Inizia la Settimana Santa o della Passione del Signore (come la chiama la tradizione orientale). Sono in verit� giorni �santi� appunto perch� di �passione�. La Chiesa, attraverso le pagine della Scrittura e le celebrazioni che scandiscono i vari giorni, ci fa quasi toccare con mano fin dove � giunta la �passione� del Signore per ognuno di noi. Una �passione� a tal punto coinvolgente che ha portato Ges� a soffrire l�agonia, la cattura, la flagellazione e la morte in croce. Sono giorni, quelli che si aprono, nei quali i nostri occhi, la nostra mente e soprattutto il cuore, debbono fissarsi sul volto di quell�uomo che accetta tutto, anche la morte, pur di non tradirci. Potremo cos� incontrare quegli occhi, affranti dal dolore ma sempre pieni di affetto, che ci guarderanno come guardarono Pietro che lo aveva tradito; e sentiremo nel profondo del cuore un nodo di dolore e di tenerezza assieme. Possa ognuno di noi accogliere il dono delle lacrime come l�ebbe il primo degli apostoli quella sera del Gioved� santo. La Santa Settimana si apre con la memoria dell�ingresso in Gerusalemme. Il viaggio di Ges�, iniziato dalla Galilea, sta per concludersi. L�ultima tappa, ci dice il vangelo di Marco (11,1-10), � Betfage-Betania, sul monte degli Ulivi. Ges� si ferma e manda avanti due discepoli perch� procurino per lui una cavalcatura. Vuole entrare in Gerusalemme come mai aveva fatto prima. Il Messia, che fino a quel momento si era tenuto occulto, prende possesso della Citt� santa e del tempio, rivelando cos� la sua missione di vero e nuovo pastore d�Israele, anche se questo - e lo sa bene - lo porter� alla morte. Non entra per� su un carro come il capo di un esercito di liberazione, sebbene usi la cavalcatura dei sovrani dell�antichit�: un puledro (Gn 49,11). L�� asinello� pertanto non significa povert� o diminuzione della dignit�; � vero, semmai, il contrario. Ges� conosceva quanto � scritto nel profeta Zaccaria: �Esulta, figlia di Sion! Fa� sentire il tuo osanna, figlia di Gerusalemme! Ecco il tuo sovrano viene a te, umile, cavalcando un asinello, seduto su un puledro d�asina� (9,9). Ges� entra in Gerusalemme come re. La gente sembra intuirlo e si mette a stendere i mantelli lungo la strada, com�era uso in Oriente al passaggio del sovrano. Nel secondo libro dei Re si legge che per festeggiare l�elezione di Ieu a re d�Israele �tutti presero i loro mantelli e li misero ai suoi piedi lungo la scalinata� (9,13). Anche i verdi ramoscelli di ulivo, presi dai campi e cosparsi lungo il percorso di Ges�, fan da tappeto. Il grido � Osanna� (in ebraico vuol dire � aiuta�) esprime il bisogno di salvezza e di aiuto che la gente sentiva. Finalmente arrivava il Salvatore. Ges� entra in Gerusalemme, e nelle nostre citt� di oggi, come colui che solo pu� farci uscire dalle nostre schiavit� per renderci partecipi di una vita pi� umana e solidale. Ma il suo volto non � quello di un potente o di un forte, ma di un uomo mite e umile. Passano sei giorni, da quell�ingresso trionfale, e il suo volto sar� quello di un crocifisso, di un vinto. � il paradosso della domenica delle Palme che ci fa vivere assieme il trionfo e la passione di Ges�. La liturgia, infatti, con la narrazione del vangelo della passione dopo la lettura di quello dell�ingresso in Gerusalemme, quasi a sottolineare la brevit� dello spazio che separa l�� Osanna� dal �Crucifige�, ci mostra subito questo volto che diviene un volto crocifisso. L�ingresso di Ges� nella Citt� santa � certo l�entrata di un re, ma l�unica corona che nelle prossime ore gli viene posta sul capo � quella di spine, lo scettro � una canna e la divisa � un manto scarlatto da burla. Quei rami di ulivo che oggi sono il segno della festa, fra qualche giorno, nell�orto ove si ritirava per la preghiera, lo vedranno sudare sangue per l�angoscia della morte. Ges� non fugge, prende la sua croce e con essa giunge sul Golgota, ove viene crocifisso. Quella morte, che agli occhi dei pi� sembr� una sconfitta, fu in realt� una vittoria: era la logica conclusione di una vita spesa per il Signore. Davvero solo Dio poteva vivere e morire in quel modo, ossia dimenticando se stesso per donarsi totalmente agli altri. E se ne accorge un militare pagano. L�evangelista Marco scrive: �Il centurione, vistolo spirare in quel modo, disse: �Veramente quest�uomo era il Figlio di Dio!�� (Mc 15,39). Secondo una bella tradizione, ognuno di noi porter� a casa il ramo di ulivo benedetto dopo aver cantato assieme ai fanciulli degli ebrei: �Benedetto colui che viene nel nome del Signore�. � la memoria di un giorno santo, quello dell�ingresso di Ges� a Gerusalemme, e resta nelle nostre case segno visibile della pace che nasce dalla presenza del Signore sotto il tetto del proprio cuore. Credo tuttavia che ci debba ricordare anche il bisogno che Ges� ha della nostra compagnia, della nostra amicizia, del nostro affetto. Proprio sotto quei secolari ulivi nel Getsemani Ges�, preso dall�angoscia della morte, volle che i suoi, quelli pi� intimi sui quali forse poteva contare di pi�, gli stessero accanto. E quanto amare sono quelle parole rivolte a Pietro: �Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un�ora sola?� (Mc 14,37). Il ramo di ulivo sia segno del nostro impegno a stare accanto al Signore soprattutto in questi giorni. � un modo bello per consolare un uomo che va a morire per tutti.
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