L'invito è abbastanza perentorio. E quando Andrea Riccardi, storico del cristianesimo, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, autore di saggi fondamentali sugli ultimi Papi, invita a riflettere bisogna tenerne conto.Così le oltre 200 pagine dell'ultimo libro, «La sorpresa di Papa Francesco» (Mondadori, euro 17) non sono un elenco di cose buone per una soluzione ai problemi della Chiesa, tra crisi e futuro, di un uomo solo al comando, come vorrebbero in molti. Riccardi infatti avverte subito e invita a non cedere all'«emozione di un momento».
Di libri su Papa Francesco in questi poco più di sette mesi di pontificato ne sono usciti molti. Tra biografie e raccolte di testi tuttavia mancava un'opera che analizzasse i primi mesi di pontificato in relazione alla prospettive possibili, ancorché appena abbozzate, ma già dalle radici stabili, conficcate nella storia argentina di Bergoglio e nel solco del Concilio Vaticano II. Andrea Riccardi riesce nell'impresa e dimostra alla fine che la sorpresa non c'è, se si leggono gli avvenimenti con tutti gli strumenti a disposizione e se si evita di lasciarsi lucidare gli occhi soltanto, appunto, dalle emozioni del momento.
Riccardi parte dai giorni nonfacili che hanno portato all'elezione di Bergoglio. La vera sorpresa è stata la rinuncia di Benedetto XVI, che tuttavia non è stata spiegata bene - denuncia Riccardi - neppure dai vescovi, sbalorditi da un evento imprevedibile. Qui sta il punto centrale del saggio: l'irruzione delle dimissioni e la incapacità di coglierne la portata Così Benedetto XVI diventa una «sorta di imputato» al contempo «considerato vittima di un sistema ecclesiastico Riù forte di lui», scrive Riccardi. E il silenzio dello sbalordimento, è la mancanza dei riti della morte che permettono di elaborare il lutto a segnare il passaggio di pontificato «quasi con la muta sensazione che la Chiesa fosse anch'essa un po' dimissionaria, come il Papa».
L'analisi di Riccardi è affascinante e coglie il problema. Così questi mesi di pontificato sono stati un intreccio di emozioni con il rischio di contrapporre un Papa buono, Francesco, a uno cattivo, Benedetto. Scrive Riccardi: «Non si può attribuire a Benedetto XVI la responsabilità della crisi della Chiesa e al cambio di pontificato la sua soluzione». Il libro corre tra le parole e i gesti di questi mesi C'è un consiglio e cioè che per capire Bergoglio bisogna tornare ai primi mesi di pontificato di Roncalli. Anche Papa Giovanni metteva in circolo cose semplici, amore, perdono, ricerca dell'unità. Insomma «il linguaggio di Cristo» - spiega Riccardi -, riprendendo parole di monsignor Capovilla. Cosa accadrà alla Chiesa con questo Papa è davvero difficile dire. Intanto bisogna evitare ancora l'emozione che impedisce analisi complesse.
La crisi, secondo Riccardi, è una condizione perenne nella vita del cristianesimo, condizione positiva perché porta stimoli, inquietudine del Vangelo, forza di camminare accanto agli uomini nella storia «Il concetto di decadenza della Chiesa è legato a un'idea illusoria di età dell'oro, mai esistita, e al rifiuto di camminare nella storia». Dunque per Fa Chiesa «non c'è mai stata un'età dell'oro a cui ritornare». Se la vera sorpresa è la forza mite del Vangelo che Francesco ha rimesso al centro allora molto la Chiesa deve analizzare di se stessa per capire come mai l'ha allontanata da sé. Il saggio di Riccardi costringe a confrontarsi con la scommessa di Papa Francesco: non grandi piani, non clamorose riforme ma una «rivolta dello Spirito» che cambia il cuore degli uomini e migliora il mondo. È questa la proposta di Papa Bergoglio che può diventare una vera rivoluzione.