Mercoled� 5 giugno si � tenuta a Napoli, nell'Auditorium
Arcivescovile, una conferenza di presentazione del libro "Il
caso zingari", a cura di Marco Impagliazzo. Tra i relatori,
Francesco Paolo Casavola, presidente emerito della Corte
Costituzionale; don Gino Battaglia, della Comunit� di
Sant'Egidio; Angelo Scelzo, sottosegretario del Pontificio
Consiglio per le Comunicazioni Sociali; Aldo Masullo,
dell'Universit� Federico II di Napoli e Paolo Morozzo,
dell'Universit� di Urbino.
Al dibattito ha partecipato
anche il Cardinal Sepe, che solo pochi giorni prima era stato uno dei relatori alla presentazione del volume a Roma.
A testimonianza del suo particolare interesse per questo tema,
dopo aver dato il benvenuto ai partecipanti ha affermato: “La Chiesa di Napoli si sente fortemente interrogata dalla presenza di questo popolo ai margini della nostra citt� e vede con profonda preoccupazione il ripetersi di episodi di brutale intolleranza come quelli accaduti nelle scorse settimane a Ponticelli”.
Egli ha poi sottolineato l’importanza dei saggi raccolti nel volume, “un rilevante contributo per la conoscenza del popolo Rom, della sua storia, dei suoi problemi”, al di l� di tanti stereotipi e pregiudizi. “La Chiesa, le istituzioni e la societ� civile - ha aggiunto - sono chiamate a collaborare per offrire accoglienza e solidariet� ai Rom, a partire dai tanti piccoli delle loro comunit�”.
Il Cardinale ha poi ricordato il lavoro delle parrocchie e di varie associazioni fra le quali la Comunit� di Sant’Egidio a favore dei Rom, “tanti dei quali, ha ricordato, sono nostri fratelli nella fede cristiana”. “Di fronte all’intolleranza di alcuni - ha concluso - la nostra Napoli � chiamata a ritrovare il suo cuore autentico, quello dell’accoglienza, e tutte le sue forze migliori sono chiamate a mobilitarsi in questo senso”.
L'evento sulla stampa
Per "Il caso zingari" si mobilita l'intera città
Il Giornale di Napoli - 06/06/2008 «Quello dei Rom è un problema che va affrontato in tutti i campi, anche la Chiesa ha fatto e continuerà a fare la sua parte, perché è un problema di tutti e nessuno può far finta di non sapere». Queste le parole del cardinale Crescenzio Sepe che dall'auditorium della Curia, durante la presentazione del libro di Marco Impagliazzo "Il caso zingari", richiede un intervento di "squadra" tra Chiesa, associazioni del territorio ed istituzioni per arginare «l'emergenza rom. E un argomento di estrema attualità - ha continuato - divenuto un vero e proprio "caso" ed il governo è intervenuto come doveva intervenire nominando come commissario il prefetto Pansa. Dopo la nomina, adesso vanno individuate delle strategie comuni da cui partire, poiché l'apertura agli altri è importante e non possiamo chiuderci alle prime difficoltà». E netto e deciso il riferimento al neo-commissario straordinario per i rom Pansa, presente ieri in sala, che ha ascoltato in silenzio le proposte della Chiesa di Napoli e della Comunità di Sant'Egidio. «Noi di Sant'Egidio - ha spiegato don Gino Battaglia, referente napoletano della comunità - conosciamo la vita dei quartieri e conosciamo la vita nei campi. È da anni che chiediamo alle istituzioni di occuparsi degli zingari. Dobbiamo partire dalla scuola poiché gli zingari sono un popolo giovane, fatto per lo più di bambini. Un popolo così giovane, infatti, può essere cambiato con la scuola, con l'istruzione e l'educazione». L'attualità del libro, specialmente a Napoli non si discute, i fatti di Ponticelli hanno scosso e continuano a colpire molti cittadini. Le stime fatte e pubblicate nel libro parlano di una popolazione molto giovane - il 50% ha meno di 16 anni e il 70% meno di 30 - oltre 140mila persone di cui la metà composta da minorenni. «Si tratta di una realtà lillipuziana - ha affermato Angelo Scelzo, sottosegretario del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali - i cui contorni rimangono modesti anche se la si raffronta con la presenza gitana in altri paesi a noi vicini». Tra le strategie di azioni per l'integrazione due vengono dal giurista Francesco Paolo Casavola che individua come possibili «chiavi d'azione»: una carta dei valori ed una forte identità religiosa.
Sepe e gli zingari «Soluzioni vere non pregiudizi»
Il Mattino - 06/06/2008 Spazzare via i luoghi comuni sugli zingari: ladri di bambini, mendicanti, sporchi, criminali, ecco l’obiettivo de Il caso zingari, il libro curato da Marco Impagliazzo della Comunità di Sant’Egidio e presentato all’auditorium arcivescovile, Un contributo «a una cultura politica - dice don Gino Battaglia, responsabile della Comunità - non appiattita sulle emozioni del momento e sugli archetipi del nemico, nomade e straniero». Una realtà marginale, quella degli zingari, se si considera che rappresenta lo 0,25% della popolazione italiana, vale a dire uno su quattrocento. «Quindi - spiega Paolo Morozzo della Rocca, dell’Università di Urbino - nessuna invasione zingara, ma una realtà i cui contorni rimangono modesti se la si raffronta ai paesi a noi vicini». Infondate anche le leggende sul coinvolgimento dei minori zingari in azioni criminose: dai dati forniti dal ministero di Grazia e giustizia relativamente al 2006 su 19.920 minori che delinquono solo 2,424 sono zingari. Una urgenza sociale, culturale e religiosa che interroga la Chiesa e per la quale il cardinale Crescenzio Sepe - una presenza fuori programma assieme a quella del prefetto Alessandro Pansa - invoca «soluzioni non affrettate e non impietose, ma la collaborazione di tutti perché non si può - aggiunge Sepe - non aprirsi all’altro, non accoglierlo con tutte le sue difficoltà». Che - rilancia don Gino Battaglia - «noi conosciamo e ne conosciamo anche i bisogni». Per questo «non si può pretendere di proibire l’accattonaggio senza metterli in condizione di non farlo, - dice don Gino Battaglia - né pretendere che i bambini non siano portati a chiedere l’elemosina senza costruire delle alternative». E invoca una politica forte: «Ma una politica forte - aggiunge - non è mostrare i muscoli un’ora a scopo propagandistico. La politica forte non sono gli sgomberi, che spostano il problema in un altro quartiere». Ecco allora le proposte: istruzione e abitazioni. «Per dare dignità a ogni uomo», rilancia Angelo Scelzo sottosegretario del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali. Il quale aggiunge: «Bruciano ancora le immagini dei campi, e ancora di più le frasi pronunciate da bimbi le cui coscienze sono già state manipolate da altri. Ma è questo il segno di un forte disagio sociale dove la povertà rischia di diventare un reato». Le immagini di un Paese frammentato «dove - aggiunge Scelzo - si alimenta il malessere, e c’è invece l’urgenza di porre in atto serie politiche di integrazione». L’unica chiave possibile, allora, secondo il presidente emerito della Corte costituzionale, Francesco Paolo Casavola, è «puntare sull’istruzione e sulla religione. Perché - spiega Casavola - sui principi religiosi si è sempre costruita l’identità nazionale. Ed, allora, su di essa sarà possibile sperare e credere di costruire un’integrazione possibile». «La tutela delle minoranze - scrive Andrea Riccardi nella prefazione - è uno dei principi della nostra Costituzione. Gli zingari non hanno mai vissuto un’epopea nazionale, ma sono europei nelle loro fibre intime. Si sono conquistati con il sangue il diritto di essere minoranza, anche se non hanno un proprio territorio». La testimonianza di Ceija Stojka bimba zingara che fu a Bergen-Belsen, sintetizza nel libro l’odissea di un popolo: «Noi abbiamo costituito un popolo che è stato considerato sempre e comunque l’incarnazione del male…. mi vedo davanti al diluvio universale, vedi la miseria non appena i bambini corrono e le SS li rincorrono. Questo ricordo non mi ha mai abbandonato…. Ricominciare a vivere non è facile. Dio ha voluto che non scomparissimo del tutto Egli ha salvato alcuni da quella follia, dagli artigli della comunità di criminale che altro non erano».
"Il caso zingari" in un libro
Sepe: problema risolvibile
La Repubblica - 06/06/2008 Dai fatti di Ponticelli alle barricate leghiste a Mestre. "Il caso zingari" è stato al centro ieri della presentazione dell´omonimo libro, raccolta di interventi sul tema curata con lungimiranza, ben prima degli ultimi casi di cronaca, da Marco Impagliazzo. Padrone di casa, nell´Auditorium arcivescovile, il cardinale Crescenzio Sepe, che si è affacciato per un saluto. Dopo avere ricordato che il governo ha nominato dei commissari nelle tre principali città italiane (in platea sedeva quello napoletano, il prefetto Alessandro Pansa), ha riferito che «i sacerdoti ci dicono che non si può lasciare andare il problema, questo va affrontato. E se facciamo gioco di squadra, nessun problema è irrisolvibile». Fra gli intervenuti, Paolo Morozzo della Rocca ha evidenziato che in Italia gli zingari sono appena 130-140mila. Angelo Scelzo, sottosegretario del pontificio Consiglio per le comunicazioni, ha battuto il tasto del diritto all´educazione per i bimbi rom. Gino Battaglia della Comunità di Sant´Egidio ha esortato gli amministratori a non inseguire solo il consenso. Infine Francesco Paolo Casavola, presidente emerito della Corte costituzionale, ha concluso che l´alterità degli zingari possa essere superata con la religione post-conciliare e con l´abbinata istruzione-cultura.
Napoli e ''Il caso zingari'': le riflessioni della Comunità di Sant'Egidio
Redattore Sociale - 05/06/2008 Circa 4 mila rom in Campania vivono senza nulla, come terremotati. Per chiunque ci si porrebbe il problema dell’aiuto nell’emergenza. Agli zingari, che vivono così da anni, è però negato tutto. La denuncia nel libro di Marco Impagliazzo
NAPOLI - Circa quattromila rom, di cui moltissimi bambini, in Campania vivono senza nulla, come terremotati, come alluvionati. Per chiunque ci si porrebbe il problema dell’aiuto nell’emergenza. Agli zingari, che vivono così da anni, è però negato tutto. Non hanno luce, acqua, servizi igienici, attrezzature per la raccolta dei rifiuti. La situazione dei campi è peggiorata un po’ dovunque: è entrata la droga; non c’è quasi scuola; c’è una generazione intrappolata. La denuncia parte dalla Comunità di Sant’Egidio che ha presentanto questa sera a Napoli, il libro curato da Marco Impagliazzo, “Il caso zingari”. “È un problema che va approfondito in tutti i suoi aspetti – ha detto il cardinale Sepe, arcivescovo della città - ed è di estrema attualità non solo a Napoli, è un problema risolvibile però se tutti ci impegniamo nel rispetto della legalità e dell’accoglienza dell’altro. Anche la Chiesa deve fare la sua parte”. Presente all’incontro anche il prefetto di Napoli Alessando Pansa, recentemente nominato commissario straordinario per i rom. L’attualità del libro, specialmente qui a Napoli è indiscutibile, ma il caso riguarda certamente l’intero Paese che conta 140 mila persone, delle quali una buona metà composta da minorenni. In pratica uno su quattrocento. Tra gli zingari presenti in Italia circa 70 mila, quindi tra la metà ed il 60% del totale, sono italiani; e lo sono quasi tutti perche discendenti di famiglie stabilitesi in Italia tra il 1300 ed il 1400. Dati che interpellano tutti e che invitano a riflessioni costruttive. “È necessaria perciò una politica forte – dice Gino Battaglia, referente napoletano della Comunità – che non è mostrare i muscoli un’ora a scopo propagandistico. La politica forte non sono gli sgomberi, che spostano il problema da un’altra parte, in un altro quartiere, in un altro comune. Si faccia una politica veramente seria. Cioè si affrontino i problemi”. Sul tavolo anche la questione dell’accattonaggio che ha creato non poche difficoltà ai vertici istituzionali: non si può pretendere di proibire l’accattonaggio senza mettere i bambini in condizione di non farlo, non si può pretendere che i bambini non siano portati a chiedere l’elemosina senza costruire delle alternative. Occorre severità, allora, verso i genitori che mandano i figli a chiedere l’elemosina o a rubare. Così come “non si può rimproverare ai zingari di essere sporchi o di vivere in mezzo alla spazzatura – ha spiegato don Gino Battaglia, referente napoletano della Comunità - sono per lo più senza lavoro, non hanno alcuna forma di assistenza, hanno mille difficoltà per andare a scuola. Come si può accusarli di vivere di accattonaggio? Ci sarà sempre, in una situazione di bisogno estremo, chi sarà spinto a commettere reati o a vivere di espedienti”. Non meno urgente il problema abitativo. Il vero modo di avviare certi problemi a una soluzione duratura è offrire agli zingari presenti in Campania la possibilità di una vita minimamente dignitosa, insomma il libro pone problemi seri ma anche possibili soluzioni: istruzione, formazione, alloggi, problema culturale. Partire dalla scuola perchè gli zingari sono un popolo giovane, prevedendo però il sostegno alla scolarizzazione, costruire alloggi tipo piccoli insediamenti attrezzati distribuiti sul territorio, nel contesto della necessaria riqualificazione generale dei quartieri o dei comuni che accolgono i rom. “Quanto è accaduto a Napoli ha accresciuto perversamente la “popolarità” di violenti che si propongono come difensori della sicurezza della gente e (ciò che è peggio) accredita la violenza come via per risolvere problemi complessi come quello dei rom”, ha concluso Battaglia. (es)
SIR - 03/06/2008
ZINGARI: COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO, “A NAPOLI L’INSICUREZZA NON DIPENDE SOLO DA LORO”
Sarà presentato anche a Napoli, dopo Roma, il libro curato da Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, “Il caso zingari”. Il 5 giugno, nell’auditorium arcivescovile, Francesco Paolo Casavola, presidente emerito della Corte costituzionale, Angelo Scelzo, sottosegretario del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali, il filosofo Aldo Masullo, Paolo Morozzo della Rocca dell’Università di Urbino, Gino Battaglia della Comunità di Sant’Egidio discuteranno del libro e della situazione a Napoli dopo i ripetuti roghi nei campi rom di Ponticelli (l’ultimo risale al 28 maggio). “Anche in una città accogliente e pacifica come Napoli – afferma Antonio Mattone della Comunità di Sant’Egidio partenopea – c’è un crescente senso di insicurezza che bisogna interpretare. È una semplificazione che non aiuta nessuno ritenere che la sicurezza della città dipenda dall’assenza di zingari”. Per questo, “in un momento delicato come quello che si sta vivendo a Napoli (oltre agli incendi e agli attacchi ai campi rom di Ponticelli, un paio di bambini del quartiere hanno scritto in un tema che è stato giusto cacciare i rom dai campi, ndr) occorre – dice Mattone - capire a fondo il fenomeno rom, la loro storia, le persecuzioni di cui sono stati vittime come quella nazista, i problemi connessi al loro modo di vivere”.
Il "caso zingari" - Cultura nomade tra diritti umani e doveri civili
L'Osservatore Romano - 22/05/2008 Esiste oggi in Italia un "caso zingari"? E in caso affermativo, di che cosa si tratta? È solo un problema di sicurezza e di criminalità, come si tende a dire ovunque? O il problema nasce anche dal razzismo con cui guardiamo agli immigrati in genere, e ancor più agli zingari, come ad una presenza di per sé pericolosa e disturbante? E chi sono gli zingari presenti oggi in Italia? stranieri senza fissa dimora, cittadini europei, cittadini italiani? Una raccolta di contributi (Il caso zingari, a cura di Marco Impagliazzo, introduzione di Andrea Riccardi, appendice documentaria curata da Gabriele Rigano, Milano, Leonardo International, 2008) pone proprio questo problema, e lo analizza soprattutto dal punto di vista giuridico, con un'angolatura abbastanza inedita nella discussione sulla presenza dei gruppi nomadi in Italia, che richiama le polemiche di questi giorni. La storia della presenza di nomadi, sinti o rom, in Italia è in realtà una storia quasi del tutto sconosciuta. Dal saggio di Marco Impagliazzo emerge innanzitutto come essi siano originari dell'India, e come si siano stabiliti sul suolo europeo in successive ondate migratorie, in forma del tutto pacifica, ma tali da comportare gravi difficoltà di inserimento. In Italia, gli zingari sono scesi sin dal Trecento, anche se, come nel resto d'Europa, la loro presenza è sovente stata accompagnata da decreti di espulsione, bandi, e perfino condanne a morte comminate non in base a crimini eventualmente commessi, ma in base al loro essere "zingari". Impagliazzo parla di "antigitanismo", termine coniato espressamente su quello di antisemitismo ad indicare un atteggiamento di ostilità verso gli zingari a prescindere dal loro comportamento, in base alla loro sola natura di "zingari". Il richiamo all'antisemitismo non è casuale, come ricorda in queste pagine il saggio di Amos Luzzatto, dal momento che gli zingari hanno avuto in comune con gli ebrei la caratteristica di essere un popolo senza territorio, oltre ad averne condiviso la sorte nei lager nazisti, dove sono stati sterminati un numero imprecisato di sinti e rom, tra duecento e cinquecentomila. Un debito verso di loro che la società europea ha teso a dimenticare e che comunque non ha mai riconosciuto apertamente. Ma veniamo alla questione del loro stato giuridico, dei diritti cioè, che il volume analizza in due saggi di grande interesse, uno di Giovanni Maria Flick, vice presidente della Corte Costituzionale, l'altro dello storico del diritto Paolo Morozzo della Rocca. Attualmente, gli zingari presenti in Italia sono fra centoventi e centoquarantamila, lo zero e venticinque della popolazione. Oltre settantamila di essi sono cittadini italiani, che teoricamente, quindi, dovrebbero godere dei diritti e dei doveri degli altri cittadini, ma che vengono generalmente, sia a livello dell'immaginario collettivo che sotto il profilo amministrativo e burocratico, considerati come stranieri. Dei restanti settantamila, la metà circa sono rumeni, cioè cittadini dell'Unione europea, gli altri provengono dall'ex Iugoslavia, che non fa parte dell'Unione europea, e sono quindi in una situazione di maggior precarietà giuridica, tanto più che non sono stati inseriti fra le minoranze riconosciute come tali dalla legislazione italiana perché privi di un collegamento territoriale. Ma, come scrive Flick, "si può essere abusivi su un terreno, o su tutti i terreni; ma non si può essere abusivi sulla Terra, tanto meno in Europa". Eppure, le possibilità di integrazione di rom e sinti in Italia sono scarsissime, e non solo per la resistenza degli stessi zingari all'integrazione, ma per le difficoltà concrete, essendo "zingari", di trovare lavoro, casa, di essere ammessi a scuola. L'aspettativa di vita media degli zingari, in Italia, è di poco più di 45 anni, contro gli oltre 79 anni del resto della popolazione. Solo il trenta per cento dei bambini zingari in età scolare frequenta la scuola dell'obbligo. Tutto questo, e il libro lo ripete chiaramente, non vuol dire non riconoscere che esiste un problema di criminalità e che le difficoltà di integrazione sono reali. Ma la criminalità si colpisce arrestando i criminali, non considerando criminale un popolo intero. Nella legislazione italiana, la mendicità - lo ricordiamo perché non tutti lo sanno - non è reato. Ma lo è, ad esempio, sottrarre minori alla scolarità per mandarli a mendicare. Se le autorità non intervengono, eventualmente anche sottraendo i minori alla potestà dei genitori, è per il diffuso pregiudizio che si tratti di un atteggiamento naturale, indice di una diversità inassimilabile, non integrabile nella società. Con pregiudizi di tal fatta, non solo non aiutiamo l'integrazione, e anzi la blocchiamo, ma non colpiamo nemmeno la criminalità. L'Italia, lungi dall'essere un paese troppo tollerante, come spesso si ama considerare, è stata più volte, anche recentemente, richiamata al rispetto delle norme comunitarie dall'Unione europea per le politiche di segregazione e di violazione dei diritti umani nei confronti degli zingari. L'appartenenza all'Unione europea impone dei doveri che sono da rammentare, volentieri e giustamente, ai Paesi che vogliono essere ammessi a farne parte. Non bisogna però ricordarlo anche a se stessi, rammentando che esiste un livello minimo di civiltà che un paese dell'Unione europea deve adottare verso i suoi immigrati e verso chi, autoctono o meno, abita il suo territorio?
|