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La celebrazione del 42° anniversario della Comunità di Sant'Egidio a Roma e nel mondo


 
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Giovedì 4 febbraio 2010


In occasione del 42° anniversario della fondazione della Comunità di Sant'Egidio, si è svolta una Liturgia Eucaristica, presieduta dal Cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, nella Basilica di San Giovanni.

Erano presenti poveri, vescovi e cardinali, ambasciatori, rappresentanti delle istituzioni, delle Comunità nel mondo per festeggiare tutti insieme questo anniversario.

Tra i molti vescovi presenti, Pierre Dumas, vescovo di Haiti con cui la Comunità ha avviato progetti di sostegno alla popolazione e per aiutare la ricostruzione del paese vittima del recente sisma.


L'omelia del Card. Bagnasco

La festa per l'anniversario della Comunità, a Roma e nel mondo - Gallerie di foto

Roma -galleria di foto

 

Le immagini della festa a San Giovanniin Laterano

Lucca - galleria di foto

L'arcivescovo mons. Italo Castellani  ha visitato la mensa per i poveri e ha presieduto una preghiera di ringraziamento.

 

Lilongwe (Malawi) - galleria di foto

A Lilongwe, domenica 7 febbario la Comunità di Sant'Egidio si è riunita nella chiesa di Mtimawoyera per la celebrazione della Liturgia di ringraziamento per il 42° anniversario.

Conakry (Guinea Conakry) - galleria di foto

A Conakry si è celebrata la liturgia neella chiesa di Saint Michel a Coleah, presieduta dal nunzio, mons Krebs.

L'anniversario è stato celebrato anche in altre località del paese: N’Zerekore, Macenta e Dalaba. A Kindia la celebrazione è avvenuta nella prigione centrale, con più di 100 prigionieri.

Jojakarta (Indonesia) - galleria di foto

Domenica 7 febbraio a Yogyakarta, nella chiesa di Priwulung, accanto alla casa della Comunità, si è celebrata una liturgia per  il 42° anniversario della Comunità di Sant'Egidio.

Genova (Italia) - galleria di foto

Preghiera di ringraziamento in occasione del 42° anniversario della Comunità di Sant'Egidio presieduta dal card. Angelo Bagnasco, nella basilica della SS. Annunziata. OMELIA

Faisalbad (Pakistan) - galleria di foto

Con una liturgia a cui hanno partecipato tanti amici e tanti bambini della Scuola della Pace, a Faisalabad, in Pakistan, è stato  celebrato il 42° anniversario della Comunità di Sant'Egidio.

Livorno (Italia) - galleria di foto

Le immagini della festa

Barcellona (Spagna) - galleria di foto

In occasione del 42° anniversario, la Comunità di Sant'Egidio di Barcellona, ha festeggiato con una liturgia di ringraziamento presieduta il Card. Lluís Martínez Sistach nella Cattedrale Metropolitana.

Messina (Italia) - galleria di foto

Le immagini della festa

Boston (USA) - galleria di foto

A Boston si è  celebrato il 42° anniversario della Comunità di Sant'Egidio il 24 febbraio 2010 con una preghiera di ringraziamento, nella chiesa della Our lady of Lourdes School, dove la Comunità si riunisce regolarmente per la preghiera serale.

Firenze (Italia) - galleria di foto

Omelia di Mons. Giuseppe Betori alla celebrazione del 42° anniversario della Comunità di Sant'Egidio

Un anno con Sant'Egidio
Le parole di papa Benedetto XVI alla Comunità e alla mensa di via Dandolo, a Roma, il 27 dicembre rappresentano anche una sintesi di quello che la Comunità di Sant’Egidio cerca di essere ogni giorno:

Cari Amici!

È per me un’esperienza commovente essere con voi, essere qui nella famiglia della Comunità di Sant’Egidio, essere con gli amici di Gesù, perché Gesù ama specialmente le persone sofferenti, le persone con difficoltà, e vuole averli come i suoi fratelli e sorelle (…) Durante il pranzo ho potuto conoscere un po’ la storia di alcuni, come riflesso delle situazioni umane qui presenti, ho ascoltato vicende dolorose e cariche di umanità, anche storie di un amore ritrovato qui a Sant’Egidio: esperienze di anziani, emigrati, gente senza fissa dimora, zingari, disabili, persone con problemi economici o altre difficoltà, tutti, in un modo o nell’altro, provati dalla vita. Sono qui tra voi per dirvi che vi sono vicino e vi voglio bene e che le vostre persone e le vostre vicende non sono lontane dai miei pensieri, ma al centro e nel cuore della Comunità dei credenti e così anche nel mio cuore.
Attraverso gesti di amore di quanti seguono Gesù diventa visibile la verità  che “(Dio) per primo ci ha amati e continua ad amarci per primo; per questo anche noi possiamo rispondere con l’amore” (Enc. Deus caritas est, 17). Gesù dice: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,35-36). E conclude: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (v. 40). Ascoltando queste parole, come non sentirsi davvero amici di quelli in cui il Signore si riconosce? E non solo amici, ma anche familiari. Sono venuto tra voi proprio nella Festa della Santa Famiglia, perché, in un certo senso, essa vi assomiglia. Infatti, anche la Famiglia di Gesù, fin dai suoi primi passi, ha incontrato difficoltà: ha vissuto il disagio di non trovare ospitalità, fu costretta ad emigrare in Egitto per la violenza del Re Erode. Voi sapete bene cosa significa difficoltà, ma avete qui qualcuno che vi vuole bene e vi aiuta, anzi, qualcuno qui ha trovato la sua famiglia grazie al servizio premuroso della Comunità di Sant'Egidio, che offre un segno dell’amore di Dio per i poveri.
Qui oggi si realizza quanto avviene a casa: chi serve e aiuta si confonde con chi è  aiutato e servito, e al primo posto si trova chi è maggiormente nel bisogno. Mi torna alla mente l’espressione del Salmo: “Ecco, come è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme” (Sal 133,1). L'impegno di far sentire in famiglia chi è solo o nel bisogno, così lodevolmente portato avanti dalla Comunità di Sant’Egidio, nasce dall’ascolto attento della Parola di Dio e dalla preghiera. Desidero incoraggiare tutti a perseverare in questo cammino di fede

La coincidenza con il Natale ha sottolineato con più forza che nel passato come la Comunità di Sant’Egidio sia un sinonimo di amicizia con i poveri in tutto il mondo, nelle carceri, nelle bidonvilles, nelle grandi periferie urbane, e come Natale abbia acquistato un significato nuovo e naturale nel fare “famiglia con i poveri”: oltre 120 mila persone radunate in centinaia di pranzi di Natale in tutto il mondo ne rappresentano un esempio planetario, spesso visitati dalle autorità locali, dai vescovi di ogni città e realizzati con l’aiuto di tanti, credenti e non credenti, in una riscoperta contagiosa di quello che vale in un mondo che va perdendo il senso della gratuità.

Un anno di impegno particolare sul terreno spirituale e dell’approfondimento biblico, in un percorso di rinnovamento interiore che ha rafforzato la presenza dei luoghi di preghiera della Comunità in molte città italiane e del mondo, con l’apertura di case, centri culturali e di preghiera in diverse località, come a Kigali e a La Havana.  Un anno programmatico, in sintesi, di rinnovamento spirituale, di recupero delle radici nell’approfondimento della vocazione di pace dell’intera vita della comunità e non solo nelle mediazioni e nelle azioni di riconciliazione nei conflitti.  La preghiera è al centro della vita della Comunità, dove c'è una Comunità di Sant'Egidio, in molti luoghi d'Italia e del mondo, c'è una preghiera aperta a tutti.
E' così che si spiega come la preghiera principale della comunità di Sant'Egidio, ospitata nella basilica di Santa Maria in Trastevere, sia diventato un luogo di pellegrinaggio e di preghiera nella città di Roma, con circa 300 mila presenze in un anno. La preghiera tutte le sere, ne ha fatto uno dei "santuari urbani" più visitati a Roma e nel mondo, l'unico aperto alla sera. Mentre sono cresciute le celebrazioni e le visite della memoria nel luogo che conserva le reliquie e le testimonianze dei martiri e dei testimoni della fede, della carità e della giustizia a San Bartolomeo all’Isola Tiberina.La preghiera da Roma è trasmessa in diretta alla radio dal circuito radiofonico InBlu, in Italia, e viene sempre più seguita sul sito web, in diretta, anche in altri continenti.
Anno difficile quello appena trascorso, per il mondo, in Italia, in molti dei 70 paesi in cui la Comunità di Sant’Egidio è presente con 50 mila membri e molti amici. Le difficoltà della ripresa mondiale, la perdita del lavoro per molti, le minori risorse a disposizione della cooperazione e solidarietà, una crisi di visione e di coesione di molte società europee e del sud del mondo, la crescita della violenza urbana diffusa nelle megalopoli e nelle periferie di città occidentali, africane e dei paesi del nuovo sviluppo, la crisi di un pensiero “africano” di solidarietà e interdipendenza con l’Europa e per l’Europa, terremoti e calamità naturali rese disastri epocali da avidità e mancanza di prevenzione hanno accompagnato la vita di gran parte del pianeta.
E le Comunità di Sant’Egidio hanno vissuto come proprie gran parte delle difficoltà del mondo, non solo come solidarietà con i più deboli, ma anche perché naturalmente immerse e presenti nei punti delle ferite vecchie e nuove.
La paura  si è imposta come una grande tentazione soprattutto in molte società europee e in Italia, alle prese con la crisi economica  e sociale e con un forte senso di incertezza per il futuro. Uno dei frutti, in molte aree del pianeta, è stato la crescita della violenza e l’individuazione dei poveri o di minoranze etniche e sociali come una possibile spiegazione e causa di un maggiore senso di insicurezza e di fragilità personale e sociale. Per questo la Comunità di Sant’Egidio, in molte città d’Italia, in Europa, in Africa, in zone del mondo dove cristiani, zingari, persone senza dimora, bambini di strada, anziani, minoranze sono state fatte oggetto di violenza, si sono spese per ricostruire le ragioni del “vivere insieme” e svuotare il senso di paura e insicurezza, la solitudine delle grandi città, lo spaesamento e la ricerca di “capri espiatori”, per svuotare la violenza e una cultura della violenza, attraverso le “scuole della pace”, i movimenti internazionali  Genti di Pace, il Paese dell’Arcobaleno, gli Amici, Viva gli Anziani, Giovani per la Pace e le Comunità e le Scuole del Vangelo nei quartieri delle periferie urbane.
Pochi giorni prima di Natale il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il 23 dicembre, aveva voluto rappresentare la necessità di una maggiore attenzione alla vita di chi vive nella debolezza e nella marginalità sociale visitando la comunità di Sant’Egidio e incontrando disabili, immigrati, zingari, anziani, bambini, persone senza dimora e disoccupati.
In ogni punto d‘Italia e del mondo in cui è presente una Comunità di Sant’Egidio il 2009 è stato un anno di preghiera, approfondimento spirituale, e un Anno per l’Africa e dell’Africa che appare un banco di prova decisivo per una nuova identità e ruolo positivo dell’Europa nel mondo, e per la Chiesa. L’ospitalità ai vescovi riuniti a Roma per il Sinodo Africano e i contributi di membri delegati della Comunità al Sinodo stesso ne sono stati un momento non secondario, come la grande liturgia per l’Africa celebrata con i Padri sinodali a Santa Maria in Trastevere. Africa e amicizia con l’Africa sono stati il cuore del Convegno a Roma "Etiopia, un cristianesimo africano", con il patriarca della chiesa ortodossa in Etiopia, Abuna Paulos. Anche pensando al futuro, come nell’incontro “Europa, Cina e Africa: nuove vie per lo sviluppo internazionale”, svolto a Roma con studiosi e personalità convenute dai due continenti e dal paese asiatico.
Un anno di violenza, però, nel mondo, che non ha risparmiato la comunità. L’uccisione di William Quijano, un giovane responsabile della Comunità di Sant’Egidio di San Salvador, da parte delle “maras” perché impegnato nella costruzione di una cultura alternativa di pace per i bambini marginali di quel paese, ha colpito duramente tutta la Comunità e ha allungato il numero dei testimoni del Vangelo, che gratuitamente danno la loro vita per gli altri per amicizia con i poveri. Come Floribert, un altro membro della Comunità, un giovane funzionario della dogana ucciso meno di due anni prima alla frontiera del Congo per non avere accettato la via d’uscita della corruzione per autorizzare quello che sarebbe stato di grave danno per la vita di molti: a Floribert è stata dedicata la scuola di Goma per i profughi e i rifugiati di quella zona dei Grandi Laghi ancora sotto le conseguenze della guerra e della povertà creata dall’eruzione vulcanica.
Violenza che ha spesso preso di mira i poveri, le minoranze, gli immigrati, in Italia e altrove. Tutto l’anno è stato costellato dalle iniziative della comunità per resistere culturalmente e con proposte alle semplificazioni che hanno teso a rendere più dura la vita di chi è già provato dalla povertà all’interno di norme a pioggia sul tema “sicurezza”, in Italia e altrove. Manifestazioni pubbliche a Kiev per difendere  i poveri “invisibili”;  a Bukavu, con l’ottenuta liberazione dei ragazzi di strada arrestati per motivi di “decoro urbano”e la restituzione alle famiglie e a comunità; il permesso di soggiorno ottenuto per il fratello di un giovane senegalese ucciso vicino Roma, a Civitavecchia, perché possa sostenere la famiglia; le veglie a Napoli nel rione Ponticelli con migliaia di persone alla marcia della Comunità come risposta alla violenza contro i rom; la riflessione culturale sul male e la violenza con il cardinale Sepe e Roberto Saviano, assieme alle marce in Ungheria per contrastare l’antisemitismo e la violenza verso i poveri; la liberazione dei prigionieri a Garoua, in Camerun, “riscattati” dall’azione della Comunità, la veglia e la solidarietà concreta a Cali, in Colombia di fronte al tentativo di avvelenamento delle persone senza dimora: sono un’eco di come in tutto il mondo con iniziative grandi e piccole le Comunità di Sant’Egidio lavorino a ricreare un clima di convivenza civile e a creare una protezione verso chi è fatto segno di violenza individuale e collettiva.
E’ lo stesso impegno che in Italia ha visto le diverse Comunità  in uno sforzo di proposta, denuncia  e ragionamento per ridurre il peso di iniziative non sempre necessarie sul terreno della sicurezza e a forte rischio di criminalizzazione dei poveri. Un anno di impegno, non privo di difficoltà nel tentare di fermare l’introduzione del reato di clandestinità in Italia, che ha aumentato l’affollamento e l’invivibilità delle prigioni italiane senza aumentare la sicurezza, nel promuovere la regolarizzazione delle “badanti”, nel denunciare le violazioni dei diritti dei bambini rom alle prese con lo sforzo, sempre interrotto dagli sgomberi,  di inserimento scolastico, nel portare all’attenzione nazionale dati  e proposte per ridurre il rischio di criminalizzazione degli immigrati in Italia. E’ in questo contesto che si sono intensificate le proposte a favore degli anziani, allargando il programma Viva gli Anziani, le conferenze e i dibattiti pubblici anche a livello internazionale sugli “Zingari, europei senza patria” (Budapest, gennaio 2010), o gli appelli per “Ricominciare a vivere insieme” (Firenze), o gli interventi a Rosarno a favore degli immigrati fatti segno di violenze e le preghiere di solidarietà a Roma, Milano e in altre città d’Italia, o l’impegno per non criminalizzare i poveri della strada con un convegno a Padova e molte iniziative in Sicilia, come anche la vicinanza e l’aiuto più intenso a La Havana verso le persone senza dimora in un inverno più freddo degli altri.
In sintesi, un lavoro straordinario e non sempre facile, per evitare le conseguenze culturali di interventi legislativi e politici non preoccupati di contrastare l’irrazionalità e la paura fino alla colpevolizzazione dei poveri e degli immigrati: aiutare le società civili dei paesi in cui la Comunità è presente a non innescare una cultura del disprezzo delle minoranze, che rischia di diventare pericolosa e di assumere via via le forme dell’antigitanismo, dell’antisemitismo, della xenofobia e della criminalizzazione delle minoranze sociali o etniche, degli immigrati in Italia e in Europa o in Africa e in altri continenti, è stata una delle preoccupazioni costanti di tutte le Comunità di Sant’Egidio.
Nella stessa linea di impegno per ricostruire le ragioni del vivere insieme si è collocata la partecipazione della comunità, che aveva avuto un ruolo di primo piano nel negoziato di pace che ha messo fine alla guerra civile in Burundi, alla Commissione per la verità e la riconciliazione nel paese: un passo decisivo per superare le ferite profonde del genocidio senza altro spargimento di sangue.
Questo si è accompagnato a un impegno straordinario nelle emergenze umanitarie che dall’Italia hanno segnato un anno faticoso per il mondo: dal terremoto in Abruzzo – la Comunità si è rivolta fin dal’inizio soprattutto agli anziani umanizzando e rendendo possibile la sopravvivenza di molti rimasti soli e la riunificazione di nuclei familiari - , a Padang, in Indonesia, dopo il terremoto, a San Salvador e in Malawi, a Karonga, nel Nord Kivu, a Cuba e ad Haiti: con aiuti di prima necessità, tende contro il freddo, la ricostruzione della vita per i bambini e degli anziani, i più esposti alle conseguenze tragiche del dopo terremoto. La presenza sul terreno di comunità di autoctoni ha fatto della Comunità di Sant’Egidio uno dei soggetti più efficaci sul terreno fin dalle prime ore rispetto alla macchina degli aiuti locali e internazionali tradizionale.

E’ praticamente impossibile sintetizzare anche solo i passaggi principali di una realtà che vive in tutti i continenti, che utilizza più di venti lingue principali e che si caratterizza per essere sempre locale, autoctona, e sempre globale, con i problemi del mondo che sono anche, sempre, avvertiti come interni, ferite e sfide dove lontano e vicino tendono a coincidere. E’ quello che fa di Sant’Egidio quello che è, una famiglia anche se in tanti, anche se il giorno della Marcia della Pace, il 1 dell’anno in occasione della giornata della pace promossa dal papa, quasi 500 mila persone hanno partecipato in vari punti del mondo alle marce e alle manifestazioni pubbliche che segnano l’impegno programmatico, esistenziale e spirituale di chi fa riferimento a Sant’Egidio.
Un’idea si ha dal sito web della Comunità. Visitato in tutto il mondo, con 6 lingue principali e parti tradotte e accessibili in altre 7 lingue. In rapida sintesi, se ne ricava che il centro è la preghiera e che l’amicizia, e l’amicizia con i poveri, è il modo quotidiano in cui questo si esprime. Ecumenismo, dialogo, pace, l’impegno per i diritti umani e per la vita, siano quelli degli anziani, delle donne sole di fronte a gravidanze combattute, gli immigrati, i rifugiati, i profughi, i prigionieri, le persone che vivono in strada, o contro la pena di morte. A entrare in qualcuna delle finestre del sito si scopre che nessuno è mai così povero da non avere la dignità di aiutare gli altri: fino al programma che vede i carcerati italiani e di altre prigioni europee aiutare i carcerati del sud del mondo con pezzi di sapone, cibo, francobolli e carta. E così gli anziani, che con il loro movimento sostengono anche con autotassazioni e lavori artigianali il programma di cura dell’AIDS in Africa, DREAM, o le cene itineranti per le persone che vivono per strada, o quelli isolati in istituto. E così le persone delle comunità e delle scuole del vangelo delle periferie, che si occupano degli immigrati, degli anziani soli, di chi vive senza una casa.
Ala vigilia della Festa la Comunità di Sant’Egidio è impegnata nell’”Emergenza Haiti”, dove è già attiva da anni, con gli orfani e gli anziani, e dove sono già andate ad aiutare oltre le persone locali anche rappresentanze dalle comunità dei carabi e americane.
Accanto c’è la finestra del programma Bravo!, Birth Registration for All Versus Oblivion, per la registrazione anagrafica dei bambini invisibili. Un milione da registrare in Burkina Faso, come primo passo per fare esistere 5 milioni di bambini e adulti mai “esistiti” e a rischio di tutti gli abusi, illegalità e violenze. Un programma destinato a crescere e a diventare una nuova dimensione dell’adozione a distanza nel mondo, dove ogni anno nascono 55 milioni di bambini che non potranno mai esistere in maniera normale, mai andare a scuola, e che sono illegali nel paese in cui nascono, un bacino sterminato per tutti i ladri di bambini e i trafficanti umani,un rischio anche per le future guerre civili, sociali ed etniche.
Ci sono le immagini del ricordo, a fine gennaio, di tutte le persone che a Roma sono morte per strada, e che sono aumentate, negli ultimi due anni, a prova di una crescita di difficoltà di vita e isolamento nella città Sono immagini che stanno accanto a quelle dei pranzi di natale nel mondo, festa, speranza, dignità, alla Guida Dove Mangiare Dormire Lavarsi, oltre la ventesima edizione, uno strumento indispensabile per vivere con dignità e non sopravvivere e rischiare di morire di freddo e da soli. Si capisce che c’è uno sforzo corale per attenuare le difficoltà di vita dei più poveri nel mondo e le conseguenze negative sulla qualità della convivenza civile: la guida “Come rimanere a casa propria da anziani”, realizzata in diverse città italiane, gli incontri di Budapest, Kiev, La Avana per sostenere persone che vivono per strada e zingari, le conferenze stampa in Italia per evitare che misure di bonifica di insediamenti rom fatiscenti, come Casilino 900 producano come “effetti collaterali” spostamenti di famiglie regolari, interruzione del rapporto con la suola e dei percorsi di inserimento sociale dei bambini e degli studenti rom, il trasporto in centri previsti per profughi e immigrati clandestini per bambini e famiglie di persone nate in Italia e in Italia da due generazioni, anche se con documenti irregolari perché in origine ex-jugoslavi.
Emerge il volto normale della Comunità di Sant’Egidio, compagna di strada delle difficoltà di vita, in aumento, dei poveri, che i poveri conosce per nome, per storia, per vicinanza e che mette a disposizione anche delle autorità civili la possibilità di percorsi meno massificati di affronto dei problemi sociali, non sempre ascoltata. All’interno, le cronache di un accresciuto numero di iniziative, come l’apertura della nuova mensa per i poveri a Novara nel centro della città: un luogo di aiuto concreto e di umanità, anche verso gli immigrati a volte considerati più come un problema che come persone e parte della comunità cittadina.
Al centro della copertina del sito www.santegidio.org c’è l’annuncio della moratoria delle esecuzioni capitali in Mongolia, ultima buona notizia di un anno che ha visto la Comunità impegnata con i ministri della giustizia africani, dal Malawi al Benin, con le società civili di oltre 1000 città del mondo con il movimento delle “Città contro la Pena di Morte”, con il lavoro a fianco di chi ha portato all’abolizione della pena capitale in New Mexico con una storica decisione festeggiata con la Comunità al Colosseo nel marzo del 2009 dal governatore Richardson.
Una dimensione permanente del lavoro della Comunità nel rispetto della vita e della dignità di ogni essere umano in ogni circostanza, dalla nascita all’età avanzata e al tempo della non autosufficienza. E “il dramma dell’assistenza”, messo in luce dalla tragica vicenda di due anziani bruciati in una casa di riposo della provincia romana, emersione tragica delle molte “villette” in cui la Comunità è presente da anni per attenuare i danni di un’emarginazione costosa e a bassissima qualità di vita.
Anche qui, c’è la proposta di una inversione radicale del modello di assistenza agli anziani, per rimanere a casa propria, aiutati, che si è fatto prima esperimento e poi modello esemplare in alcune zone della Capitale e in altre città d’Italia, capace di ridurre l’impatto sulla sanità pubblica e alzare la qualità della vita di tutti gli anziani ultrasettantacinquenni con un programma di “protezione” nelle attività della vita quotidiana. Una proposta anche per le amministrazioni pubbliche in controtendenza con la crescente e insostenibile istituzionalizzazione. E come segno di questo, ad aprile l’inaugurazione di una nuova casa-famiglia per anziani nel cuore di Roma.
Pace, dialogo, umanizzazione e difesa della vita debole. Dai condannati a morte agli anziani non autosufficienti, ai disabili che nel Movimento de “Gli Amici” hanno trovato il luogo e gli strumenti per parlare alla città e al mondo.  Con un’attenzione concreta anche alle difficoltà ordinarie di vita dei disabili: con la crescita degli atelier d’arte e la capacità di comunicare in maniera liberata e “alta”, e con la creazione di posti di lavoro con i corsi professionali del progetto “Sapori diversi” e della Trattoria degli Amici, capaci di coniugare qualità professionale, festa e dignità delle persone avviate e inserite nel lavoro anche in settori ritenuti in passato “non adatti”.
E poi nella pratica quotidiana, nella ricerca di alternative all’istituzionalizzazione, ma anche alla morte anticipata per l’incapacità di contrastare l’isolamento, il dolore, e per una mentalità vitalista in difficoltà a riconoscere la dignità della vita umana nella sofferenza; tutto ciò in una società confusa dal dibattito ad alta voce sui limiti della vita, tentata dalle semplificazioni e da codificazioni di legge non immuni da tentazioni di eutanasia come scorciatoia di fronte all’ampiezza del problema della solitudine  e della sofferenza negli ultimi anni della vita.

Non è segnalato, nella copertina della Comunità, un anno speciale, un anno in più di amicizia con il mondo ebraico, nel mondo, anche in fasi di difficoltà periodiche nel rapporto tra cristiani, cattolici ed ebrei a livello internazionale. Lo straordinario pellegrinaggio di migliaia di persone e leader religiosi ad Auschwitz-Birkenau, con la presenza, tra gli altri, del cardinale Dsziwisz e dell’ex bambino sopravvissuto nei campi di sterminio e poi rabbico capo di Israele Israel Lau, a fianco dei rappresentanti musulmani e delle altre religioni mondiali, per dimensioni e significato, ha rappresentato un evento storico e una tappa fondamentale nel riconoscimento della Shoah come punto di non ritorno dell’Europa e del mondo. E’ stato uno dei momenti centrali del Meeting Interreligioso Uomini e Religioni che è tornato in Polonia e a Cracovia sotto il segno di Giovanni Paolo II e dello “spirito di Assisi”. È stata la riaffermazione dello “spirito di Assisi” come centro di una “pedagogia della pace” e necessità storica in un tempo di conflitti e uso strumentale della religione e del fattore nazionale.
Un percorso, quello dell’amicizia con le comunità ebraiche, che ha avuto una tappa speciale nella visita di papa Benedetto al Tempio Maggiore di Roma, il 17 gennaio: una visita che ha visto la Comunità impegnata fin dall’inizio, anche nel superamento delle difficoltà sorte lungo il percorso, come è emerso dalle parole di ringraziamento ufficiale del presidente della comunità ebraica romana Riccardo Pacifici. Tanti i passaggi di questa amicizia che si fa lavoro culturale e impegno pubblico per sciogliere le radici dell’antisemitismo e dell’antigiudaismo nel mondo, da Buenos Aires ad Antwerpen, da Genova, all’Est Europa, a Milano: dove si deve alla Comunità la riscoperta del “Binario 21” e il recupero della memoria fisica della deportazione degli ebrei, fino alla nascita di uno straordinario museo della Memoria.
E’ un filo di impegno naturale per Sant’Egidio, che altrove, come in costa d’Avorio, in Indonesia o in Nigeria, lavora a fare crescere i canali di comunicazione e dialogo tra cristiani e musulmani, anche in zone di scontro etnico e religioso. Rapporto difficile talvolta, ma necessario, come sottolineato nel Convegno organizzato dalla Comunità a Roma “Il valore delle Chiese in Medio Oriente” in cui protagonisti, studiosi, osservatori si sono confrontati sull’argomento.
Un percorso di amicizia e dialogo che è cresciuto nel mondo ortodosso.
Attraverso il rapporto con il patriarca di Mosca Kirill e la sua chiesa, le visite ufficiali della Comunità al suo insediamento, la visita del nuovo responsabile delle relazioni esterne il metropolita Ilarion a Sant’Egidio, fino all’onorificenza dell'Ordine di San Sergio da lui concessa ad Andrea Riccardi per il lavoro svolto per il dialogo e l’amicizia tra le due Chiese.
Rapporto con l’ortodossia testimoniato anche dalla visita del patriarca di Albania Anastasios a Santa Maria in Trastevere, che ha ringraziato per il sostegno ricevuto nella rinascita della Chiesa e della vita religiosa in Albania fin dalla transizione comunista – e accompagnato da gesti concreti di solidarietà con i poveri come le case famiglia per le persone ricoverate nel manicomio di Tirana. Amicizia, con le iniziative congiunte e gli incontri con il patriarca di Romania e la Chiesa di quel paese.
Ma le vie del dialogo e della pace hanno portato la Comunità e i suoi responsabili a incontrare e a ricevere le visite dei ministri degli esteri dell’Indonesia, il presidente del Pakistan Ali Zardari, per aiutare migliori condizioni di sicurezza e di vita per i cristiani fatti segno spesso di attacchi e favorire una moratoria delle esecuzioni capitali, la presidente argentina Kirchner, il presidente dell’Unione Europea Van Rompuy, i presidenti di Gabon e Cipro, dove nel 2010 avrà luogo una storica visita di papa Benedetto, in sequenza con  la Preghiera per la Pace promossa dalla Comunità nel novembre del 2008. Oltre agli incontri con i presidenti di Salvador, Costarica, e del centro America: fili, questi, assieme ad altri, necessari a creare maggiori possibilità di pace, rispetto della dignità umana e delle minoranze e attenzione ai più poveri, dalla Bolivia al Togo, dalla Liberia al Pakistan e all’Indonesia, dal Darfur all’Uganda del Nord.
Ma è dialogo anche il rapporto di accresciuta collaborazione con la Congregazione delle Figlie della Carità – di cui testimonia una conferenza internazionale sull’AIDS organizzata a Parigi – che ha permesso al programma DREAM di crescere in 10 paesi dell’Africa Sub-Sahariana, fino ad essere il progetto di prevenzione e cura dell’AIDS in quel continente con i maggiori successi dal punto di vista delle vite umane salvate e delle persone in terapia, con accesso gratuito. I centri DREAM, visitati e citati come esempio da papa Benedetto XVI nel suo viaggio in Africa, per visione diretta in Cameroun – “Conosco il vostro lavoro e tutto quello che fate, DREAM! è un sogno diventato realtà!” – nel 2009 registrano 80 mila persone in assistenza e quasi 50 mila in terapia, 3500 persone locali formate come personale sanitario e tecnico e di supporto (medici, biologi, infermieri, assistenti domiciliari), quasi un milione di persone coinvolte nell’educazione sanitaria e nella terapia nutrizionale e nella protezione globale, 98 bambini che nascono sani ogni 100 donne infette da HIV, e oltre 9 adulti su 10 che vivono e riprendono a vivere: come le donne del movimento “Per un sogno” che sono diventate un elemento decisivo nella lotta all’AIDS e nella mobilitazione delle società civili per il superamento dello stigma e per cure efficaci. Una buona notizia, anche in controtendenza, mentre crescono le difficoltà di finanziamento, per la crisi mondiale e per la completa gratuità e accessibilità del programma, unico in tal senso in tutta l’Africa. O per difficoltà impreviste, come i danni al laboratorio di biologia molecolare di Maputo, che impegnano a trovare con urgenza fondi e strutture sostitutive per garantire il diritto alle cure delle persone già in terapia.
Un anno, infine, di consolidamento della Comunità che ha rinnovato il consiglio di presidenza - con una composizione caratterizzata da una larga rappresentanza internazionale -  e confermato Marco Impagliazzo alla presidenza, in un processo elettorale che ha visto coinvolte per quasi due mesi le comunità in tutti i paesi del mondo. E in cui più forte è stato il senso di responsabilità civile per contribuire, dall’Europa, a una crescita di rispetto della dignità umana e della capacità di convivere in un tempo tentato dalle semplificazioni dello scontro di civiltà o dal ripiegamento sulle questioni interne.
Il conferimento del premio Internazionale Carlo Magno, come “grande europeo” ad Andrea Riccardi, ad Aachen, ha rappresentato un passaggio di grande significato. Conferito ai fondatori dell’Europa e in larga parte a capi di stato e di governo, nell’arco di mezzo secolo, da Schuman a De Gasperi, d Kohl a Mitterand, la scelta ricaduta su Riccardi e sulla Comunità di Sant’Egidio è apparsa significativa di una richiesta di aiuto a maturare una nuova visione e una prospettiva “euro-africana” anche da parte dei responsabili dell’Unione.
Vale a pena di riportare la motivazione del Premio, anche se lunga:

“Andrea Riccardi, storico, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, riceve il Premio Carlo Magno: il maggiore riconoscimento tedesco, da cinquant’anni va agli uomini di stato, ai politici, ai personaggi pubblici che hanno ispirato la costruzione e la riunificazione dell’Europa: Churchill, De Gasperi, Mitterand, Kohl. Ma anche Clinton e Giovanni Paolo II e, eccezionalmente, una volta, l’euro.
Ma Riccardi non ha mai accettato incarichi pubblici, non ricopre ruoli istituzionali, anche se, come Fondatore della Comunità di Sant’Egidio e personalmente ha contribuito in maniera incisiva e a volte decisiva alla ricomposizione di conflitti extraeuropei (Mozambico, Guatemala) mettendo a frutto uno dei talenti dell’Europa e di Sant’Egidio: l’arte del dialogo. Ha contribuito in maniera significativa, in anni di scontro tra culture e, per qualcuno, tra le civiltà, alla costruzione di un pensiero e di una vera “arte del convivere”: tra ebrei, cristiani e musulmani, facendo da ponte in tempi di freddezza o di confronto, come dopo l’11 settembre 2001. Tra Europa e Africa, in un tempo di riduzione della cooperazione internazionale al minimo storico. Tra generazioni, ripetendo al centro la questione anziani in un’Europa ricca anche se in crisi economica, e senza una ricetta per gli anni di una vita che si allunga. Tra minoranze sociali e europei, contribuendo a contrastare in maniera ragionevole le spinte antisemite, xenofobe e la paura degli immigrati che va crescendo nel cuore del continente.
Il Premio Carlo Magno va, insomma, a un uomo che è convinto che “oggi c’è un grande bisogno di Europa, della sua democrazia e del suo umanesimo, come pure di un capitalismo gentile che possa diventare un alleato e non un nemico o un concorrente per paesi che devono crescere, dalla storia nazionale ancora troppo giovane come i paesi africani”, come ha detto nel primo degli incontri di Aachen, quello all’Università, il 20 maggio pomeriggio”.
“L’Europa è stata capace di esportare nel mondo due guerre mondiali”. “Nate in Europa sono diventate mondiali”. “E’ tempo, oggi, che l’Europa possa esportare e fare diventare mondiale la sua pace interna e il suo umanesimo”: questa è la sfida di oggi, e non è la stima delle anime belle. E’ una necessità”.
“E’ anche la risposta al problema della paura e dell’immigrazione. L’Italia è oggi una delle porte per l’immigrazione dal Sud del mondo. Non siamo a cifre allarmanti, i numeri ci dicono che se anche è cresciuta, siamo ancora al di sotto del livello degli sbarchi della speranza degli anni Novanta: allora, se guardiamo ala sola Italia, ci si avvicinava anche a punte di 50 mila l’anno. Ma è anche vero che è un problema mondiale e almeno europeo. L’Italia deve restare all’altezza della sua civiltà di accoglienza e delle leggi e standard europei in maniera di diritto d’asilo. E tutti noi dobbiamo fare in modo che nessun immigrato venga mai trattato in maniera ostile, regolare o irregolare: perché questa diventa una bomba a orologeria di disprezzo e diffidenza che dà frutti amari sempre, magari dopo anni. E l’Europa deve aiutare l’Italia a non affrontare da sola questo problema: che poi, se ben gestito, è una chance”.”

Una responsabilità in più.

Un anno fa moriva un grande pensatore e teologo del Novecento, come Olivier Clement, un amico della Comunità. Le sue parole continuano a fare da filo unificante alla varietà di quello che è Sant’Egidio, a volte, nell’anno che è trascorso, “inattuale”, perché non centrata sull’individualismo o sulla paura dell’Altro – un fenomeno in crescita nella parte più abbiente del mondo.
“Soltanto un cristianesimo volta per volta profondo e generoso può costituire la bussola che ci permetterà di navigare sull’oceano di questo mondo difficile e complicato” - diceva Olivier Clément in un libro dedicato alla Comunità - “A voi il gioco, amici di Sant’Egidio. Mi sembra del resto che voi giocate bene! A ogni cristiano il gioco. Ed è bello giocare al largo!”.

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