Paul Junmin Pei, vescovo di Shenyang, guida una diocesi di circa 43 milioni di persone, pari circa agli abitanti della Spagna. I cattolici sono 120mila, in crescita. Come in crescita sono i problemi di questo paese. Al meeting di Barcellona organizzato da Sant’Egidio Junmin parla di un paese in cui “la popolazione urbana raggiunge i 620 milioni di persone, pari a due volte gli abitanti degli Stati Uniti, ma la maggioranza - 680 milioni di persone - vive ancora nella Cina rurale”. Junmin parla non solo dei successi del gigante asiatico (crescita del Pil, miglioramento del tenore di vita, sviluppo della cooperazione internazionale), ma anche dei suoi limiti.
“Per la Chiesa cinese prendersi cura dei malati e degli anziani è una priorità. Abbiamo aperto piccole cliniche per aiutare i più poveri, abbiamo un programma di cura dell’AIDS, costruiamo case per gli anziani, ma siamo di fronte ad un futuro al quale non siamo preparati. La Cina – ha ricordato Junmin - diventerà entro il 2030 la società più vecchia del mondo, con 420 milioni di anziani, ed il tasso di suicidi tra gli anziani delle zone rurali è da quattro a cinque volte superiore alla media mondiale. La Cina è l’unico paese in cui i suicidi delle donne superano quelli degli uomini ed il suicidio è la principale causa di morte nella fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni”.
Davanti a queste sfide il vescovo ha ammesso di essere tentato dalla rassegnazione, ma di tornare ad affidarsi a Gesù ed alla preghiera, per indicare nella religione una via non solo personale ma sociale per affrontare tali problemi. “In Cina c’è un risveglio religioso, nonostante ci si aspettasse che l’urbanizzazione significasse il trionfo della razionalità e dei valori secolari. Oltre il 56% dell’opinione pubblica ritiene che la religione abbia un ruolo importante nella propria vita. E noi, nella nostra povertà, vogliamo contribuire a costruire una società armoniosa in Cina”. |