Una vita “Sull’orlo dell’Olocausto - dialoghi con un sopravvissuto” (Al filo del Holocausto. Diálogos con un superviviente - Edizioni Viena). E’ questo il titolo di un libro intervista a Jaime Vandor, presentato l’8 Aprile a Barcellona, Giornata Internazionale del popolo Rom, un giorno dopo quello in cui gli ebrei ricordano la Shoah. Più di 6 milioni di ebrei e 400.000 zingari furono assassinati dall’odio nazista.
“Più che la presentazione di un libro, questo incontro costituisce un omaggio al percorso di Jaime Vándor. Come professore universitario, pensatore e poeta il suo umanesimo ha preso le mosse sempre dalla sua esperienza di un’infanzia sull’orlo dell’Olocausto” così hanno detto Carles Duarte, Vicenç Villatoro, Lluis Bassat e Jaume Castro nei loro interventi.
La partecipazione numerosa e la commozione nella sala del Palazzo Centelles Solferino hanno dimostrato l’affetto e la necessità di non perdere la memoria perchè mai più si ripeta nulla di simile. “Nella storia di Jaime la vita ha vinto l’orrore dell’olocausto. Ma quante vite si persero nell’infanzia, nell’adolescenza, nella giovinezza, e rimasero troncate per sempre?” sottolineava Vicenç Villatoro ricordando l’orrore dello sterminio.
Jaime Vándor nacque a Vienna il 26 febbraio 1933, un giorno prima dell’incendio del Reichstag tedesco. Dopo l’annessione dell’Austria da parte del terzo Reich la sua famiglia di origine ebraica fuggi in Ungheria. Nel 1940 il padre emigrò in Spagna con la speranza di potersi ricongiungere lì più tardi con sua moglie e i suoi figli, tuttavia il blocco alle frontiere lo impedì, e loro tre dovettero rimanere in Ungheria, nel sovraffollato “ghetto internazionale” di Budapest. Nel 1944 i tedeschi occuparono l’Ungheria e migliaia di persone furono deportate e morirono fra cui gran parte degli amici e dei familiari dei Vándor. Jaime, sua madre e suo fratello sfuggirono a questo destino grazie all’opera di Angel Sanz Britz e Giorgio Perlasca, che salvarono dalla deportazione più di 5200 ebrei rifugiati nell’Ambasciata di Spagna. Dopo molte vicissitudini, nel 1947, in pieno dopoguerra spagnolo, i tre riuscirono ad arrivare finalmente a Barcellona.
“Se ti chiedi: che posso fare? La risposta è prima di tutto conoscere”. Risponde Jaime Vándor in questa intervista in cui alla sua esperienza di bambino e adolescente in mezzo alla barbarie della II Guerra Mondiale, unisce una contestualizzazione storica degli eventi e numerose riflessioni serene, miti ed illuminanti sulla memoria, l’etica e l’arte dopo l’esperienza dell’Olocausto.
|