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12 Septiembre 2011 09:00 | Residenz München, Plenarsaal der Bayerischen Akademie der Wissenschaften

La “Primavera araba” : l’Egitto di Antonios Naguib



Antonios Naguib


Patriarca de Alejandría de los Copto-católicos, Egipto

Dall’esplosione della Rivoluzione egiziana dei giovani, il 25 gennaio 2011, sono passati sette mesi e mezzo. È poco, nella storia di una nazione. Ma il popolo ha fretta di vedere risultati spettacolari e cambiamenti radicali, ed ha l’impressione che tutto si trascini per le lunghe e proceda molto lentamente.

Cos’è accaduto?

Dei giovani, collegati tra loro dai mezzi della moderna tecnologia delle comunicazioni, si creano un mondo virtuale, nel quale si incontrano, si confrontano sul loro malessere di fronte ad un sistema opprimente, si dicono le loro speranze, e si danno appuntamento per il giorno 25 gennaio 2011, festa della Polizia. Per la prima volta, si ritrovano faccia a faccia e sono essi stessi meravigliati di essere così numerosi, pieni di giovinezza, entusiasmo e determinazione. La rivoluzione egiziana ci ha colto tutti di sorpresa. Le manifestazioni diventano una rivoluzione. E voi conoscete lo svolgimento degli eventi che hanno portato alla caduta dell’ex Presidente Hosni Mubarak, dopo soli 18 giorni, ponendo termine a 30 anni di un regime apparentemente democratico, ma di fatto dittatoriale.

Che cosa abbiamo guadagnato con l’avvento della rivoluzione?

- La caduta di un capo e di una banda che imponevano e difendevano un regime autoritario, poliziesco, repressivo e corrotto, detenevano un potere assoluto ed impedivano così [l’esistenza di] uno Stato di diritto.
- La comparsa di una giovane generazione, precedentemente lasciata da parte, che ha familiarità coi mezzi di comunicazione moderni e di conseguenza è più informata, e che costruisce in rete connessioni personali, senza passare per la mediazione di partiti politici o religiosi. Sono credenti, ma separano religione e politica. Sono loro ad aver scatenato la rivoluzione e rimangono tuttora la garanzia del perseguimento dei suoi fini iniziali: giustizia, libertà, dignità e lavoro.
- La caduta del muro di paura che tratteneva dalla libera espressione delle opinioni e della critica. È vero che durante gli ultimi dieci anni [della presidenza] Mubarak l’Egitto ha conosciuto una grande libertà d’espressione, riscontrabile sui media. Ma esistevano comunque dei temi tabù [lett.: delle linee rosse] cui non ci si doveva avvicinare pena gravi conseguenze, come il Presidente, la sua famiglia e il suo entourage.
- Sul piano religioso, la sparizione delle barriere confessionali, psicologiche e sociali che separavano musulmani e cristiani, e che causavano conflitti frequenti, a volte drammatici. Questo lo abbiamo vissuto chiaramente all’inizio della rivoluzione.
- Il risveglio di bei sogni e ideali, che sembravano non trovar più spazio nell’immaginazione e nel cuore degli Egiziani, soprattutto dei giovani, per [costruire] un presente ed un futuro migliori, fondati sui principi di una società civile e democratica.
- La scelta decisiva dell’Esercito, di prendere le parti della rivoluzione. Cosa che ha risparmiato all’Egitto il drammatico scenario della Libia, dello Yemen e della Siria. Anche la popolazione si è unita con gioia alla rivoluzione.

A che punto siamo oggi?

- Constatiamo chiaramente che la realizzazione degli obiettivi e delle speranze iniziali è ben lontana dall’essere a portata di mano. I giovani e quanti si sono uniti a loro sono ancora nella fase di elaborazione e formulazione di una prospettiva, di un programma e di una strategia d’azione. L’inesperienza politica ed organizzativa, così come la mancanza di leader, condizionano pesantemente questa fase.
- L’apparizione e il rafforzamento dei movimenti islamisti (Fratelli Musulmani, Salafiti ed altri gruppi) hanno completamente cambiato la situazione politica e mutato lo scenario complessivo. Molti dicono che la rivoluzione è stata “sequestrata”.
- L’incessante moltiplicarsi delle manifestazioni, dei sit-in e delle richieste di aumento dei salari, di lavoro e di abitazione, blocca la ripresa dell’industria e dell’amministrazione.
- La mancanza di sicurezza preoccupa tutti i cittadini, per la propria vita, per i loro figli e i loro beni. La polizia e l’esercito fanno molto per affrontare l’illegalità, ma non riescono ancora a dominarla.
- Il carovita nel settore dei generi alimentari, del vestiario ed in altri ancora, aggrava la condizione di povertà della maggior parte della gente.
- Sul piano religioso, sono riapparsi i conflitti tra musulmani e cristiani. I discorsi religiosi e le dichiarazioni dei Salafiti e di altri islamisti preoccupano fortemente i cristiani. Diversi responsabili civili e religiosi rilasciano dichiarazioni rassicuranti, ma ciò non basta a tranquillizzare i cristiani.
- Anche l’assenza di cristiani nel governo e tra i governatori delle regioni alimenta la preoccupazione dei cristiani.

Aspetti positivi e prospettive future.

- I giovani della rivoluzione e i loro numerosi alleati rimangono determinati a continuare la loro azione a favore di uno Stato di diritto e democratico.
- Le dichiarazioni d’intenti del “Consiglio Superiore delle Forze Armate”, a favore di uno Stato governato dai civili.
- La “Dichiarazione di Al-Azhar e di una Elite intellettuale sul Futuro dell’Egitto” – questo ne è il titolo – del 19 luglio 2011, segna una chiara e decisa presa di posizione della suprema autorità religiosa sunnita. Essa consta di un’introduzione e di dieci punti che definiscono i fondamenti del futuro Stato egiziano. Essa rifiuta lo Stato teocratico ed appoggia l’istituzione di uno “Stato nazionale, costituzionale, democratico, moderno”. Per quanto riguarda la religione, essa afferma: “ […] sebbene i principi globali del diritto islamico costituiscano la fonte e il fondamento della legislazione, si garantisce al contempo agli adepti delle altre religioni divine il ricorso ai rispettivi diritti religiosi in ciò che attiene al loro statuto personale”. Questa dichiarazione contiene una visione molto positiva, che potrebbe condurre ad un’ulteriore evoluzione verso lo Stato moderno.
- L’impegno dei cristiani ad unirsi e a sostenere i partiti che lavorano per l’istituzione di uno Stato di diritto e democratico. Noi non abbiamo e non vogliamo un partito cristiano.
- Per il futuro, noi speriamo nell’instaurazione dell’ordine e della sicurezza, nella ripresa delle attività lavorative ed industriali, nella stabilità, in buone relazioni tra musulmani e cristiani, nell’applicazione dei bei principi proclamati, in una vita pacifica in uno Stato basato su piena cittadinanza, libertà, uguaglianza e giustizia, e nel miglioramento delle condizioni generali di vita. 

Per terminare, vorrei riportare il giudizio di un analista politico, che afferma: “I simboli del regime sono stati messi da parte, ma il regime persiste”. E concludo: per cambiarlo, abbiamo bisogno di un’altra rivoluzione: la rivoluzione dell’amore. GRAZIE.



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