l’Occidente rimanga Occidente e che l’Oriente rimanga Oriente, senza incontrarsi mai, dal tempo di Kipling che ha pianto per le speranze svanite di un incontro tra Oriente e Occidente. Viene da chiedersi se sarà mai possibile un giorno per la colomba della pace aleggiare tra Oriente e Occidente unendoli nuovamente, magari a Firenze, nel cuore del Mar Mediterraneo sulle cui sponde vivono i popoli dell’Oriente e dell’Occidente. È giunto forse il momento perché la saggezza dei Saggi si faccia sentire in Oriente ed in Occidente alla ricerca della pace, in un mondo sfinito dalle guerre e dai conflitti, per restituire all’umanità la felicità e salvarla dalla distruzione che incombe all’orizzonte. Invero, la saggezza dei Saggi e la lealtà delle persone leali sono in grado di farlo.
Grazie per il cortese ascolto.
Che la pace di Dio, la sua misericordia e le sue benedizioni scendano su di voi.
Ahmad al-Tayyeb
Sheikh di al-Azhar
Al-Azhar, il 19 del mese di Shaaban, 1436 dell’Egira / 6 giugno 2015 d.C. |