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14 Novembre 2016 | GENOVA, ITALIA

È come se i migranti fuggiti da guerra e miseria avessero scritto, con le loro vite, una preghiera nuova...

A Genova si festeggia l'integrazione con la consegna degli attestati del corso di lingua e cultura italiana

 
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«È come se i migranti che sono fuggiti dalla guerra e dalla miseria avessero scritto, con le loro vite, una preghiera nuova, quella del coraggio della speranza». L’ammiraglio Giovanni Pettorino, Comandante della Direzione marittima della Liguria e della Capitaneria di Porto di Genova, che per due anni è stato alla guida delle operazioni di soccorso al largo del Canale di Sicilia nell’ambito dell’operazione “Mare Nostrum” ha parlato con parole accorate a quattrocento donne e uomini nuovi europei e richiedenti asilo raccolti a Genova nella cerimonia di consegna degli attestati della Scuola di lingua e cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio e dei certificati CELI dell'Università per stranieri di Perugia.

Insieme al Direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale ligure Rosaria Pagano, al capo di gabinetto della Questura di Genova Marco Allegretti e a molti testimoni dell’incontro quotidiano tra italiani e immigrati, l’ammiraglio Pettorino ha voluto ricordare il grande lavoro della Marina militare italiana per salvare le vite delle donne e degli uomini dispersi in mare.

Negli ultimi tre anni sono state quasi mezzo milione le persone soccorse nel tratto del Mediterraneo tra il Canale di Sicilia e le coste settentrionali dell’Africa, 163mila da gennaio a novembre 2016. «I messaggi di SOS arrivano al nostro centro operativo – ha spiegato l’Ammiraglio – ma i paesi che si affacciano su quel mare sono ventitré. Perché i naufraghi chiamano solo noi? Perché solo l’Italia risponde alla chiamata e si attiva per aiutare chi è in difficoltà. Questo è drammatico». La risposta allora è quella dei Corridoi umanitari e poi quella di un’integrazione autentica «che passa – ha ricordato Manuela Dogliotti, maestra della scuola – dalla lingua, ma anche dalla comprensione di una necessità: quella di abbandonare la parola “loro” per costruire un nuovo “noi” un modo diverso di stare insieme. Per questo noi dobbiamo ringraziare gli studenti della scuola». In 31 anni, dalle due sedi genovesi della Scuola di lingua e cultura italiana di Sant’Egidio sono passati 15mila studenti.

E dal 2014, la novità dei giovani richiedenti asilo ospitati nelle strutture di accoglienza cittadine. Come Zulio, che parla accanto a Lorenzo che, come spiega con un sorriso «era un maestro ed è diventato un amico». Un viaggio lungo due anni per fuggire alla dittatura del Gambia, tanti sacrifici: «ma ora sto imparando la lingua, inizio a lavorare e con la Comunità di Sant’Egidio vado a trovare i bambini delle Scuole della Pace. Tutti abbiamo bisogno di avere degli amici, ma soprattutto abbiamo bisogno di essere amici di qualcuno che è in necessità».


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